27 anni di Daniel Hackett, un italiano venuto dall’America

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Oggi compie 27 anni quello che, probabilmente, è ad oggi il giocatore italiano più decisivo e discusso degli ultimi tempi. Infatti, nonostante la presenza di quattro azzurri nella lega dei campioni, Daniel Hackett ha trovato negli ultimi anni il modo di far parlare sempre di sé, sia nel bene che nel male.

Lui, che in America ha vissuto le delicate fasi dell’adolescenza e della giovinezza, quelle in cui si inizia a delineare la persona che sarai per il resto della vita, ha deciso di vivere, un po’ per scelta e un po’ per costrizione, la fase migliore della carriera in Italia, paese nel quale è nato e cresciuto. L’ottimo momento di forma, testimoniato dalle brillanti prestazioni in Eurolega, gli permette di affrontare questo compleanno con la giusta serenità, non senza che le scelte e gli errori del recente passato facciano sentire il peso delle loro conseguenze.

Procediamo però con ordine, rovistando nella carriera di un ragazzo che di esperienze di vita e cestistiche ne ha avute a bizzeffe; partiamo dunque dalle origini, cercando di privilegiare l’aspetto cronologico. Hackett nasce, per l’appunto, il 19 dicembre 1987 da Rudy Hackett, ex giocatore di Aba, e da sua moglie Katia, conosciuta ad Imola nel corso della sua carriera italiana. Daniel nasce così con il basket già trapiantato nelle vene per colpa, anzi, per merito di un padre protagonista nel nostro paese con le canotte di Livorno, Forlì, Sangiorgese e Reggiana. Le leggende narrano che Katia fosse ad Istanbul per seguire la carriera del marito Rudy ma, sapendo di dover partorire a breve, abbia preso il primo aereo per l’Italia, desiderando che suo figlio nascesse nel proprio paese. La città designata fu Folimpopoli, nell’attuale provincia di Forlì-Cesena. L’Italia nel destino dunque, così come il basket, visto che il padre insiste in maniera forte nel coltivare il proprio figlio d’arte. Fra provini di calcio falliti per colpa della pioggia e di scarpini inadeguati e tante aspettative sulle spalle, Daniel arriva nelle giovanili di Pesaro nel 2001, città nella quale papà Rudy aveva iniziato ad allenare e nella quale i genitori avevano deciso di risiedere stabilmente dopo la sua nascita. Il percorso è breve poiché, dopo appena due anni, il padre, ormai separatosi da mamma Katia, gli fa una proposta più che coraggiosa: seguirlo negli Usa, a Los Angeles. Evidentemente gli attributi non sono mai mancati all’attuale numero dodici dell’Olimpia, deciso a cambiare paese e vita a soli 15 anni. 

www.gazzetta.it        Hackett duella con Derrick Rose nel campionato Ncaa
 Hackett duella con Derrick Rose nel campionato Ncaa.

In California Hackett frequenta l’high school “St. John Bosco” di Bellflower, scuola cattolica di tutti maschi nel quale inizia a levarsi qualche soddisfazione della sua giovane carriera a stelle e strisce. Anche quest’esperienza finisce in maniera prematura come le giovanili a Pesaro; lascia infatti con un anno di anticipo il liceo per volare nella University of Southern California e disputare la prestigiosa Ncaa con la squadra locale, i famosi Trojans. Una compagine di grande tradizione, ma non di altrettanto successo, considerando che solo due volte è arrivata alle final four di Ncaa, mai uscendone vincitrice. Hackett è però un tipo a cui le imprese non banali stuzzicano e allora, già dal primo anno, riesce come freshman a rivelarsi uno dei migliori giocatori del suo college e a riportare la USC su livelli competitivi tali da poter reggere il confronto con i concittadini di UCLA, da sempre mietitrice di successi e dominatrice incontrastata della pallacanestro collegiale californiana. Gioca già oltre 21 minuti di media e assieme a compagni come Nick Young e Tay Gibson riesce nell’impresa di portare i Trojans fra le prime 16 d’America, permettendosi il lusso di eliminare nel secondo turno il Texas di tale Kevin Durant. La sua firma è quella di 20 punti e 8/10 dal campo, non male per un esordiente alle prese con un avversario destinato a diventare uno dei migliori giocatori del mondo.

I due anni successivi vedono un Hackett ovviamente più maturo e più pronto a caricarsi la squadra sulle spalle; anche la USC si rafforza in maniera esponenziale, sostituendo il draftato Nick Young con il mitico O.J Mayo, attuale guardia dei Milwaukee Bucks mai esplosa definitivamente in Nba come i suoi numeri nel liceo e nel college lasciavano presagire. Peccato che Mayo abbia tanto talento quanta presunzione e carattere difficile: inevitabile il contrasto con una personalità forte come lo stesso Daniel. Il risultato non è però confortevole all’italiano che, in allenamento a settembre, subisce un pugno dalla nuova star della squadra e ci rimette la mandibola. Pausa obbligatoria e tanta rabbia accumulata che trova comunque il modo di sfogare. E’ il 17 novembre del 2007 e Hackett, alla sua seconda presenza dopo il lungo stop contro South Carolina, viene deriso dal pubblico avversario che mima il gesto di un pugno. Il ragazzo dalla faccia tosta risponde con 22 punti, 10 rimbalzi e 10 assist, una tripla doppia non normale visto che fu la prima della storia di USC e che venne messa a segno in un momento di precaria condizione fisica, con tanti kg sotto il suo peso standard per l’impossibilità di mangiare normalmente data la mandibola rotta. Pochi giorni dopo arrivò anche il career high contro Washington grazie alla bellezza di 26 punti. Non sarà la prima volta in cui avrà la capacità di emergere dopo un momento buio.

Hackett e Brown, coppia decisiva per l'ottavo scudetto senese
Hackett e Brown, coppia decisiva per l’ottavo scudetto senese

Dopo un’uscita al primo turno nella March Madness, si appresta a iniziare quello che, nelle sue intenzioni, deve essere l’ultimo anno collegiale prima del salto ai piani superiori. Ormai è un leader affermato della squadra e coach Tim Floyd lo apostrofa come “ottimo tiratore di liberi e assistman, con delle giocate da campetto e molto bravo in difesa”. C’è tutto in queste parole, dalla capacità innata di Daniel di guidare i suoi compagni a quel pizzico di follia che sempre lo segnerà, dentro e fuori dal campo. Con la nuova stella della squadra DeMar De Rozan, USC riesce per la prima volta nella storia a vincere la propria conference, anche se il vero appuntamento con il mito non si concretizza di nuovo. Nella March Madness c’è una nuova delusione ed Hackett decide di rendersi eleggibile per il draft del 2009. Il basket dei piani alti gli sbarra la strada ed è qui che nasce la seconda storia italiana del nativo di Forlimpopoli.

Il primo anno a Treviso è un calvario, la giovane e promettente star venuta dall’America non rende secondo le attese. La soluzione? Respirare l’aria di casa. La stagione successiva si trasferisce a Pesaro; si torna nella squadra in cui tutto aveva avuto inizio e della quale seguiva i risultati dall’altra parte dell’oceano, nella città di cui conservava l’accento e che gli era sempre mancata, nonostante Hollywood, Beverly Hills e la spiaggia di Santa Monica. I risultati premiano questo ritorno all’ovile: Hackett esplode nei due anni a Pesaro e inizia a prendersi quel palcoscenico nazionale dal quale non scenderà mai. Miglior giocatore italiano del 2011, Mvp dell’All Star Game del 2012 e uno dei segreti di quella straordinaria Pesaro capace di arrivare nello stesso anno alle semifinali scudetto, perse contro una Milano troppo superiore.

Per il tricolore sarà solo questione di tempo, poco tempo. Daniel non ha più bisogno dell’aria di casa per sentirsi grande e accetta la corte della Montepaschi Siena. Un guerriero di animo vincente alla corte della squadra più predisposta al successo che ci sia. La sfida sembra facile, ma i toscani non sono la ciurma irresistibile dell’era di Pianigiani. La stagione è altalenante e arrivano più sconfitte in pochi mesi che nei 6 anni precedenti. C’è però un aspetto che accomuna il numero 23 alla sua squadra, il saper tirar fuori il meglio di sé nel momento in cui tutto sembra più complicato. Hackett è perfetto per la mentalità senese e difatti guida la compagine alla conquista di Coppa Italia e campionato, il tutto da Mvp. Impressionante come riesca a venir fuori con prepotenza nel momento in cui le poste in palio contano davvero.

www.ilrestodelcarlino.it Hackett e Pesaro: un rapporto straordinariamente intenso.
Hackett e Pesaro: un rapporto straordinariamente intenso.

Caratteristica che non perde nemmeno a Milano. L’Olimpia, alla disperata ricerca di una mentalità vincente che vada oltre il nome dei singoli giocatori, lo prende dall’acerrima rivale approfittando del suo bisogni di liquidi. Hackett lascia Siena con le lacrime, le stesse, ma di gioia, che farà venire ai tifosi meneghini. Il suo arrivo sistema ogni tassello fuori posto delle red shoes e lo proietta a equilibratore fondamentale per Banchi. Milano agguanta 21 vittorie di fila, si dimostra implacabile in campionato e straordinaria in Europa dove infila imprese su imprese. La situazione peggiora al tramonto della stagione quando l’Olimpia rischia di vedere sfumare tutto. Daniel non è a posto fisicamente e si fa trascinare dalla mediocrità di una squadra che non sa far valere la propria forza quando conta per davvero. Le red shoes sono però talmente forti che, dopo le più incredibili peripezie, arrivano alla fatidica gara 7 contro Siena. Prendere o lasciare. Hackett prende in mano la squadra nei minuti finali e con palle rubate, assist e punti fondamentali regala la perla numero 26 all’Olimpia dopo 18 anni di digiuno. Ancora una volta l’odore della vittoria è riuscito a catturare e a trascinare verso di sé le narici troppo sensibili dell’ex losangelino. Quando sei troppo in alto però, come si suol dire, si può solo scendere e il baratro accoglie il nostro festeggiato appena un mese dopo l’ennesima impresa compiuta. 

Eccolo, il peso di quelle conseguenze cui parlavamo all’inizio. Hackett se ne va senza permesso dal ritiro triestino della Nazionale con la scusa che non si vogliono prendere in considerazione le sue carenti condizioni fisiche e i suoi acciacchi. La Fip non ravvisa nulla di ciò e Daniel si taglia le gambe da solo. Una fuga di cui nessuno sa nulla, un chiarimento tramite social e un pentimento troppo tardivo e non troppo convinto. La lettera dei compagni, il deferimento e la tremenda squalifica si abbattono come macigni su di lui. Qualcuno crede se si sia capace di rialzarsi. Sono coloro che non lo conoscono bene. L’anno prima Petrucci lo aveva apostrofato come un signor nessuno per aver deciso di non partecipare all’Europeo (causa infortunio) e lui, in risposta, aveva deciso di aggiungere il terzo trofeo e il terzo premio di Mvp consecutivi con la Supercoppa. Stavolta ci ha messo più tempo a riemergere: c’è voluto un buzzer contro il Bayern Monaco e una prestazione monstre contro il Panathinaikos. Hackett è tornato nella dimensione che gli calza a pennello, quella di vincente e di uomo decisivo. Si è sdebitato con Milano che non gli ha tolto la propria fiducia e gli ha dato un sostegno al quale aggrapparsi. Ancora una volta però, la compagine lombarda si è trovata nelle condizioni di doverlo ringraziare.

www.gazzetta.it Hackett ascolta Pianigiani. Quest'estate ci sarà la definitiva riappacificazione?
Hackett ascolta Pianigiani. Quest’estate ci sarà la definitiva riappacificazione?

Il vero debito se lo dovrà togliere con la Nazionale. Per tentare l’impresa nella prossima estate c’è bisogno di lui, e per uno la cui madre ha preso un aereo per farlo nascere in Italia, per uno che ha fatto un europeo under 20 contro il volere del padre mentore che lo voleva far riposare dopo la sua stagione da freshman, per uno che ha deciso di rinunciare al suo sogno americano per dettar legge nel nostro basket, sappiamo che la maglia azzurra non sarà mai un peso, ma soltanto un grandissimo onore.

Tanti auguri Daniel.

 

Bernardo Cianfrocca

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