Williams, Felton, Barea: Dallas risparmia sui compleanni

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Una simpatica coincidenza contraddistingue il backcourt dei Mavericks…

deron williams
Deron Williams è il nuovo playmaker di Dallas.

Nella pallacanestro moderna, il ruolo di playmaker è cresciuto di importanza seguendo una curva esponenziale. Oggi ci troviamo all’apice della rilevanza che questo ruolo ha in ogni squadra di NBA; il playmaker è il fulcro del gioco e per vincere bisogna passare da lui. Che si tratti di un passatore alla Chris Paul o di uno scorer alla Damian Lillard, senza un “creatore di gioco” non si va troppo lontani in questa lega.

José Calderon ha giocato nei Mavericks nella stagione 2013-14.
José Calderon ha giocato nei Mavericks nella stagione 2013-14.

Lo sanno bene i Dallas Mavericks, che dopo il primo e unico titolo del 2011 stanno vivendo anni caratterizzati da una penuria di successi nel basket che conta: ai playoffs puntualmente vengono fuori tutti i limiti dei Texani, che lasciano prematuramente la off-season da quattro anni a questa parte. Il minimo comune denominatore in queste quattro magre stagioni è l’assenza di un playmaker di livello. Partito il veterano Jason Kidd, infatti, a Dallas si sono susseguiti una serie di role-players di discreto livello nel ruolo di play, ma mai un giocatore in grado di far fare il salto di qualità alla squadra (Collison, Calderon, Fisher etc.).

La dirigenza dei Mavericks si è sempre mossa sul mercato nel tentativo di sopperire a questa lacuna nel backcourt, intavolando trade fantasiose e cercando di ammaliare free-agents di livello. Si potrebbe tranquillamente dire che i Mavs siano sempre rimasti con un palmo nella mano, ma in verità Cuban è anche riuscito a portare un playmaker campione in quel di Dallas, proprio nella stagione scorsa. Da Boston, via trade, è arrivato Rajon Rondo, fantasioso playmaker dei Boston Celtics e campione NBA nel 2008. Peccato che quella che sarebbe dovuta essere la stella della squadra abbia fatto saltare gli equilibri di una compagine che sembrava girare bene, trasformandola da mina vagante della Western Conference in un team da ennesima eliminazione al primo turno (4-1 contro i rivali storici di Houston).

La free-agency dei Mavs è stata caratterizzata dal ripensamento di DeAndre Jordan.
La free-agency dei Mavs è stata caratterizzata dal ripensamento di DeAndre Jordan.

Dato il benservito a Rondo nell’attuale, sfortunatissima free-agency, i Mavs sono ripartiti alla solita ricerca del Graal, ma forse questa era proprio l’estate peggiore per sperare di trovare Il Playmaker per antonomasia. E così la dirigenza texana ha virato su un obiettivo low-cost; quel Deron Williams tanto cercato nel 2011, quando usciva da Utah con la nomea di All-Star. Oggi Williams arriva a Dallas con ben altre aspettative dato che è uno dei giocatori che più ha deluso nella sua esperienza ai Brooklyn Nets, progetto ambizioso fallito miseramente pochi anni dopo la fondazione della franchigia. Williams entra in Texas con la fama di giocatore finito e, di conseguenza, le speranze (flebili) dei tifosi sono che il cambio di maglia possa risvegliare in Deron almeno una piccola fetta di quel talento che aveva illuminato la NBA ormai più di quattro anni fa.

C’è però un fattore positivo in tutta questa storia; un segno di buon auspicio. Una coincidenza bizzarra vuole che i tre playmaker sotto contratto con Dallas – Deron Williams, Raymond Felton (altro grande desaparecido) e José Juan Barea – siano nati nello stesso giorno: il 26 giugno del 1984. Tutti 31enni e tutti ben distanti dall’essere “il playmaker del salto di qualità”, Barea, Felton e Williams potrebbero essere assistiti dalla buona sorte, che li ha raccolti sotto lo stesso tetto dopo una lunga serie di peripezie che ha visto Felton e Barea girovagare un po’ per la NBA prima di approdare/fare ritorno a Dallas. Magari, pur non essendo All-Star, i tre giocatori in questione troveranno il giusto equilibrio a Dallas; la dimensione giusta per fare bene. E, chissà, magari spingere i Mavs più vicini all’exploit del 2011.

Cuban e i tifosi sperano che questa strana curiosità sia il segno di un allineamento stellare favorevole. In caso contrario, almeno si risparmierà sulla festa di compleanno con la squadra.
E voi, ci credete alle coincidenze?

Niccolò Armandola

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