Focus: Perché i Pistons hanno tagliato Josh Smith?

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Il taglio di Josh Smith è stato inaspettato e improvviso, non si pensava che i Detroit Pistons, in una situazione del genere, tagliassero proprio uno dei giocatori su cui avevano puntato maggiormente e che guadagnerà 13.5 milioni quest’anno e nei prossimi due, avendo firmato due estati fa un quadriennale da 54 milioni complessivi. Per intenderci:

Se torniamo indietro nel tempo all’estate 2013, Smith era uno degli uomini-mercato: scaduto il contratto con gli Atlanta Hawks, si diceva che il giocatore fosse ad un passo dall’affermarsi come uno dei migliori della Lega, sicuramente uno dei più completi, e che solo la sfortuna gli avesse fatto mancare ancora un All Star Game. E in effetti le cifre davano ragione a Smith: 17.5 punti, 8.4 rimbalzi e 4.2 assist di media al fianco di Al Horford, tirando con il 46% dal campo e il 30% da dietro l’arco.

Una storia molto simile, almeno per ora, a quella di Lance Stephenson: All Star Game mancato di un soffio, anno a cifre più che buone e soprattutto stats line completa, poi il cambio di maglia e il baratro.

Perché quindi i Pistons hanno tagliato J-Smoove (come era stato soprannominato ad Atlanta per via della sua tendenza a mettere la testa sopra il ferro) che rappresentava la propria seconda opzione offensiva? Sarebbe riduttivo fermarsi alle statistiche, che comunque lo condannano senza se e senza ma: 13.1 punti, 7.2 rimbalzi e 4.7 assist di media con il 39% dal campo e il 24% da tre punti. Mai così male per punti dal 2006, mai così male in carriera nelle percentuali al tiro.

Al momento della firma, un anno e mezzo fa, Detroit pensava di convertire Smith in un’ala piccola versatile, esperimento miseramente fallito. Affiancandogli Greg Monroe ed Andre Drummond la situazione poteva solo peggiorare: solo l’ultimo dei tre è al momento escluso da rumors, perché anche Monroe vuole lasciare i Pistons.

Lo shot chart di Smith nella stagione corrente
Lo shot chart di Smith nella stagione corrente

Il problema di ragazzi come Smith, o se vogliamo anche come Stephenson (o JR Smith, per dirne un terzo), spesso è la testa: in una situazione caotica come quella dei Pistons di quest’anno, i giocatori con un QI cestistico inferiore risultano anche i primi a finire sul banco degli imputati. A inizio stagione, Kenneth Faried aveva commentato una vittoria in rimonta dei Nuggets su Detroit affermando:“Abbiamo solo lasciato tirare Smith, il resto lo ha fatto lui”. Ed è proprio questo il punto: un giocatore del genere, in un contesto perdente come i Pistons di questi anni, senza al proprio fianco un mentore o una squadra dignitosa come aveva ad Atlanta, inevitabilmente scoppia. L’anno scorso, Smith si è preso più triple di Goran Dragic, José Calderon e Chris Bosh, gente che tende a metterla spesso e volentieri dalla lunga distanza, e nessuno è intervenuto o ha deciso di fermare lo scempio (anche l’anno scorso molto male da dietro l’arco, solo il 26%). Quest’anno la situazione è migliorata per quanto riguarda la selezione dei tiri, peccato che ciò non sia bastato, la visione che si ha del giocatore è addirittura peggiorata.

Le cose non migliorano se si parla della difesa. Se due anni fa si nutrivano dubbi sul contributo che Smith avrebbe potuto dare ai Pistons nella fase offensiva, non se ne avevano per quella difensiva. Il giocatore invece ha messo in luce lacune che ad Atlanta non si erano viste, vere e proprie dormite. I dati ci aiutano a capire quanto J-Smoove sia stato dannoso per Detroit: quest’anno, con lui in campo, peggio sia in attacco che in difesa rispetto a quando siede in panchina (passivo di 11.3 punti di media e un -174 nei punti totali tra segnati e subiti).

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Le cifre dei Pistons con Smith presente o assente in campo

La stessa testa, probabilmente (anche se è presto per dirlo), porterà Smith a firmare per una squadra dove avrà un posto in quintetto garantito piuttosto che una in cui avrà un ruolo di comprimario ma maggiori chances di vincere il titolo, perché è reduce da un quadriennale da 54 milioni di dollari e perché ci sarà sempre qualcuno che punterà su giocatori di questo tipo (sì sto guardando voi, Kings).

Qual è quindi il destino di Smith? Se dovessimo fare una previsione, così su due piedi, totalmente soggettiva e priva delle informazioni che hanno i vari Wojnarowski e Marc Stein, l’opzione più probabile sembrerebbero i Sacramento Kings, che recentemente non hanno brillato certo per intelligenza esonerando Mike Malone quando era evidente che il filotto di sconfitte fosse dovuto all’assenza di DeMarcus Cousins. La carriera di Smith è arrivata a quello che viene definito un turning point, un punto di svolta, starà a lui decidere se questa svolta sarà positiva o meno.

Francesco Manzi

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