ESCLUSIVA BU – Bulleri: “Questi playoff saranno all’insegna dell’incertezza, ritiro? Voglio ancora competere”

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Estate 2003 ed estate 2004: una straordinaria Nazionale porta a casa, nell’ordine, una medaglia di bronzo agli Europei e, soprattutto, un sublime argento olimpico. Se le emozioni suscitate da quelle partite rientrano tra i motivi che ti hanno spinto a seguire costantemente il basket, telefonare a uno degli eroi di quel fantastico gruppo rappresenta un vero privilegio.  L’eroe in questione è Massimo Bulleri, che di quella Nazionale era il play titolare e che ancora oggi, a 38 anni, fa la differenza in quel di Ferentino, nel campionato di Legadue. In attesa dell’inizio dei playoff il 1 maggio, con la sfida di gara 1 contro Roseto, il “Bullo” è stato così gentile da concederci una piacevole discussione sulla stagione attuale, sulla corsa alla Serie A, sul suo futuro e sulla sua lunga e ottima carriera. Di seguito l’intervista integrale:

“Quarto posto finale nel girone Ovest e scontro imminente con Roseto. Soddisfatto di quanto fatto finora? Avvertite pressione essendo presumibilmente i favoriti, data l’esperienza e la qualità così abbondanti nella vostra squadra?

Credo che la stagione, seppur con qualche alto e basso, sia stata positiva. Possiamo dire che ci mancano forse 2 o 4 punti derivanti dalle incredibili sconfitte contro Casalpusterlengo in casa e Omegna in trasferta, dove abbiamo perso per dei tiri presi allo scadere. Magari con due punti in più saremmo arrivati terzi, ma sarebbe comunque cambiato poco. Non ci sentiamo affatto favoriti e non avvertiamo alcun tipo di pressione. Ci presentiamo con umiltà e rispetto, consapevoli di affrontare una validissima squadra, che ha fatto una grande stagione, forse anche oltre le  aspettative. Giocano una bella pallacanestro, sbarazzina e spensierata, con un pubblico calorosissimo pronto a dar loro una grande mano. Non sarà facile batterli.

16 squadre per un solo posto rappresentano una sorta di terno al lotto. Credi sia limitativa come formula e, per arrivare fino in fondo, pensi peserà più il fattore fisico o quello mentale?

Difficile da stabilire. Testa e fisico sono due aspetti collegati, quasi inscindibili. Se il cervello gira a dovere, anche il corpo risponde meglio. Se invece la testa non è connessa a dovere, il linguaggio del corpo ne risente. La testa è fondamentale per vincere, si deve essere in grado di creare una grande alchimia di squadra, in maniera tale da nascondere le difficoltà in cui può incorrere un singolo giocatore.  Nei playoff il gioco di squadra viene esasperato: una settimana un tuo compagno è in difficoltà e tocca a te mascherare la sua crisi, la settimana successiva può accadere il contrario. Per quanto riguarda la formula, sono dei playoff davvero strani. Quattro turni, tutti al meglio delle 5 partite, rappresentano una formula del tutto nuova che credo non abbia precedenti. Considerando che si parte in 32, una sola promozione è davvero riduttiva, ma più che altro credo che il vero problema sia nel fatto che dalla A vogliano far scendere solo una società. Le due leghe devono sedersi a un tavolino e trattare, anche perché, molto spesso, la squadra che retrocede è penalizzata da problemi economici e quindi il merito sportivo rischia di non essere il fattore primario. 

bulleri ferentinoQuali squadre vedi accreditate per la promozione in Serie A? Ritieni che in un format del genere ci sia spazio per un’eventuale sorpresa come Agrigento lo scorso anno?

È sicuramente plausibile una nuova sorpresa come Agrigento, ma non dimentichiamo che alla fine a vincere è stata Torino, una delle squadre che all’inizio della stagione veniva data come principale indiziata a salire. Tendenzialmente i più forti riescono sempre a emergere e venir fuori. Faccio fatica a fare pronostici , mai come stavolta regna l’incertezza. È un discorso davvero complesso perché i due gironi non hanno mai avuto occasione di affrontarsi e quindi i valori reali sono ancora in parte nascosti. Certo però che Treviso, prima a Est, potrebbe avere un piccolo vantaggio: per nessuno sarà facile andare a vincere al PalaVerde davanti a 5000 persone. 

Dopo 15 anni tra le piazze più blasonate di Italia, come è stato calarsi in una realtà più piccola, seppur molto ambiziosa, e in un campionato di Legadue?

Ovviamente c’è stato un periodo iniziale di adattamento, in cui ho dovuto prendere confidenza con una nuova tipologia di avversari, palazzetti, contesti vari, ma dopo il primo mese avevo già capito abbastanza e sia io che la squadra abbiamo iniziato ad acquisire consapevolezza. Sono contento della mia stagione, credo sia stata positiva così come quella dell’intera squadra. Peccato solo per quel periodo in cui sono stato fermo per infortunio a gennaio e durante la prima metà di febbraio.

Una svolta nella vostra stagione è stata data sicuramente dal cambio di allenatore: con Ansaloni avete accelerato il passo e iniziato una bella rimonta. Cosa pensi che abbia portato in più rispetto a Fucá? 

È sempre molto difficile fare paragoni. Di sicuro Ansaloni ha fatto e sta facendo un grandissimo lavoro, soprattutto a livello mentale, ma ciò non vuol dire che io mi sia trovato male con Fucá, anzi, ho avuto un rapporto perfetto con entrambi.

Come hai detto prima, sei stato vittima di qualche infortunio quest’anno, ma non si può negare come tu sia stato poi determinante per l’ottimo finale di stagione dei tuoi. Questi playoff potranno essere la tua ultima fatica oppure hai intenzione di deliziarci ancora a lungo, magari continuando proprio con Ferentino in A? 

Al momento il mio unico pensiero è rivolto solamente a Roseto. Un’eventuale serie A con Ferentino, o comunque il pensiero di una nuova stagione, sono cose ancora troppo distanti temporalmente per ricevere la mia attenzione. Le mie tante esperienze mi insegnano che nella nostra testa deve esserci solo il prossimo avversario, pur mantenendo sempre l’ambizione di vincere e andare avanti sino alla fine. Per quanto riguardo il futuro, a bocce ferme ragionerò con le parti in causa e rifletterò soprattutto con la mia famiglia su quale sia la cosa migliore da fare. 

Massimo Bulleri ai tempi della sua prima esperienza con la canotta di Treviso
Massimo Bulleri ai tempi della sua prima esperienza con la canotta di Treviso

Il tema del ritiro è stato particolarmente in voga nell’ultima stagione. Basti pensare a Kobe Bryant, che è stato l’emblema per quanto concerne la pallacanestro, mentre nelle ultime settimane è stato il caso-Totti a tenere banco. Quanto è difficile per campioni come voi dire addio a quella che, prima che una professione, è innanzitutto una grande passione, quasi un sogno che portate avanti da bambini?

Abbiamo sicuramente capito come dire stop sia un momento molto forte emozionalmente. Kobe Bryant ce lo ha fatto capire con la sua lettera nel momento in cui ha annunciato l’addio, così come la Vezzali, altra grande campionessa, con le sue parole di questi ultimi giorni. È un momento che arriva per tutti, non si sa mai quando, bisogna guardarsi dentro per vedere se si ha ancora la voglia e la capacità di portare avanti mesi di fatiche, allenamenti e quant’altro. Io al momento sento ancora il desiderio di competere e vedrò cosa fare solo una volta conclusa la stagione. 

Hai fatto parte dell’ultima Nazionale vincente con un ruolo da protagonista. Qual era il segreto di quel gruppo? Pensi che la Nazionale attuale, che molti giudicano come una delle più talentuose di sempre, possa avere chance di medaglia a Rio?

Come hai detto tu, il segreto era proprio l’essere un gruppo, non solo dentro il campo, ma anche e soprattutto fuori. Questo non vuol dire essere tutti amici per la pelle, ma saper mettere da parte i propri echi personali per il bene collettivo, cosa che deve fare ogni squadra che aspiri a un grande trionfo. Tornando a oggi, nella Nazionale ci sono di sicuro il talento, l’ambizione e le potenzialità per fare bene, la speranza è che queste componenti possano tradursi in fatti. Oltretutto, considerando che i  vari Bargnani, Belinelli e Gallinari hanno raggiunto o si apprestano a raggiungere i trent’anni, è giunto il momento di aprire un ciclo in grado di vincere e competere ad alti livelli almeno per i prossimi 2 o 3 anni.

I tuoi successi più importanti e più belli sono stati con la Nazionale e con Treviso a livello di club, ma conservi anche dei rimpianti nella tua carriera? 

Assolutamente sì, ci sono purtorppo dei ricordi che mi bruciano ancora e che mi fanno tuttora passare delle notti insonni. Penso alla sconfitta in gara 5 di semifinale-scudetto contro Milano nel 2005, di fronte al nostro pubblico. Con Treviso ho anche perso una finale di Eurolega contro Barcellona sul loro parquet, ma era già un contesto in cui si poteva tranquillamente sia vincere che perdere, come poi tanti altri. Per svariate ragioni avrei voluto però vincere con tutto me stesso quel titolo nel 2005. Avrebbe assunto un significato particolare”.

Si ringrazia Massimo Bulleri per la sua straordinaria disponibilità e anche l’Fmc Ferentino per la gentile concessione.

Bernardo Cianfrocca

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