L’Essenzialità al vostro servizio – Tim Duncan, The Quiet Assassin

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Altro mese, altra storia, altro omaggio. Durante l’estate appena trascorsa ci hanno salutato delle icone, prima ancora che dei giocatori. Hanno appeso le scarpe al chiodo perchè l’età non gli permetteva più di essere dominanti come nel fiore degli anni. Hanno scritto la storia del nostro sport e per questo meritano la nostra riconoscenza. Oggi è il turno di un personaggio forse inimitabile, la cui storia non sarebbe da film, ma da raccontare ad ogni giovane volenteroso di raggiungere quel livello di grandezza. Sto parlando di “The Big Fundamental” e della sera in cui diede il primo calcio all’età che avanzava, un calcio alle prime critiche. Tim Duncan e Gara 1 del primo turno dei Playoffs del 2008 contro i Phoenix Suns.

Tim nasce a Christiansted una cittadina di Saint Croix nelle Isole Vergini il 25 aprile del 1976. Durante i suoi primi anni scolastici, Duncan era una grande promessa per il nuoto, tanto da avere l’ambizione di partecipare alle Olimpiadi di Barcellona del 1992, nelle tre distanze dello stile libero. Tuttavia, l’uragano Hugo del 1989, spazzò via la piscina della città costringendo Tim ad allenarsi nell’oceano. L’amore per il nuoto iniziò a diventare sempre più flebile fino al giorno in cui sua madre Ione, passò a miglior vita a causa di un tumore al seno, il giorno prima del suo 14° compleanno. Lei era il suo punto di riferimento, lo supportava e lo portava ovunque. Non l’avrebbe mai delusa.

Suo fratellastro lo invitò così a provare la pallacanestro, e nonostante molte difficoltà iniziali, iniziò presto a diventare il leader della squadra, tanto da segnare 25 punti nel suo anno da senior, ed attrarre così le attenzioni di molte prestigiose università. Coach Dave Odom della Wake Forest University, era alla ricerca di un lungo forte fisicamente ma aveva molti dubbi su Duncan, sia per il livello nel quale si confrontava, sia per la scarsa mobilità e atleticità; non sembrava possedere un grande talento ma imparava in fretta e questo lo convinse a portarlo con se a Wake Forest.

Tim finì con 0 punti la sua prima partita ma ben presto si ritrovò ad essere uno dei punti di riferimento dei “Demon Decons”. Già alla fine della seconda stagione, Duncan era uno dei migliori prospetti NBA, al pari di giocatori del calibro di Rasheed Wallace e Jerry Stackhouse ma aveva fatto un promessa a sua madre: tutto ciò che voleva era che suo figlio si laureasse e a Tim non importava nulla di “perdere” milioni di dollari, non andando subito in NBA. Spendeva più tempo sui libri che in campo tanto che la direttrice della facoltà di psicologia disse di lui:

Tim è stato dei miei studenti più intelligenti. Non potrei parlarvi meglio di nessun altro studente della Wake Forest.

Duncan completò così i suoi 4 anni accademici conquistando 2 titoli di miglior giocatore della ACC, 3 titoli di miglior difensore, miglior rimbalzista ogni epoca della NCAA (superato qualche anno dopo da Kenneth Faried), 3 volte inserito nel miglior quintetto NCAA e MVP nel 1996.  A questa infinita lista di riconoscimenti. manca solo il titolo NCAA, sfuggitogli ogni anno sempre per qualche episodio sfortunato, come quando nel 1995 fu debilitato prima delle Final Four da una brutta influenza intestinale.

La prima scelta del Draft 1997 era già scritta da almeno 3 anni e tutta l’attenzione si spostò sulla Lottery, perchè sarebbe stata la lotteria per aggiudicarsi Tim Duncan. I fortunati, furono i San Antonio Spurs che iniziano ad intravedere un futuro raggiante con la nuova coppia “Duncan-Robinson”: le Twin Towers. Questa volta non c’era tempo per fare apprendistato; Tim iniziò tutte e 82 le partite di stagione regolare chiudendo l’anno con 21 punti, 12 rimbalzi, 3 assist e quasi 3 stoppate di media a partita: numeri che gli valsero il titolo di Rookie dell’anno, presenza all’All Star Game, e secondo quintetto All-Defensive. Chiunque ha avuto modo di affrontarlo, o allenarlo, o giocato assieme, vi avrebbero detto che stavano ammirando il futuro della lega. Un gioco essenziale, niente che non sia utile a vincere ed una durezza mentale alla pari dei grandi di questo gioco: “The Big Fundamental“.

L’anno seguente, fu la stagione con l’asterisco, la stagione del lockout. Dopo un brutto inizio, Duncan guidò gli Spurs ai Playoffs in cui spazzarono via nell’ordine T’Wolves, Lakers, Blazers ed in finale la cenerentola Knicks di Latrell Spreewell. Per San Antonio fu il primo titolo della loro storia e Duncan fu nominato MVP delle finali. Per spiegare quale è stata la differenza tra Knicks e Spurs, coach Gregg Popovich disse:

Io avevo Tim, voi no. Ecco perchè abbiamo vinto semplice.

Nel 2002 Duncan firmò la sua migliore stagione a livello statistico con 25.5 punti, 13 rimbalzi, 4 assist e quasi 3 stoppate a partita, che gli valse il titolo di MVP, ma dopo lo scioccante eliminazione ai Playoffs per 4-0, subita dai Lakers, Tim venne accusato di essere silente quando più c’era bisogno di lui. Duncan immagazzinò le critiche, sapendo che con un Robinson sul viale del tramonto, doveva essere lui il leader della squadra. Non si tirò indietro e nelle successive 5 stagioni portò a casa ben 3 titoli NBA (2003,2005 e 2007), assieme a due giovani ragazzi provenienti dalla Francia e dalla nostra Italia cestistica, Tony Parker e Manu Ginobili. “The Quiet Assasin”.

Arriviamo così alla stagione 2007-2008: San Antonio chiude la stagione con il terzo miglior record a Ovest (56-26) e Duncan si conferma giocatore da 20+10 rimbalzi per l’ennesima annata. Al primo turno dei Playoffs si presenta la sfida contro i Phoenix Suns, in una delle più intense rivalità degli ultimi 15 anni. Dopo soli 10 anni dal suo ingresso nella NBA, Duncan sente arrivare le prime critiche sul fatto di avere 32 anni e non più una freschezza tale da permettergli di mascherare la sua scarsa mobilità.

Si arriva così a Gara 1; partita selvaggia con continui botta e risposta tanto che si arriva così agli ultimi 4 minuti in perfetta parità sul punteggio di 84-84. Duncan e Stoudemire continuano il loro personale duello a distanza ma è Barbosa a regalare il +3 a Phoenix, dopo la stoppata su Ginobili di O’Neal ed il conseguente canestro in contropiede del brasiliano. Popovich chiama il numero 3 di Micheal Finley che si fa trovare pronto e mette la tripla del pareggio a quota 93 che vale il supplementare.

Nash mette la tripla del +5 con un minuto sul cronometro ma Duncan accorcia con un jumper dalla media. Ginobili perde il pallone e Nash ha la palla del KO con 30 secondi da giocare ma Stoudemire commette fallo in attacco, lasciando la possibilità di pareggiare agli Spurs. Il gioco prevede un pick&roll alto per Ginobili che viene raddoppiato, scarica il pallone a Duncan che si trova dietro l’arco con 5 metri di spazio. Esita un attimo ma spara la tripla che va dentro nell’incredulità generale. E’ la prima tripla in stagione del numero #21 che esulta liberando tutta la rabbia agonistica che porta dentro di se. Ma ci sono altri 5 minuti da giocare.

L’equilibrio non sembra volersi spezzare, le squadre si trascinano ma nessuna delle due intende mollare un centimetro. Barry dalla lunetta firma il +3 Spurs, ma Nash segna una tripla incredibile dall’angolo per l’ennesimo pareggio a quota 115 con 15 secondi da giocare. Senza più timeout, Ginobili si gioca l’uno contro uno e segna un incredibile canestro, tutto fuori equilibrio in faccia a Raja Bell per regalare la vittoria a San Antonio.

Nonostante il canestro decisivo porti la firma di Ginobili, questa partita rappresenta il riscatto e la perfetta immagine di un giocatore tutto fuorchè appariscente, che fa quello che è necessario per vincere una partita. Anche prendere un tiro che mai si sognerebbe di scoccare. Questo è ciò che fanno i campioni, anzi i Campioni con la C maiuscola. Per i parziali personali abbiamo: 40 punti, 15 rimbalzi, 5 assist e 3 stoppate con 16/24 al tiro. 

 

Contro tutti i pensieri e le opinioni della gente, Duncan si porta a casa un altro il titolo nel 2014, al termine di una finale dominata contro i Miami Heat di James, Wade e Bosh. E’ il suo quinto titolo personale, che lo issa tra i più grandi che abbiamo mai giocato a questo sport. E pensare che probabilmente, senza quanto di terribile gli accadde 25 anni prima, non avremmo mai sentito parlare di Duncan in riferimento alla pallacanestro, ma forse come uno dei nuotatori più vincenti di sempre. Perchè sicuramente, un vincente, lo sarebbe stato di sicuro.

Au Revoir, Timmy.

Lorenzo Simonazzi

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