Memories of Busts: Kent “Benny” Benson

Home NBA Rubriche

26Kent-Benson-F

Gli anni ’70 del basket statunitense sono stati caratterizzati da due principali fattori: rivalità e talento. Rivalità tra NBA e ABA, le due leghe che si contendevano il mondo del basket d’oltreoceano. Talento, quello messo in mostra dai vari Pete Maravich, Oscar RobertsonNate Archibald, Wilt Chamberlain, Jerry West, Kareem Abdul-Jabbar e molti altri che ai tempi calcavano i parquet dei palazzatti predicando basket. La storia che andiamo a raccontare inizia nel 1977, il primo anno dopo lo scioglimento dell’ABA, fusasi con la NBA dopo anni di spietata concorrenza. Il Draft NBA 1977 è il primo a cui prenderanno parte anche le quattro nuove franchigie passate nella NBA: Indiana Pacers, San Antonio Spurs, Denver Nuggets e New York Nets, tuttavia la fortuna bacerà i Milwaukee Bucks, squadra dalle fortune alterne, laureatasi campione NBA nel 1971, ma ormai orfana del suo talento più puro, Kareem Abdul-Jabbar, passato ai Los Angeles Lakers. Milwaukee non ci pensa due volte, con la #1 pick seleziona tale Kent Benson, da Indiana University. Benson è un centro bianco di 208 cm per 107 kg. Dopo essere stato nominato Mr. Basketball nel 1973 quando giocava per New Castle Chrysler High School, Benny venne reclutato da Indiana, dove rimarrà per quattro anni, tenendo medie impressionanti soprattutto nelle sue ultime due stagioni. Nominato All-American nel 1976, guiderà Indiana alla vittoria finale (17.3p e 8.8r di media) insieme ai compagni Quinn Buckner e Scott May, quindi, nel 1977, diventato il leader della squadra, verrà nominato Big East Player of the Year e All-American per la seconda volta, non riuscendo però a trascinare Indiana alla post-season, nonostante le medie eccelse (19.8p e 10.4r). I Bucks, alla ricerca disperata dell’erede di Abdul-Jabbar, vedono nel ragazzone dell’Indiana una futura stella e decidono quindi di portarlo a Milwaukee, lasciando per strada futuri All-Star come Otis Birdsong (#2 Kansas City Kings), Walter Davis (#4 Phoenix Suns), Bernard King (#7 New York Nets) e Jack Sikma (#8 Seattle Supersonics).

kent-benson

Tutti aspettano l’esordio di Benson, col suo #54 stampato sulla canotta e tanta voglia di dimostrare a tutti il suo talento. Al destino però, si sa, piace giocare brutti scherzi, perchè la partita di esordio tra i professionisti sarà proprio contro i Los Angeles Lakers, dove predica basket l’ex leggenda dei Bucks Kareem Abdul-Jabbar. Definire questo match la partita d’esordio di Benson è un eufemismo, visto che lascerà il campo dopo appena due minuti. Benson alza il gomito durante un’azione di gioco, Jabbar, colpito allo stomaco, non gradisce, rientra in campo e cerca vendetta. Destro di Jabbar, Benson ko. Il centro bianco subirà una frattura della mascella, mentre Jabbar dovrà rimanere lontano dai campi due mesi per curare la sua mano fratturatasi nello scontro. Benny chiuderà la sua stagione da rookie con 7.7 punti e 4.3 rimbalzi di media giocando18 minuti a partita, niente di speciale, ma il ragazzo, ad appena 23 anni ha tempo di crescere. Nella RS 1978/1979 le sue medie lieviteranno a 12.3 punti e 7.7 rimbalzi a match, giocando tutte e 82 le partite della stagione, Benson sembra in netta ripresa, ma non convince appieno la dirigenza che l’anno successivo lo scambia dopo 56 partite. Benson viene spedito a Detroit, in cambio di Bob Lanier, giocatore che aiuterà i Bucks a raggiungere due Finali di Conference consecutive, nel 1983 e 1984.

kent_benson

A Detroit Benny rimarrà 7 anni, contribuendo a far crescere quel gruppo che vincerà due anelli alla fine degli anni ’80. Nella Motor City le prestazioni sembrano migliorare, nel 1981 tiene 15.7 punti e 6.7 rimbalzi di media conditi  da 2.9 assists e 1.1 stoppate a partita. L’illusione però dura poco, Benson, dopo un’altra buona stagione (12.5p e 8.7r di media) ripiomba nel suo grigiore e dal 1983 il suo minutaggio comincerà a calare, come le sue medie, che non toccheranno più la doppia cifra. Gli ultimi due anni nella Motor City recitano 6 punti e 5 rimbalzi di media, di conseguenza la dirigenza comincia a cercare un acquirente in grado di sobbarcarsi il suo contratto. Spuntano gli Utah Jazz che offrono in cambio Adrian Dantley. Detroit accetta portandosi a casa quello che sarà uno dei tasselli fondamentali dei “Bad Boys” di fine anni ’80. L’aria dello Utah non giova a Benson, 12.3 minuti a partita sono pochi per rilanciarsi e i sempre più frequenti infortuni non aiutano di certo, le medie saranno impietose (4.5p e 3.2r). L’ultima stagione, quella 1987/1988, Benson la giocherà tra le file dei Cleveland Cavaliers, appena due partite (2.5p e 0.5r) che sanciranno l’epilogo della sua carriera NBA. Nel 1989 Benny, ormai senza squadra, cercherà fortuna in Italia, nella Vismara Cantù, dove non lascerà il segno a causa dei troppi guai fisici che ormai lo tormentano. Benson dirà addio al basket all’età di 33 anni, avendo totalizzato 9.1 punti, 5.7 rimbalzi e 1.8 assists di media. Rimane un grande rimpianto, soprattutto per la Milwaukee di quel periodo che con l’apporto di un lungo di livello, avrebbe potuto togliersi qualche soddisfazione in più. Benson ha dovuto fare i conti con una realtà completamente diversa rispetto a quella collegiale. Una realtà spietata, crudele e dura come la roccia. Dura come le nocche di Kareem Abdul-Jabbar che hanno dato a Benny il loro personale benvenuto tra i pro. D’altronde, Benny, “Se il buongiorno si vede dal mattino, che ti potevi aspettare?”.

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.