Houston Rockets
PM: Patrick Beverley, Prigioni
G: James Harden, E.Gordon, Kj McDaniels, C.Brewer
AP: Trevor Ariza, Dekker
AG: Ryan Anderson, J.Smith, Motiejunas, Harrell, Onuaku
C: Clint Capela, Nenè
La Stella: James Harden
L’uomo con la barba più bella dell’NBA, James Harden, è lui la stella di questi Houston Rockets. Harden si presenta ai tifosi alla grande, portando sulle spalle il secondo posto nella classifica marcatori dell’ultima stagione, chiusa con 29.0 punti di media, solamente dietro al marziano con la casacca n°30 di Golden State, al quale, tra l’altro, il buon James ha poco da invidiare..e con un nuovo contratto da 118 milioni di dollari in 4 anni. Con la partenza di Howard, Harden sarà ancora maggiormente al centro nel progetto dei Rockets, sarà ovviamente la prima opzione offensiva di una squadra che fonderà le proprie basi soprattutto sull’attacco. I punti non sono mai stati un problema per l’ex Thunder, e mai lo saranno, ma Harden, per il suo bene e anche per quello dei compagni, deve cominciare a pensare in maniera seria anche alla seconda parte del gioco, la difesa, suo vero grande tarlo da diversi anni.
Segnare più dell’avversario, questa l’idea in casa Rockets
L’abbiamo già accennato nel paragrafo precedente: l’idea di fondo per i nuovi Rockets è una sola, segnare più degli avversari. Per fare questo sono necessari giocatori con le mani d’oro, capaci di infiammare la retina e il pubblico, e Houston ne ha in abbondanza. Durante la free agency sono state fatte mosse importanti, Howard ad Atlanta, dentro Gordon, Anderson e Nene: via dunque un buon difensore, e dentro tre attaccanti purissimi, restringendo di fatto ulteriormente il numero di uomini capaci di difendere per davvero, tra i quali è forse possibile trovare solo Beverley, Ariza e Capela. Questo a confermare la nostra tesi, non importa quanti punti faranno gli avversari, l’importante è che i Rockets ne segnino sempre uno in più. Non stupiamoci dunque se dovessimo vedere risultati che toccano le 130 unità ad ogni partita, questa sarà la formula in casa Rockets: accettabile? Sì, condivisibile? Ni.
Nella Nba moderna, o meglio, nel basket moderno, è vero, l’attacco ha molta più importanza della difesa (i Warriors insegnano), ma a quest’ultima è sempre necessario lasciare più di una fetta della torta..perchè tutti lo sanno, con l’attacco si riempiono gli stadi, ma con la difesa si vincono i campionati.
Le mosse estive: Howard lascia, si riparte con Harden al centro del progetto
Più di una volta si era detto che Harden non avesse abbastanza spazio, che una figura ingombrante come quella di Dwight Howard non giovasse al suo ruolo da assoluto leader..e quindi? Detto fatto, Howard fa le valigie e saluta Houston, destinazione Atlanta. L’amore tra i due non era mai sbocciato, e forse sia per l’uno che per l’altro la separazione è stata cosa buona e giusta. E il giusto rimpiazzo di Howard? E’ arrivato? Non esattamente.. Capela è un buonissimo giocatore, per carità, ma forse ancora troppo giovane e grezzo per sostenere il pesante compito di centro titolare in una squadra dalle aspettative altissime, ruolo che quindi probabilmente sarà affidato a Nene, centro brasiliano che tutti conosciamo, dalle buone capacità offensive che può giocare sia da ala forte che appunto da 5 (ha chiuso la stagione con 9.2 punti e 4.5 rimbalzi di media); tornando a parlare di Capela, ci sono cose che il centro svizzero sa fare comunque benissimo, come rollante ad esempio è uno dei migliori in circolazione, e questo lo dimostra la statistica che lo piazza ottavo con 1.17 punti per possesso, e difensivamente da il suo apporto (-4.6% le percentuali degli avversari quando Clint è nei pressi del ferro, oltre 12 rimbalzi e 2 stoppate su 36 minuti di utilizzo). Poi sono arrivati Eric Gordon e Ryan Anderson (123 milioni investiti per portarli a Houston), due giocatori che fanno dell’attacco il loro pane quotidiano: altra nota che dunque va ad alimentare la nostra tesi, due attaccanti da chiamare tali che dovranno continuare l’azione dei Rockets quando il “barba” sarà in panchina. Ma rimane comunque un’incognita enorme legata ai due sopra citati, la condizione fisica, visto che sia il primo che il secondo hanno saltato un numero infinito di partite nelle ultime stagioni (173 da Gordon nelle ultime 5, e quasi 100 da Anderson nelle ultime 3). E chi gestirà questi talenti da 20 punti di media a partita? Mike D’Antoni! L’ex allenatore e playmaker dell’Olimpia Milano è stato scelto per rimettere sui binari i Rockets, un coach che va dunque a braccetto con il progetto appena sbocciato in quel di Houston: attacco, corsa, contropiedi, tiro da tre punti, questi gli ingredienti della ricetta tutta texana di D’Antoni.
Cosa aspettarsi: Rockets=bomba ad orologeria, impossibile fare previsioni
Poco altro da aggiungere, il titolo di questo paragrafo riassume perfettamente la prossima stagione degli Houston Rockets: le decisioni prese, le mosse fatte, tutto può portare ad un enorme successo, come tutto può causare un’enorme disfatta. Da qui il paragone ad una bomba ad orologeria, perchè è questo che sono i Rockets da qualche anno a questa parte: assenza di idee in diverse occasioni, talvolta fin troppo frenetici ed avventati, ed un’identità che stenta ad essere trovata, come dimostrato nell’ultima serie contro Golden State negli scorsi playoff, una squadra lasciata al proprio destino, con un solo uomo al comando, il già blasonato James Harden. Un progetto che non è ancora decollato, che vede arrivare in continuazione nuovi giocatori, e che vede a sua volta partire decine e decine di milioni di dollari. I playoff sono l’obbiettivo minimo, che i Rockets dovrebbero raggiungere piuttosto agevolmente in verità, mentre distante anni luce rimane il tanto amato titolo NBA: Houston non è ancora pronta, c’è tanto da lavorare. Ora parola al campo.
Previsione: 44-45 W (+3/4 in più rispetto al 2015-16)
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