Le pagelle di Celtics-76ers: Stevens un mago con Horford e Tatum stellari, rimandati coach Brown e Ben Simmons

NBA News

BOSTON CELTICS

Aron Baynes 6.5: il net rating negativo a -11.0 con lui in campo non lo premia ma è l’unico a poter tenere testa in single coverage a Joel Embiid, un compito semi impossibile. Va bene anche a rimbalzo e quell’improvviso 43.8% da tre punti (9/19 in questi Playoffs, dopo il 4/28 finora in carriera) è il segno della crescita e della completa immersione nella pallacanestro di coach Stevens.

Jaylen Brown 7.5: torna in gara 2 e piazza subito la giocata con recupero+schiacciata che fa esplodere il Garden. Tira benissimo dal campo e da tre punti (53% e 50% rispettivamente, peccato per le difficoltà ai liberi) e in gara 4 mette il punto esclamativo con 10/13. Con lui sul parquet l’attacco dei Celtics gira nettamente meglio (112.5 punti su 100 possessi) ed ora è atteso ancora, ma con più esperienza e consapevolezza, all’esame LeBron James in versione Thanos.

Al Horford 8.5: il maestro delle piccole cose e se Smart è la guida emotiva di Boston, lui è la guida tecnica e tattica. Uno dei pochi con esperienza vera nei Playoffs, è semplicemente poetico in ogni cosa che fa e che sia un blocco, un rimbalzo, un assist, una difesa o un gioco in post (cose non scritte a caso, visto che le fa tutte a livelli eccelsi) porta sempre a qualcosa di buono per i suoi. Ha il net rating più alto di tutta la serie a +11.4 (se si esclude chi ha giocato meno di 10 minuti di media), compensa il calo al tiro da tre con qualche difesa decisiva in mismatch contro Embiid.

Shane Larkin 6: rimasto fuori da gara 5, utile nel dare fiato a Rozier e Smart per far cominciare l’azione offensiva.

Marcus Morris 6,5: primo cambio dei lunghi con un ottimo rating difensivo a soli 100.7 punti subiti su 100 possessi e tanti punti in uscita dal pino, ma litiga un po’ con le percentuali quando si incaponisce in qualche isolamento di troppo anche se è sempre il designato a prendersi i tiri in situazioni di gioco rotto.

Semi Ojeleye 5.5: un po’ più in difficoltà rispetto alla serie con i Bucks nei pochi minuti che è stato utilizzato come 4 tattico

Terry Rozier 8: Scary Terry is in da house. Con l’infortunio di Irving è definitivamente esploso il prodotto di Louisville che guida come un veterano l’attacco di Brad Stevens e mette subito il suo timbro in gara 1 con 29 punti e 7/9 da tre punti e ergendosi a leader nella rimonta da -22 di gara 2. Una furia atletica su due metà campo, segna quasi 20 punti di media, cattura un numero enorme di rimbalzi per la sua taglia, smazza assist e si prende più di 8 triple a partita con ottime percentuali. Impensabile fino a qualche mese fa.

Marcus Smart 7: può tirare male dal campo (37.5%), perdere qualche pallone di troppo ma coach Stevens se ne frega e nei momenti clutch lo vuole in campo. E fa bene perchè l’anima di questi Boston Celtics ha un grinta e una tenacia che fanno impazzire i tifosi in biancoverde, soprattutto in difesa quando si fionda sui palloni vaganti o quando li strappa dalle mani avversarie. In gara 5 nell’ultimo minuto piazza 4 giocate decisive (tap-in a rimbalzo per pareggio, forza la palla persa, assist per il sorpasso e rubata nel disperato tentativo finale di Phila) per chiudere la serie.

Jayson Tatum 8.5: who’s the real Rookie of the Year?! Stravince la sfida nella sfida con Ben Simmons dimostrando una maturità e una padronanza dei propri mezzi illegali per un ventenne. +11.0 di net rating, 23.6 di media tirando quasi il 60% da due punti e prendendosi tantissime delle responsabilità nei momenti caldi delle partite (soprattutto in gara 3 e gara 5). Al tutto aggiunge un’eleganza da non sottovalutare.

Monore, Nader, Yabusele sv.

Coach Brad Stevens 9: senza mezzi termini attualmente il miglior allenatore della NBA. Conduce i Celtics martoriati dagli infortuni e senza i due giocatori più talentuosi alla seconda finale di Conference consecutiva, ingabbia perfettamente Ben Simmons (soprattutto nelle prime due sfide al Garden) e riesce a tirare fuori tutto ciò che si può di positivo dai suoi giocatori. I suoi lo seguono alla lettera, in uscita dai timeout disegna sempre uno schema vincente come quello che ha portato alla fondamentale vittoria in gara 3.

 

PHILADELPHIA 76ERS

Marco Belinelli 5: poteva essere l’eroe di gara 3 con cui sarebbe potuta cambiare la serie, ma i piedi dentro l’area e il supplementare dei Celtics, aiutati dai misunderstanding negli ultimi minuti dei 76ers non gli regalano questa gioia. Nel resto della serie tira piuttosto male dal campo e in difesa viene costantemente cercato dall’attacco di Boston e quasi sistematicamente battuto (110.6 punti concessi su 100 possessi con lui in campo).

Robert Covington 4.5: la vera nota dolente di questa serie dei Sixers. Tira in modo orrendo (26.8% dal campo) e se si esclude gara 2, nelle altre quattro partite segna 3 punti di media. -12.8 punti di net rating e la “retrocessione” in panchina sono il suo lascito non certo indimenticabile.

Joel Embiid 7.5: stiamo solo grattando la superficie di questo iceberg di 7 piedi e 2 pollici. Ha cominciato a giocare da 8 anni malcontati ma The Process dimostra di avere un talento e una leggerezza inspiegabili per un giocatore di quella taglia e dalla così poca relativa esperienza. Stupendo quando muove i piedi, Stevens spende su di lui tutte le armi che ha a disposizione (Baynes e Horford in single coverage, raddoppi soprattutto in gara 5) ma lui in attacco dimostra di poter fare ciò che vuole (peccato per il 23.8% da tre). Dominante a rimbalzo e in difesa è uno dei pochi a reggere contro il ritrovato attacco dei Celtics.

Ersan Ilyasova 6: non tira certo bene dal campo, ma va molto forte a rimbalzo e in difesa è tra i meno negativi dei 76ers.

T.J. McConnell 7:  il coaching staff si è accorto di lui troppo tardi. Eroe di gara 4 con cui Phila riapre la serie, tira dal campo come meglio non si potrebbe (73.1% dal campo e 2/2 da tre punti) e smazza 3.6 assist in soli 22 minuti di impiego. Il clamoroso +16.8 punti su 100 possessi con lui in campo è il segno lampante che la sua presenza dava un’energia, un ordine e un’unità completamente diversa rispetto a quando sedeva sul pino.

J.J. Redick 6.5: fondamentale la sua presenza in attacco per aprire un campo che senza di lui (o Belinelli) sarebbe clamorosamente chiuso. Con lui in campo Phila viaggia bene (108.6 su 100 possessi, secondo dietro al solo McConnell) ma come il compagno di reparto italiano, Smart va a punirlo spesso in post basso. Un po’ nervoso in gara 5 e coinvolto nei pasticci sul finale di gara 3.

Dario Saric 7: paga dazio difensivamente (un pessimo 117.2 punti concessi su 100 possessi con lui in campo) contro molti di quelli che marca (su tutti Tatum e Horford) ma è il secondo violino offensivo di Philadelphia con quasi 18 punti di media e buonissime percentuali. In gara 4 è il migliore dei suoi e in gara 5 i suoi 27 punti con 3/3 rischiano di allungare una serie che dopo gara 3 sembrava morta. Va fortissimo a rimbalzo offensivo sfruttando la classica lacuna di Boston.

Ben Simmons 5: forse il voto/giudizio più difficile e ok intendiamoci, ciò che ha fatto in regular season per un giocatore al primo anno è più nella casella dell’unicità che in quella della rarità, fa alcune cose come solo pochissimi altri nella storia hanno saputo fare con quel corpo e quell’età (Magic, LeBron… direi stop) e ha davanti un potenziale inesplorato pari solo a quello di Embiid. Ma le sue mancanze, una su tutte il tiro, non compensano le medie di 14.4, 8.2 e 6.8 e sono state messe a nudo e violentemente abusate da Stevens, in particolare in gara 1 e gara 2. Le tante palle perse e il campo maledettamente stretto con lui sul paequet hanno pesato come macigni (-17.7 di net rating, il peggiore della serie se si esclude chi ha giocato meno di 10 minuti di media) ma il resto è tutto lì da vedere, pronto a esplodere. Da queste sconfitte non può che trarne beneficio, stay tuned.

Anderson, Bayless, Holmes, Johnson sv.

Coach Brett Brown 5: in gara 1 e gara 2 viene surclassato dal suo collega sull’altro pino e non riesce a trovare un antidoto alla gabbia creata ad hoc per Ben Simmons. Nelle situazioni speciali e nei minuti clutch della serie i suoi falliscono dove gli avversari trionfano e spesso si trova a gestire con difficoltà la scelta di lasciare uno tra Redick e Belinelli, fondamentali in attacco ma puniti ripetutamente in difesa. Scongela troppo tardi T.J. McConnell e Philadelphia non riesce mai a trovare continuità dall’arco, affidandosi con efficacia al solo Embiid o con Simmons quando riesce a gestire la transizione.

Michele Manzini

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