Che fine ha fatto l’NBA dei “laureati”? Il destino dell’NCAA è a rischio?

Home

logo-nbaEmmanuel Mudiay, uno dei più grandi prospetti del basket americano, non andrà al college l’anno prossimo per provare una ricca esperienza in Cina. Mentre la Under Armour si è già assicurata il suo appeal mediatico, in America ci si interroga sulla bontà delle nuove regole introdotte nel 2005.

Che fine ha fatto l’NBA dei “laureati”? Sta lentamente scomparendo. L’NCAA è a rischio? Speriamo di no.

Fino a qualche decennio fa, per entrare in NBA era necessario aver frequentato l’università – almeno per qualche anno. L’atto di iscrizione alla vita accademica – seppur puramente simbolico, in quanto la maggior parte dei giocatori di NCAA viene agevolata nel proprio percorso di studi e spesso non lo termina nemmeno – è servito per anni a trasmettere il messaggio che la scuola è importante, anche se il tuo sogno da bambino è quello di diventare una superstar della pallacanestro.

Questa tipica morale a stelle e strisce ha fatto sì che il campionato universitario, la famosa NCAA, diventasse uno dei fenomeni più seguiti in tutta l’America. Gli scontri tra giovanissimi campioni che rappresentano la propria comunità studentesca con la voglia di esplodere e conquistare gli scout presenti sugli spalti sono appassionanti e spesso più intensi di alcuni match di NBA. Non a caso la March Madness – la fase finale del torneo universitario – viene trasmessa in diretta nazionale e fa un’audience che supera di gran lunga quella dei mondiali di pallacanestro.

Per molti anni i giovani universitari sono rimasti due o tre stagioni al college, prima di dichiararsi eleggibili per il draft NBA. In questo modo hanno avuto l’occasione di maturare sia dal punto di vista del gioco che da quello mentale. La spietata concorrenza europea – in forte crescendo a partire dagli anni ’90 – tuttavia, ha cambiato le carte in tavola. La regola della frequentazione dei corsi universitari, infatti, è da sempre un’ esclusiva per i ragazzi americani. Gli interessanti prospetti europei non ne sono mai stati soggetti; non a caso, in Europa è possibile vedere dei giocatori fare l’esordio tra i professionisti già a sedici o diciassette anni. Il trend di cercare di assicurarsi le prestazioni del giocatore “con più potenziale” ha spesso spostato le attenzioni dei GM americani proprio sui giocatori europei, poichè più giovani dei “colleghi” provenienti dall’Università americana – e di conseguenza con più ampi margini di miglioramento.

Una volta scatenate le naturali polemiche, anche i primi giocatori americani cominciarono a fare il salto diretto dall’high school all’NBA; Kevin Garnett, Kobe Bryant, Tracy McGrady e LeBron James non si sono mai iscritti all’università – solo per citarne alcuni. Dal 2005 la regola è cambiata, consentendo l’eleggibilità solo ai ragazzi che hanno raggiunto il 19esimo anno di età. Inoltre, per entrare nell’NBA con le nuove regole, deve essere trascorsa almeno una stagione intera dalla consegna dei diplomi di maturità alla draft night.

Tutto regolato? Non proprio.

Niccolò Armandola

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.