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3 agosto: 18 anni fa l’impresa “favolosa” dell’Italia contro Team USA

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C’era una volta, in un regno molto molto lontano…“. Di solito le favole che ci raccontavano da bambini iniziavano in questo modo. Invece questa ha una precisa collocazione spazio-temporale e, soprattutto, per quanto possa apparire incredibile, è una storia vera, realmente accaduta e vista, in diretta, ma anche svariate volte in replica, l’ultima delle quali questa mattina, da chi sta per raccontarvela in Italia.

Luogo: Koln Arena, Germania.
Data: 3 Agosto 2004, esattamente 18 anni da oggi.

Esattamente 18 anni fa, davanti a 14mila spettatori, andava in scena una delle pagine più gloriose della pallacanestro italiana. Lì, in Germania, gli Azzurri di coach Recalcati surclassavano (e lo diciamo senza esagerare) gli Stati Uniti, seppelliti sotto 17 punti di scarto. Il 95-78 rifilato dalla nostra Nazionale a quella americana significava per gli Usa la quarta sconfitta da Barcellona ’92, quando vennero impiegati per la prima volta i professionisti della NBA, la prima amichevole persa dal Dream Team e il più ampio scarto subito nella sua storia. Per l’Italia cestistica invece significava gli onori della storia, un’impresa che sarebbe rimasta negli annali dello sport tricolore, una favola che si avvera.

Come tutte le favole, anche questa ha un prologo

Un prologo non proprio tranquillo da una parte e dall’altra. Dalla nostra tenevano banco la sconfitta della sera precedente contro la Germania di Nowitzki e l’esclusione di Alessandro “Picchio” Abbio e di un emergente Stefano Mancinelli dalla lista dei 12 per le Olimpiadi. Dall’altro lato, invece, l’argomento caldo sono James, Stoudemeire e Iverson esclusi dalla partita con Portorico per motivi disciplinari e una presunta lite fra “The Answer” e coach Brown.

Pensavamo di prenderne 60…

La Nazionale sul podio olimpico conquistato dopo qualche settimana (basketdiabete.it)

Come in ogni impresa del genere, anche questa è arricchita da numerosi aneddoti, sulla cui veridicità non metterei la mano sul fuoco, ma che contribuiscono a conferire quell’alone leggendario che è d’obbligo in certe circostanze. Gli stessi protagonisti dell’Italia narrano che prima della partita, negli spogliatoi, si facevano previsioni sullo scarto che sarebbe maturato a fine gara: uno dei migliori “cavalieri” di quella serata, quel Gianmarco Pozzecco che la NBA l’aveva sfiorata in una Summer League giocata e vissuta a suo modo, riferisce che Bulleri, inguaribile pessimista, parlava di un sessantello, mentre un membro della squadra venne mandato a farsi… “benedire”, quando parlò di possibilità di chiudere con meno di 20 punti di differenza. Alla fine quel visionario non ci andò tanto lontano, solo che confuse vincitori e vinti.

Charlie credeva nella sua Italia

Probabilmente il ct Recalcati sorrideva sornione sentendo i suoi ragazzi e respirando il clima pre-partita, riguardo il quale dichiarerà che gli sembrava di essere a un’esibizione degli Harlem Globtrotters, dove un avversario era necessario, ma nessuno lo considerava. Charlie non osava sperare nello scalpo eccellente ma era sicuro che i suoi avrebbero evitato la figuraccia, sia perché aveva preparato la partita in maniera eccellente sotto il punto di vista tattico, sia perché intravedeva nei suoi ragazzi quel “fuoco” che si sarebbe definitivamente acceso da lì a qualche ora e che li avrebbe portati a una meravigliosa medaglia d’argento olimpica meno di un mese dopo.

Sul divano come a Colonia

Il prepartita di un ragazzino in Italia che aspetta l’inizio della gara sul divano con suo padre è molto simile: nonostante l’indole patriottica che mi porto dietro fin da bambino, non osavo immaginare nulla di meglio che una sconfitta dignitosa per la “mia” Nazionale, mentre il genitore, che di pallacanestro ne aveva vista più di me, commentava sornione “la palla è tonda, stai a vedere”.

L’Italia inizia malissimo…

Alex Righetti lotta per il pallone, a Colonia diede la scossa nel primo quarto. (elbabasket.altervista.org)

L’avvio non è esaltante, come in ogni favola che si rispetti ci sono delle difficoltà iniziali: Gek Galanda ha due falli dopo 90″, Iverson e Marbury orchestrano il gioco e gli americani ci saltano letteralmente sopra a rimbalzo d’attacco. Il nostro primo canestro dal campo lo insacca Gianluca Basile dopo più di 4′, successivamente arriva dalla panchina un alfiere straordinario come Alex Righetti, che infila tripla e jumper per il 13-9 azzurro. A questo punto il deus ex machina Recalcati ordina la zona 3-2 per imbrigliare i Monstars avversari, che si vedono anche colpiti da due triple firmate da Basile e da un altro onesto mestierante come Nikola Radulovic. Si va al riposo sul 23-14, mentre i 14mila della Koln Arena iniziano a stizzirsi, in attesa che gli Americani comincino a fare sul serio.
L’umore del pubblico migliora appena si vedono sul campo James e Anthony, i due attesissimi rookies chiamati a dominare la lega negli anni avvenire. Anche l’Italia si ferma un attimo a guardare i due prodigi e così un altro giovane, Amar’e Stoudemire, ne approfitta per riportare i suoi a contatto.

Non dimenticatevi che è una favola

Questa, se ve lo foste dimenticati, è una favola ed in tutte le favole l’avvenimento incredibile è dietro l’angolo: accade così che il livornese Luca Garri si produca in uno stacco imperioso per stoppare proprio Stoudemire, prima di tornarsene in panchina e lasciare il posto, da fido scudiero, a Galanda. Il neo campione d’Italia con Siena firma quelli che sono tra i minuti più esaltanti della sua gloriosa carriera: due triple, jumper, liberi e un canestro su assist delizioso del Poz valgono 14 (!) punti consecutivi, che oscurano le giocate di Anthony e Marion e mandano i nostri negli spogliatoi sul 35-41. Il canestro finale di Iverson arriva dopo la sirena, a causa dei secondi persi dai suoi compagni nel tentativo di chiamare time-out dopo il rimbalzo difensivo, un episodio che riassume il pomeriggio storto di Team Usa.

Quanto saremmo voluti essere nello spogliatoio dell’Italia

Lo confesso, pagherei di tasca mia per vedere l’atmosfera dello spogliatoio azzurro nell’intervallo: probabilmente Bulleri metteva tutti in guardia dalla veemente reazione americana nel secondo tempo e Recalcati teneva tutti sulla corda, mentre Galanda e Basile si leccavano i baffi pregustando l’impresa, il Poz pensava a cosa inventare di lì a poco e in un angolo il buon Rodolfo Rombaldoni (il cui ruolo in quella estate è paragonabile a quello di Simone Barone nel 2006) si guardava intorno un po’ spaesato. Sul divano di casa mia mi dovetti accontentare però di un Cucciolone e dei commenti di mio padre sull’importanza del gioco di squadra e della voglia di vincere in questo sport: semplice ma incisivo, aveva ragione su tutta la linea.

Basile incredulo (buddysbasketballdiaries.blogspot.com)

Al ritorno in campo si vede subito che gli avversari hanno un’altra faccia, ma a tenerli a debita distanza ci pensano due bombe di Basile e Bulleri. Il Dream Team comunque ora gioca sul serio, pressando a tutto campo e appoggiandosi a un ottimo Duncan, ma le infrazioni di passi fermano l’avanzata americana. L’Italia però mostra una circolazione di palla fantastica, con ricerca quasi maniacale dell’uomo libero tramite il penetra e scarica;  il tutto orchestrato alla perfezione da Pozzecco.

L’eroe d’Italia Gianluca Basile

Oltre al lavoro dei compagni però, il protagonista di questa parte della storia, Gianluca Basile, ci mette molto del suo: due delle quattro bombe insaccate nel quarto sono frutto dell’uscita da blocchi perfetti, le altre sono due “tiri ignoranti”, le conclusioni senza ritmo da distanza siderale che sono il marchio di fabbrica del Baso. Sono vani i tentativi di un certo Lebron James, schierato su di lui in questo periodo, per cercare di contenerlo: quel pomeriggio, signori miei, Basile avrebbe segnato anche tirando bendato dagli spogliatoi. Mentre il babbo mi ricordava che “i fenomeni non giocano solo in America” e si sforzava di mantenere il contegno davanti a questo spettacolo, io avvertivo che stavo assistendo a un’impresa storica che si stava materializzando.

Il “pazzo” Gianmarco

Pozzecco contro Iverson, quel giorno nettamente sconfitto. (www.vaxgelli.it)

Nell’ultimo quarto sale in cattedra quello che, nonostante non giocasse in “America”, era ed è tutt’ora l’idolo del sottoscritto: la Mosca Atomica, Gianmarco Pozzecco. Il triestino inizia smazzando un assist al bacio per il solito Galanda, il quale non se lo fa ripetere e insacca da dietro l’arco; nel corso del quarto solo Anthony tenta di tenere lì i suoi ma i siluri di Basile e Galanda affondano la nave americana.

Non ci fermano più

Gli Usa sprofondano costantemente sotto le 15 lunghezze di vantaggio, mentre il Poz prima porta a scuola Marbury, poi irride quell’Allen Iverson che prima del match, interrogato sul play italiano, aveva risposto “Pozzecco chi?”. Lo batte in velocità, segna in lay up subendo fallo e poi si inchina al pubblico tedesco, che ora non canta più “iu es ei” ma sostiene gli Azzurri. Si narra (altro aneddoto curioso ma tutto da verificare) che dopo la contesa il Poz abbia ricevuto la chiamata di Danilovic, che gli intimava scherzosamente (ma non troppo) di non emulare mai più il “suo” inchino. Tornando al campo, la sfida parla di un Dream Team frastornato, che arriva anche a – 24 con 100″ da giocare, prima di limitare i danni con Anthony e di assistere alla standing ovation tributata ai protagonisti azzurri, che usciranno vittoriosi per 95-78.

La “Pearl Harbor” di Team USA

Dopo la partita Larry Brown, non esattamente l’ultimo dei somari visto che aveva appena vinto il titolo NBA coi Pistons, parla senza mezzi termini di una “lezione” e di non avere una “squadra”, ma solo una “lista di nomi”; chi meglio di lui potrebbe dirlo, visto come aveva battuto i Lakers pochi mesi prima? Anche la stampa statunitense non ci va giù leggera, per i media americani la sconfitta è una vera e propria “Pearl Harbor”, mentre i servizi di approfondimento su Basile e Galanda, ora considerati prospetti Nba dopo aver insaccato rispettivamente 25 e 28 punti, si accompagnano a quelli di critica al Dream Team. Gek qualche anno più tardi dirà che ci furono davvero dei contatti con la lega americana per lui e il Baso, ma che i due preferirono rimanere da questa parte dell’Oceano.

Una Colonia Azzurra

Mentre i 14mila di Colonia applaudivano i nostri e fischiavano gli Americani, gli appassionati di tutta Italia, che si erano sintonizzati su Sportitalia più con curiosità che con speranza e per la la maggior parte molto assonnati a causa della “canicola” di Agosto, si stropicciavano gli occhi e si rendevano conto di aver assistito a un’impresa da tramandare. Contemporaneamente, un ragazzino e il padre davanti alla tv, si guardavano negli occhi lucidi e tentavano a stento di trattenere la commozione, che aveva preso il posto dell’esaltazione. La favola era finita, il finale era il più lieto possibile, i giganti (buoni) erano stati sconfitti da dei piccoli “Davide” con un cuore immenso.

Oggi, a 18 anni di distanza, nonostante tre italiani nella NBA, guardiamo indietro con nostalgia. Oggi, almeno per oggi, possiamo concederci di pensare solamente a questa impresa incredibile e ricordarla con l’ammirazione che merita.

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