Hasheem Thabeet, da “The Dream” a “The Nightmare”

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Hakeem “The Dream” Olajuwon, Dikembe “Mount” Mutombo, Manute Bol; la scuola dei centri africani ha preso piede in NBA a partire dalla metà degli anni ottanta, quando questi giocatori, dominanti soprattutto nella metà-campo difensiva, hanno iniziato a mostrare a tutti che il basket non era patrimonio esclusivo degli statunitensi. Da allora sempre più cestisti provenienti dal continente nero sono approdati in NBA, con alterne fortune e soprattutto con il peso, non da poco, del paragone con i loro illustri predecessori; l’esempio lampante è quello del nigeriano Olowokandi, scelto con la #1 al Draft 1998 e schiacciato dalle aspettative enormi che gravavano come macigni su di lui.

A proposito di lunghi africani, torniamo con la mente al 25 giugno 2009, quando, nella splendida cornice del Madison Square Garden, il commissioner David Stern, si apprestava a rendere noti i nomi dei 30 ragazzi scelti al primo giro del Draft 2009. La lottery era stata favorevole ai Clippers, che, quasi per rimediare al disastro targato 1998, scelgono con la #1, senza esitazione, Blake Griffin, ala grande dal fisico prorompente e dall’atletismo unico, un peccato farselo sfuggire; tocca quindi ai Memphis Grizzlies, impegnati a ricostruire il roster dopo la partenza di Pau Gasol, direzione Lakers, qualche anno prima. Memphis viene da due stagioni fallimentari ed essendo priva di un leader dopo l’addio del catalano ha bisogno di una scossa. I Grizzlies hanno un centro nel roster, Marc Gasol, fratello di Pau, che farà la fortuna della franchigia del Tennensee negli anni a venire, in più possono contare su giocatori come Gay, Conley e Randolph. Il GM di Memphis ha quindi l’occasione di accaparrarsi un buon giocatore per completare la squadra: seduti ad attendere una chiamata ci sono ancora James Harden, Stephen Curry, Tyreke Evans, Ricky Rubio, per non parlare dei vari DeMar Derozan, Jeff Teague, Jrue Holiday e Brandon Jennings. Alla fine Stern chiama il cestista scelto da Memphis:

“With the second pick, in the 2009 NBA Draft, the Memphis Grizzlies select… Hasheem Thabeet, from Connecticut Jr.”

Thabeet è un ragazzone di 221 centimetri per 121 chili, proveniente dalla Tanzania, che nella stagione collegiale aveva fatto sfracelli, tenendo una doppia-doppia di media (13.6 punti e 10.8 rimbalzi) e stoppando tutto ciò che capitava nei pressi del ferro (152 complessive), si era dunque guadagnato il titolo di “Big East Defensive Player of the Year” e “Big East Player of the Year”.  Un centro dominante, senza dubbio dal futuro radioso, che molti hanno accostato a Olajuwon, per la sua presenza in difesa e i suoi movimenti in attacco, paragone senza dubbio forzato; Hasheem non ha tuttavia la leadership del centro dei Rockets, né il talento, è senza dubbio un gran difensore, ma ha una tenuta mentale quantomeno debole, per non dire quasi nulla. La prima stagione è da incubo: 3.1 punti e 3.6 rimbalzi per gara; “The Nightmare” si trova ben presto ai margini delle rotazioni, a favore di Gasol, inoltre il 10 novembre 2009 si frattura la mascella, rimanendo fuori diverso tempo. Al suo ritorno, viene spedito in D-League ai Dakota Wizards, la filiale dei Memphis nella lega minore, verrà poi richiamato in Tennensee a marzo: al tempo era stata la più alta scelta di sempre a essere retrocessa in D-League, record recentemente superato da Anthony Bennett. La seconda stagione comincia come era finita la prima, il tanzaniano non vede mai il campo (1.2 punti e 1.7 rimbalzi le sue medie), anzi: i Grizzlies non sanno più come fare per liberarsene e, finalmente, prima della trade deadline, riescono a inserire Thabeet nel primo scambio utile, quello che porta Shane Battier a Memphis, in cambio proprio di Hasheem, che prende la via di Houston. E’ nel Texas il tanzaniano si guadagna il soprannome di “The Dream” per i suoi allenamenti con la leggenda Olajuwon, che ha cercato invano di svegliare il talento dormiente del centro africano. Anche qui il ragazzo non trova spazio, troppo sgraziato, troppo “molle” per la NBA, eppure con quel fisico dovrebbe bastare la sua presenza nel pitturato per intimidire chiunque. La D-League lo accoglie di nuovo, questa volta viene spedito ai Rio Grande Vally Vipers, filiale dei Rockets, dai quali verrà richiamato solamente ad aprile, per concludere la sua seconda stagione NBA.

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Thabeet è diventato un peso, anche Houston non vede l’ora di disfarsene, soprattutto dopo che il ragazzo, abbandonato da tutti, sembra non riuscire a svegliarsi dal suo torpore: nel 2011-2012 gioca appena cinque match con i Rockets (1.2 punti e 1.4 rimbalzi di media), poi si trasferisce in Oregon, nella Rip City, ai Portland Trail Blazers, tradato per Marcus Camby.

A Portland non andrà in D-League, ma verrà impiegato pochissimo: 15 partite, quasi 8 minuti di media, con risultati come al solito imbarazzanti (1.9 punti e 2.3 rimbalzi). Troppo poco per la NBA, troppo poco per un lungo di 221 centimetri che aveva dominato la Big East al college, mettendo in mostra fisico, talento e grinta. A luglio è free agent, alla ricerca di un’altra occasione: OKC punta su di lui, per aggiungere centimetri al reparto lunghi. Nel primo anno, vissuto sempre in panchina, assaggia comunque più spesso il campo: 66 gare, con 2.4 punti e 3 rimbalzi di media, mettendo a segno anche una doppia-doppia (13 e 10) nella partita del 26 novembre 2012 contro i Bobcats, suo career-high. Sarà il punto più alto della carriera: l’anno successivo gioca pochissimo, tanto che si ha la netta impressione che i Thunder stiano aspettando solamente la fine della stagione per liberarsene, e così è. Thabeet torna free agent, ma questa volta nessuna squadra è più disposta ad accoglierlo, l’avventura del centro tanzaniano in NBA sembra al capolinea: ad appena 26 anni “The Dream” si ritrova ai margini, inghiottito da una spirale di negatività che fatica a superare.

Il ragazzo però non si dà per vinto, anzi, dimostrando un’umiltà fuori dal comune, si rimette in gioco nell’unica lega disposta a garantirgli un contratto: la D-League, nella quale Thabeet ha trovato la propria dimensione, firma quindi con i Grand Rapids Drive, affiliati ai Pistons, nei quali sta tenendo 7 punti, 6 rimbalzi e 2 stoppate di media. Hasheem Thabeet ha quindi ricominciato dalla Lega di sviluppo, alla ricerca di quel talento perduto che, così come lo aveva innalzato, lo ha costretto a capitolare nell’oscurità. Rimane un rimpianto, senza dubbio, per i Grizzlies, incapaci di accendere il suo potenziale, ma soprattutto resta il cruccio di non aver impiegato la scelta #2 per un altro giocatore, più utile alla causa. Si dice che “dei se e dei ma son piene le tombe”, ma ve la immaginate una squadra come Memphis con un Curry o un Harden, al fianco di Randolph, Conley e Gasol?

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