Soliti Curry e Green, Smith non basta ai Rockets: le pagelle di Warriors-Rockets

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Golden State si laurea campione della Western Conference battendo Houston per 4-1 in una serie che, fatta eccezione per gara 4, è sempre stata dalla parte degli uomini di Curry. L’Mvp della regular-season ha letteralmente trascinato i suoi alla vittoria, fronteggiando un Harden che, dal canto suo, è un po’ mancato in gara 3 e in gara 5, dando l’impressione che senza il giusto apporto suo e di Howard, Huston non vada tanto lontano. Huston si ferma dunque sul più bello, Golden State si contenderà l’anello con i Cavaliers.

Golden State Warriors:

Harrison Barnes 7,5: inizia molto bene la serie, un giocatore concreto che sa fare la cosa giusta al momento giusto, sia in attacco che in difesa. Si prende una pausa in gara 3 dove non va a referto, ma poi decide di contribuire anche lui alla vittoria della serie e infila 24 punti in gara 5. Non un giocatore plateale, ma decisivo sia dalla lunga distanza che dalla media.

Draymodraymondgreennd Green 8: grinta, esplosività, tenacia: tre parole per descrivere la serie di questo giocatore che da gregario trascina i suoi alla vittoria finale. 12.2 rimbalzi di media a partita in questa serie per un ragazzo che in attacco, molte volte, risolve situazioni difficili e in difesa tiene fisicamente quasi tutti, anche quando chiamato a fare gli straordinari. E’ in ottima forma e vedremo se sarà un fattore anche per la vittoria finale.

Andrew Bogut 7: instaura un duello con Howard dal primo minuto di gara 1 all’ultimo minuto di gara 5. Molte volte lo vince, anche se meno atletico ed esplosivo dell’avversario, fa sempre la cosa giusta per aiutare i compagni. Soffre un po’ i troppi falli commessi, ma anche lui diventa un fattore soprattutto in difesa, dove molte volte è una vera e propria diga. Gara 2 e gara 3 da incorniciare.

Klay Thompson 7,5: degno compagno di Curry, quando il numero 30 lascia il parquet, sale in cattedra lui a suon di triple e penetrazioni fulminanti. In gara 5 tentano anche di fermalo con una ginocchiata sull’orecchio, ma il Thompson di questi playoffs, e di tutta la stagione regolare, difficilmente si ferma. Unica pecca: forse un po’ troppi palloni persi, soffre un po’ fisicamente le guardie di Huston, anche se, saggiamente, capisce di dover giocare in velocità e lo fa benissimo per tutta la serie.

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Steph Curry 9: 156 punti in 5 gare, 31.2 punti di media a partita. Leader indiscusso in casa Warriors,
nessuno riesce a fermarlo, Terry e Prigioni escono dal campo con il mal di testa. Quando in gara 4 cade malamente e rimane a terra per qualche minuto, Golden State trema. Ma lui si riprende subito e, in gara 5, ritorna a disegnare basket, con alcuni assist da vedere e rivedere dieci volte. Migliore prestazione in gara 3, dove segna 40 punti con un 7/9 da tre che fa inchinare anche il solido James Harden. Qualcuno annotava: nel miglior quintetto della stagione regolare ci sono Curry, Harden, James, Davis e Marc Gasol; Curry ha battuto Anthony Davis ai quarti, Marc Gasol in semifinale e James Harden in finale di Conference. Ora gli manca solo un “compagno” di quintetto.

Andre Iguodala 6,5: non al meglio, parte dalla panchina e non sempre è lucido. E’ però forte fisicamente ed esperto: sesto uomo di spessore per Golden State che alle Finals avrà bisogno anche di lui per scardinare James e compagni.

David Lee 6: una sufficienza molto politica perchè, in realtà, gioca poco, anche se per i pochissimi minuti in cui viene chiamato in causa risponde presente. Meglio averli in panchina questi giocatori: anche per due minuti potrebbero rivelarsi utilissimi.

Shaun Livingston 6,5: essere il secondo playmaker dietro a Steph Curry non è da tutti e magari è una cosa che potrebbe mettere anche in soggezione e difficoltà. Invece si dimostra sempre pronto quando viene chiamato in causa, gioca anche in coppia con Curry e non disdegna: 18 punti in gara 1 la sua migliore prestazione.

Festus Ezeli 6,5: Bogut ha problemi di falli, viene preferito lui a Lee e la scelta non delude le aspettative. Cinico, sempre nel vivo del gioco, sfrutta il maggiore dinamismo rispetto all’australiano per recare danni alla difesa avversaria. Segna con continuità e, per l’anello, anche lui potrebbe rivelarsi una sorpresa non da poco.

Leandro Barbosa 6: non male per l’esperto brasiliano classe 1982, non gioca molto perché quasi sempre gli viene preferito Livingston. Ma da giocatore esperto qual’è, sa sempre dove mettersi e cosa fare. Non è un caso che in gara 4, con l’assenza temporanea di Curry, segni 12 punti.

Holiday, McAdoo, Rush s.v.: solo 4 minuti scarsi per loro, troppo poco per un voto in pagella.

Steve Kerr 8: c’è da chiedersi, cosa serve l’allenatore quando hai dei giocatori come Curry e Thompson? Domanda lecita, anche se Kerr si dimostra ancora un ottimo allenatore, con un futuro roseo davanti. Mette in piedi una squadra intorno a Curry, una squadra che sa giocare anche quando il numero 30 gialloblu è seduto in panchina. Si è laureato campione ad Ovest, ora vedremo se riuscirà ad avere la meglio sul più esperto Blatt.

 

Houston Rockets:

Trevor Ariza 6: la sufficienza è la media tra il 7,5 per il suo contributo in attacco e il 4,5 per la sua non difesa; soffre troppo la velocità degli esterni di Golden State. Houston puntava molto sul suo apporto, che si è però dimostrato altalenante e poco continuativo.

Josh Smith 6,5: la sorpresa di questa serie, l’unico che con Harden e Howard cerca di allungare queste finali di Conference. In gara 4 è chirurgico e trascina i suoi alla vittoria che dà speranza; nelle altre partite è sempre presente ed è l’ultimo a mollare. Se ci fossero stati altri 2-3 elementi come lui tra le fila dei Rockets, forse la serie sarebbe stata più lunga.

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Dwight Howard 6,5: sotto le plance c’è solo lui, 14.4 rimbalzi di media a partita. Le schiacciate sono tutte sue: si innervosisce un po’ troppo nei momenti cruciali e forse è proprio qui che fallisce. Fisicamente non è al top e non può essere neanche lontanamente paragonato al meraviglioso giocatore di qualche anno fa, anche se chiunque marchi Howard può trovarsi in difficoltà. Prima Jordan, poi Bogut ne sanno qualcosa: il primo ha dovuto soccombere, il secondo ha trovato le contromisure e da quel momento Howard non è stato più così decisivo.

James Harden 6,5: indubbiamente non si può non dargli la palma di migliore dei suoi, in alcune occasioni. Capitalizza tutti i palloni che gli passano in mano, ad un certo punto decide anche di mettersi a difendere. Forse in gara 2 commette l’errore che compromette la serie perdendo palla nell’ultimo possesso sul +1 Golden State; cerca di rifarsi in gara 4 ma è ormai troppo tardi. Sbaglia completamente gara 5, segnando 14 punti (2/11 al tiro) e perdendo 13 palloni, record di sempre dei Playoffs. Lui da solo non basta per l’anello.

Jason Terry 5,5: non una grande serie, da un giocatore esperto, come lui è, ci si aspetta sempre quel qualcosa in più non tanto in fase di realizzazione, ma in fase di organizzazione del gioco e dell scelte. Dal Jet tutto ciò non arriva e, dopo non aver brillato contro i Clippers, lo stesso accade in queste finali di Conference. Houston puntava molto su di lui, fallendo.

Pablo Prigioni 6: non male quando viene chiamato in causa, difende anche bene su Curry e chiunque gli passi davanti. In attacco è molto timido, non sempre deciso nelle scelte. Non dà le certezze che un playmaker “di striscia”, come è lui, dovrebbe dare.

Clint Capela 5: inizia abbastanza bene in gara 1, che potrebbe essere il preludio per una serie positiva. Poi sparisce completamente, nonostante giochi per un buon minutaggio, in sostituzione di Howard. Non è proprio della stessa pasta del centro ex Orlando Magic.

Corey Brewer 5,5: un sussulto in gara 3 che fa ben sperare, poi il vuoto di gara 4 e un altro sussulto in gara 5 quando però, ormai, non c’è più niente da fare.

Dorsey, McDaniels, Johnson, Papanikolaou s.v.: troppo pochi minuti per dare un voto a questi giocatori.

Kevin McHale 5: la serie non è mai in discussione, anche per colpa sua. La differenza con Kerr sta nel fatto di non aver creato intorno all’asse Harden-Howard una squadra in grado di sostenere la manovra dei Rockets, troppo dipendente dal Barba e dal centro ex Magic. Discutibili anche alcune decisioni a partita in corso, in una stagione che poteva essere quella della volta buona per Houston.

Redazione BasketUniverso

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