La conferenza che cambiò l’NBA e un po’ il mondo

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Se riavvolgessimo di tredici anni e una manciata di giorni la pellicola su cui una non meglio precisata divinità registra la storia della pallacanestro, potremmo trovare un evento che non cambiò solo l’NBA ma anche il mondo. Almeno in parte.

Siamo a Los Angeles, sponda Lakers: è il 7 Novembre 1991. L’ultimo fuoco della squadra dello Showtime va a poco a poco spegnendosi, soffocato dall’età dei suoi protagonisti che avanza inesorabile (Kareem Abdul-Jabbar si era ritirato al termine della stagione 1989-90) e dall’ascesa del Re Mida della pallacanestro statunitense: Michael Jordan. Bene, l’ultimo barlume di ossigeno necessario alla sopravvivenza di questo fuoco sta per venire a mancare. Proprio per quel giorno, alle due del pomeriggio, l’ufficio stampa dei Lakers ha annunciato una “press conference” al Forum.

Un giovane Magic in maglia Lakers
Un giovane Magic in maglia Lakers

La stampa, almeno in linea teorica e per questioni come questa, non è stupida: sa bene che si parlerà della situazione di Magic Johnson. Nonostante la stagione sia iniziata da una settimana, Earvin non ha ancora messo piede in campo. Lo staff losangelino nelle due settimane precedenti parla di influenza: “Magic è debole, ha perso peso. Non è pronto per giocare”; “Tornerà quando sarà pronto”.

Quella mattina Johnson fa varie telefonate. Chiama gli amici più stretti come Larry Bird, Isiah Thomas, Pat Riley. Loro sanno già qual è il problema al momento della conferenza. Come del resto ne è al corrente il Dr. Michael Mellman, dello staff sanitario giallo-viola. Del resto è lui ad aver fatto i test medici che hanno sconvolto il celeberrimo playmaker. E fu proprio quest’ultimo a chiedergli di ripeterlo per ben tre volte, perché del resto la verità è dura da accettare. Meglio non crederci. Come chi impazziva di fronte alle rivelazioni, seppur spaventose, dell’Oracolo di Delfi.

La conferenza stampa sta per iniziare. Johnson è elegantemente vestito, entra nella sala conferenze e si accomoda. C’è un che di elettrico nella sala, quella tensione- al guado con l’isteria- che precede le notizie importanti. Magic non è solo al tavolo, con lui ci sono dirigenti e qualche compagno di squadra. E’ ora. La conferenza può cominciare. Earvin abbassa un po’ la testa per poi avvicinarsi al microfono e annunciare il suo ritiro a causa di una malattia. Una brutta malattia. Magic ha contratto il virus dell‘HIV.

La conferenza
La conferenza

Per i presenti la notizia, ovviamente con i dovuti distinguo, ha lo stesso effetto che ebbe sui giapponesi il discorso alla nazione pronunciato dall’imperatore Hirohito. Qualcuno non vuole crederci, qualcuno rumoreggia, altri piangono perché sono ben consci che quello spettacolo che vedevano sul campo con Magic, difficilmente lo potranno rivedere. Del resto Johnson ha solo 32 anni, presto per ritirarsi, ma un virus come l’HIV non lascia troppe alternative. Continuare a giocare potrebbe mettere ancora più a rischio il sistema immunitario.

Alcuni giornalisti vogliono sapere della moglie incinta di Johnson. Lui risponde che stanno bene, sia lei che il bambino. I test sono negativi. Altri chiedono come possa aver contratto la malattia. Magic è lapidario: “Non lo so”. Prende la parola Mellman per spiegare, da un punto di vista medico, cosa comporti ciò che è successo a Magic: spiega qual è la differenza tra aver contratto il virus ed essere ammalati di AIDS, spiega che nella sua vita non cambierà niente a breve, a parte il ritiro. Magic deve lasciare il gioco che ama. Quello che ha permesso a tutti di ammirare quel gigante con un sorriso, come diceva in tanti, capace di illuminare gli schermi televisivi dal Michigan al Maine. Una carriera che passa davanti: il titolo con Michigan contro il rivale di sempre Larry Bird; i cinque anelli NBA; gli MVP, della RS e delle Finali; il duo con Kareem. Magic è però sereno, sebbene scosso. Per lui è una nuova battaglia e, con gli occhi lucidi, conclude la conferenza con queste parole: “I’m going to go on. I’m going to beat this, and I’m going to have fun.”MJ 3

Ed è quello che ha fatto. Diventando un imprenditore di successo dopo il basket. Tornando persino a giocare per l’All-Star Game del 1992 (fu il più votato dai tifosi) vincendo il premio di MVP e giocando persino una trentina di partita più il primo turno di playoff nella stagione 1995-96. Ciò che conta maggiormente, però, è che con il suo impegno e soprattutto con la sua storia- sic!- si smosse finalmente l’opinione pubblica sull’HIV. Qualcuno cominciò ad informarsi e si strappò, almeno in parte, quel velo di ignoranza intorno al problema. Ecco, forse è questa la grande vittoria di Magic: essere riuscito a far capire, anche solo ad una percentuale della popolazione, come evitare l’HIV e che questo virus non è un marchio del demonio. Cento di questi anni al ragazzone nato a Lasing.

Mattia Moretti

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