Luol, Thon e l’alba sulle sponde del Nilo

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La nascita di una nazione.
Il fiume Nilo è senza ombra di dubbio una di quelle culle senza la quale l’umanità non sarebbe mai stata quella che è ora. Mai. Non a caso, mentre nel resto del mondo ancora si vive di caccia, tribalismi e migrazioni (oppure, semplicemente, ancora non vi è umanità), lungo il corso del Nilo si sviluppa una delle prime società complesse: struttura studiata, rapporti di potere, leggi, scrittura. La civiltà Egizia, da questo punto di vista, anticipa molte delle colonne portanti della nostra storia. Lungo il Nilo essa è nata, lungo il Nilo è morta.
Non si parla di nazione, ovviamente, per quanto riguarda la civiltà Egizia, ma i punti in comune ci sono. Un territorio, un capo legittimo, un sistema di leggi: se gli stati-nazione nasceranno solo nel 1648 (pace di Westfalia), certe fondamenta possono sicuramente essere trovate nell’estremo Nord-Est del continente africano; come, del resto, si possono far risalire alla Grecia, Roma, alla Cina. E’ curioso, in ogni caso, come in questa culla della civiltà, il Nilo, sia nato l’ultimo (in senso cronologico) stato sovrano di questo mondo: il 9 Luglio 2011 nasce a Juba la Repubblica del Sudan del Sud, senza alcuna opposizione da parte del sistema internazionale.

E’ nata una nazione. Nata dal sangue, dalla violenza, dalla guerra, dalle quali non si è mai separata, nelle quali vive ancora. Ma rimane l’aspetto simbolico, di sogni e di speranza, dettato da una pace apparente raggiunta dopo due guerre civili: sogni vani, non del tutto infranti, di poter vedere nascere una nazione dalle ceneri della guerra (cosa tuttavia effettivamente avvenuta) e di vederla vivere pacificamente. E ovviamente non è il caso del Sudan del Sud, che dalla guerra civile è nato e nella guerra civile è ricaduto, due anni dopo aver visto la luce del sole là sulle sponde del Nilo.

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Quando Thon Marial Maker nasce, il 25 Febbraio del 1997, la Seconda Guerra Civile Sudanese è in corso ormai da 14 anni. Mezza generazione cestistica prima, dalla stessa città (Wau) era nato Luol Ajou Deng: era il 1985, allora. Vi è un filo conduttore che accomuna la vita dei due: stessa città natale, stessa origine, stesso traguardo raggiunto, ma soprattutto stessa medesima guerra dalla quale sono stati costretti a scappare, a distanza di circa 12 anni l’uno dall’altro. Ed è questa la cosa più triste, più tragica di tutte.
Il Sudan è uno di quei paesi che non han quasi mai vissuto la pace dal giorno della sua indipendenza, e in quella regione di mondo questi paesi sono veramente troppi. Dominata dagli Ottomani e controllata dagli egiziani, il Congresso di Berlino assegna la regione (Egitto compreso) al protettorato inglese. L’indipendenza, arrivata tra il 1955 e il 1956, crea uno dei tanti stati dai confini tracciati con matita e righello su una cartina, e come tutti gli altri creatisi in questo modo è totalmente instabile. Al nord i musulmani, la cultura araba; al sud i cristiani e la cultura sub-sahariana.
17 anni di una prima guerra civile non sono bastati; si combatte, sin dalla fondazione al 1972, tra nord e sud (tra musulmani e tutte quelle popolazioni della “Africa nera” a cui rimanda l’immaginario collettivo), ammassati e forzati a vivere insieme senza alcuna coscienza e conoscenza storica: l’uomo, e non la storia stessa, han dettato i confini di quella nazione. 11 anni di tregua, e poi una seconda: stesse fazioni, stesso guerra, 22 anni di morte. Guerra accostata (dal 2003) dal conflitto che, probabilmente, ha segnato uno spartiacque, insieme quello nell’ex-Jugoslavia, nel modo di far vedere la guerra da parte dei media, nel modo di sentirla da parte dell’opinione pubblica: Darfur, non aggiungo altro.

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In ogni caso, come si è già detto, il secondo conflitto dura abbastanza da vedere nascere, sotto i colpi dei suoi fucili, quelli che adesso sono il “vecchio” e il nuovo volto dell’NBA. Thon Maker non ha nemmeno sette anni quando Luol debutta sui parquet della massima lega mondiale. In quel periodo, il 2004, la guerra è ancora in corso, ma il ragazzo non è più lì: è riuscito a scappare, un anno prima, verso l’Uganda, per poi volare verso la salvezza definitiva Perth, giù in Australia. Nemmeno Luol rimane in Sudan: si muove, per motivi di lavoro del padre, verso l’Egitto, dove sotto la guida di Manute Bol muove quei primi passi sul parquet che lo porteranno dove ora si trova.
Thon non ha Manute, ma tal Edward Smith, una di quelle persone che rendono migliori il mondo. Discendenze afro-americane, Smith viaggia tra i sobborghi della nuova multietnica società australiana, con l’intento di concedere loro quelle opportunità che altrimenti non avrebbero mai avuto: e Thon Maker ringrazia. Ma non ringrazia soltanto, sfrutta in pieno la situazione: Smith intravede il talento del ragazzo (che scopre mentre gioca a calcio; già, anche lui, come Deng, tira calci ad un pallone) e un suo futuro nel mondo della palla a spicchi, con i suoi 216 cm su cui poter lavorare. Si offre di vestire, dar da mangiare e di educare il ragazzo, con l’intento di portarlo in alto, incredibilmente in alto, più di quanto lui o i suoi genitori abbiano mai potuto pensare mentre cercavano di varcare il confine ugandese ed evitare, per loro e per i propri figli, la sorte di altri 2 milioni di loro compatrioti. 2.000.000.

Thon Maker viene eletto con la 10esima scelta al Draft NBA del 2016, e la sua storia è ancora tutta da scrivere. Almeno in parte…
Nasce sulle sponde, o meglio nel bacino idrico del Nilo, ma gli è stato impedito di crescere lungo il suo corso, di svilupparsi, di diventare un uomo laddove l’uomo stesso (o almeno buona parte di esso) era nata. Così come Luol, che delle sue origini non si è mai dimenticato, nonostante l’Egitto, nonostante il Regno Unito: Luol Deng Foundation, e nuovamente ho detto tutto.

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Lungo il Nilo adesso non c’è più civiltà. La culla dell’umanità ha visto tanta di quella morte che si possono solo fare delle stime, stime che comunque superano abbondantemente le sette cifre; la culla dell’umanità non esiste più. Si può dire che l’uomo sia nato sulle sponde del Nilo, e su queste sponde in qualche modo sia morto; alba e tramonto. Ma questa terra, dove la notte sembra eterna, perenne, qualche nuova alba ogni tanto la intravede, si chiami Manute, Luol, Edward. E adesso Thon.

C’è un filo che collega le storie di Luol Deng e Thon Maker, non soltanto caratterizzato dalle innumerevoli “coincidenze”. E’ un filo comune, più raro che unico, che è riuscito a salvarli da quel dramma. Ma quello stesso filo è da lì che nasce, e mai potranno tagliarlo, mai potranno dimenticarsene (Luol questo lo ha già dimostrato e continua a dimostrarlo).
Luol e Thon, quel corso del Nilo non vede l’alba da millenni ormai: sta anche a gente come voi, che da lì ne è scappata e ha trovato fama e successo, fare in modo che essa ritorni, una volta per tutte.
E fare anche in modo che sia perenne, tanto da far dimenticare l’oscurità da cui rimane avvolta e in cui l’umanità continua a morire mentre la gente legge la vostra storia.

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Gabriele Buscaglia

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