Virtus Bologna: preludio di un fallimento annunciato

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OBIETTIVO LAVORO BOLOGNA voto 4

Finale di stagione 2014-2015: ottavo posto, playoff (poi persi in 3 partite contro Milano, prima della classe). Stagione 2015-2016: ultimo posto e retrocessione in A2, prima retrocessione sul campo della storia della Virtus Bologna. Quanto può cambiare in un anno, in una stagione, in un campionato che mai come quello di quest’anno è stato strano per tutti. Paradosso? La Virtus dell’anno scorso aveva, come obiettivo massimo, la salvezza; la Virtus di quest’anno aveva, come obiettivo minimo, la conferma dell’ottavo posto.

Poche parole, poche righe per delineare una una delle pagine più brutte e buie della Virtus e, in generale, della pallacanestro italiana. Chi se lo sarebbe aspettato? Ebbene nessuno, perché i presupposti per fare bene, se non meglio dell’anno passato, c’erano tutti: la conferma dell’allenatore, Giorgio Valli, e la conferma di capitan Ray, Gaddy, Mazzola e Fontecchio, pilastri portanti della Virtus 2014-2015. Una stagione iniziata male e finita ancora peggio per i tifosi bianconeri: poche certezze societarie e quelle poche certezze di squadra che, via via, sono andate scemando durante tutto l’arco della stagione. Una squadra, quella di quest’anno, costruita interamente dall’allenatore e dal general manager, Crovetti, senza il supporto di un direttore sportivo o comunque qualcuno esterno allo staff tecnico che avesse esperienza nel campo. Da qui in poi non poteva che peggiorare: l’infortunio di Allan Ray, incerto e misterioso fino all’ultimo, ha gravato sulla squadra e non solo. Molte partite giocate con un americano in meno e molti passi falsi della società riguardo ai sostituti: Fells, Hasbrouck, molto poco utili alla causa, e solo quasi sul “gong” della stagione Collins, che ha evitato, nel finale di campionato, di arrivare già a 2-3 partite dalla fine con la retrocessione in tasca. La scelta di ruotare la squadra intorno ad un lungo “di peso”, Pittman, non ha dato abbastanza i suoi frutti: un’idea non adatta al basket italiano attuale. Poi tutte le vicissitudini societarie: gli addii, poco volontari, di “pezzi grossi”, Villalta, Consolini, Terrieri, che con la Virtus nel cuore avrebbero potuto, a loro modo, salvare qualcosa. Un fallimento, anche, dell’idea della Fondazione a capo della società: un componimento societario che richiede soltanto una quota iniziale con il non obbligo per i soci a contribuire nell’arco di tutto l’anno. E come in tutte le cose, d’altronde, se il re non sta bene il popolo ne risente e l’effetto domino è dietro l’angolo: incertezze in società, incertezze in campo e incertezze anche in panchina, con un allenatore, Valli, mai esonerato e mai sfiduciato in modo palese ma paradossalmente sempre sulla graticola (soprattutto dopo sconfitte come quelle di Capo d’Orlando o Pistoia). Tutti questi fattori che, dunque, non hanno potuto trasmettere alla squadra serenità e spirito di sacrificio necessari per raggiungere quell’obiettivo che, nel corso della stagione, ha cambiato nome in salvezza.

virtus bolognaLa Bologna bianconera, con i suoi tifosi che sempre e dovunque hanno supportato la squadra, ora aspetta e rimane alla porta: l’11 maggio la riunione di Fondazione per saperne di più sul futuro societario e, quindi, anche sulla prossima stagione. Una prossima stagione in A2 che, in ogni caso, non è ancora certa: in caso di fallimento o non iscrizione al prossimo campionato di qualche squadra, ecco che ci sarebbe il ripescaggio per la Virtus Bologna. Ripescaggio e Virtus Bologna, due parole che nella storia del basket italiano non vanno molto d’accordo, così come retrocessione. Ma come in tutte le cose, chiuso un capitolo se ne aprirà un altro: “BasketCity” è morta, sperando che rinasca non in tre giorni, ma comunque in 2-3 anni.

Redazione BasketUniverso

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