Il pagellone di fine anno di Serie A: Scandone Avellino

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SIDIGAS SCANDONE AVELLINO: 6.5

Per comprendere bene un fenomeno, pur non essendo in campo filosofico, bisogna conoscere a pieno le sue cause generatrici. E lo stesso ragionamento vale anche per la stagione della Sidigas Avellino. Quindi, per poter assegnare un voto, è necessario partire dagli albori: 1 giugno 2017, gara 4 della serie di semifinale contro la Reyer Venezia, quando mancano 12 secondi al termine del match Filloy sfugge alla marcatura di Green e, alzando la parabola per impedire a Fesenko di spedire in tribuna il pallone, realizza il layup che indirizza i lagunari verso la finale scudetto. Sul capovolgimento di fronte, la preghiera di Joe Ragland non viene accolta dagli dei del basket. La società irpina, che aveva fatto ricorso anche all’estro di David Logan, dopo aver visto sfumare i propri sogni di gloria, si mette fin da subito sulle tracce del nativo di Cordoba. In estate, Joe Ragland approda in Russia e viene sostituito proprio da Filloy e da quel Bruno Fitipaldo che aveva figurato talmente bene con la canotta dell’Orlandina da guadagnarsi un posto nel roster del Galatasaray. Col senno di poi, questo è stato il principale errore commesso dalla Sidigas. Lasciar partire Joe Ragland? No. Sostituire l’ex Olimpia Milano con due profili inadatti? Si. Infatti, se da una parte nessuno si attendeva una stagione così fallimentare dell’uruguaiano, dall’altra allo staff tecnico non doveva sfuggire (sempre se sia realmente sfuggito) il fatto che Filloy, all’interno del sistema di Walter De Raffaele, cambiava le sorti di una partita proprio per via del suo minutaggio ridotto. Non a caso, quindi, la prima parte della stagione biancoverde è stata memorabile: escludendo le cadute del PalaGeorge e del PalaRadi, la Sidigas ha fatto incetta di big-match superando Milano, Venezia, Sassari, Bologna e Trento e si è poi laureata campione d’inverno. Il cammino europeo, invece, è stato turbolento fin dall’inizio: dopo aver espugnato il campo del Besiktas, il team di Sacripanti è incappato in alcuni stop di troppo (@ Nanterre, @ Aris) e, una volta persi gli scontri casalinghi contro i francesi e lo Zielona Gora, non è stato in grado di espugnare Bonn per accedere alla fase successiva della Basketball Champions League. Nel giro di un paio di settimane, si è concretizzato un vero e proprio dramma sportivo: prima la Vanoli Cremona, ai quarti di finale, elimina i lupi dalle F8 di Firenze, poi Hamdady N’Diaye, il cui atletismo nascondeva molti difetti strutturali della Scandone, si infortuna con il Senegal. La società e lo staff, alla ricerca dei giusti profili, naufragano e si rende necessario riesumare Shane Lawal. Il gioco di squadra risente delle condizioni precarie del nigeriano e la seconda parte della stagione si rivela essere soltanto una lunga agonia dal finale già scritto, l’eliminazione ai quarti di finale contro la Dolomiti Energia Trento. Infatti, la prima storica partecipazione ad una finale di una competizione europea (Europe Cup) si conclude con un nulla di fatto, o meglio con la vittoria della Reyer Venezia.

Insomma, anche se i numeri, che hanno sancito il primato della Scandone nelle classifiche riguardanti il numero di assist per partita, le percentuali da dentro ed oltre l’arco e le stoppate, e il titolo di MVP di Jason Rich sembrano dire altro, sono stati commessi fin troppi errori nell’arco della stagione. Sì, le variabili incidono, ma fino ad un certo punto. Ora toccherà a patron De Cesare scegliere se proseguire il ciclo Sacripanti o aprire un’altra era, che sia giunta l’ora di uno tra Buscaglia, Dalmonte o Menetti?

Luigi Borriello

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