Ieri tutta Cantù ha celebrato il ritorno di Vladimir Micov, punto cardine della formazione di Trinchieri dal gennaio 2010 al giugno 2012, quando ha deciso di provare a vincere qualcosa di importante, accettando la chiamata arrivata dal Cska di Ettore Messina.
Era un freddo inverno, uno dei più freddi che ricordi, e la società brianzola annunciò l’arrivo di questa ala serba che proveniva dal campionato spagnolo ma di cui si sapeva ben poco poiché non aveva militato in grosse squadre europee. Micov era stato chiamato a Cantù perché era stato tagliato, o per meglio dire, se n’era andato Othyus Jeffers, meteora che sentiva la mancanza di casa e subì quello che per i brasiliani è la saudade. Tutto sommato ha avuto ragione, perché è da parecchi anni comprimario in vari roster NBA e attualmente milita nei Timberwolves.
Alla presentazione disse che aveva scelto la maglia di Cantù perché coach Trinchieri l’aveva chiamato personalmente e gli aveva parlato in serbo di cosa volesse dire essere di Cantù e di come fosse la città poiché la stessa madre dell’attuale allenatore di Kazan ha le medesime origini di Vlado.
Ragazzo timido, di poche parole, come detto da Messina “sembra che stia sempre per svenire”, ma di personalità, e
anche la scelta della maglia numero 23 dimostrava come non fosse un giocatore qualunque; le prime impressioni si dice che sono sempre sbagliate, Micov è l’eccezione che conferma la regola.
Certo, l’inizio non fu dei migliori dato che non giocò alla prima uscita contro Varese perché in Serbia stavano festeggiando il Natale ortodosso, mentre Cantù andava a giocare contro i rivali storici e perdeva di 7 punti. La settimana dopo arrivò finalmente l’esordio per Vlado: sicuramente avrebbe potuto disputare una partita più “facile” rispetto a quella che si giocò al Pianella contro la Montepaschi Siena, la quale diede una batosta fragorosa ai brianzoli e vinse con un margine di 31 punti, 56 a 87. A quei tempi era così, quasi nessuno riusciva a chiudere con una solo cifra di scarto le partite contro Siena, quell’anno i toscani persero infatti solo due partite, contro Treviso e Roma.
A detta dello stesso Vlado il punto di svolta della sua carriera canturina fu un’amichevole contro Cremona, giocata al Pianella, quando riuscì a comprendere cosa Trinchieri volesse da lui e cosa lui avrebbe dovuto fare per mettere in condizione i compagni di rendere al meglio per vincere il maggior numero di partite possibili. Quell’anno chiuse con 11,5 punti,3,6 rimbalzi e 2,8 assist, aiutando la formazione brianzola ad arrivare quarta in campionato e a superare finalmente il primo turno di Playoff contro Bologna, cosa che al Pianella non vedevano molto facilmente, soprattutto perché Cantù si trovava spesso ad affrontare squadroni come la sopracitata Siena o Roma.
Micov non è uno di quelli che va sotto la curva tutte le partite o che ha bisogno di elemosinare applausi. Anche l’altra sera, prima
di ricevere il tributo dai tifosi, gli Eagles hanno dovuto inneggiare il suo nome: Vlado è così, un leader silenzioso, non ha bisogno di muovere le sue labbra per avere il consenso del pubblico, le sue mani fanno già più del necessario.
Il secondo anno a Cantù, Micov crebbe tantissimo e riuscì a riportare una finale scudetto che mancava in Brianza da 30 anni. Quell’anno i canturini si schiantarono nuovamente contro la corazzata senese ma riusciranno a strappargli una partita, portandoli a Gara 5: mai nessuna squadra ci era riuscita prima.
Con la conquista della finale Cantù si aggiudicò anche la partecipazione all’Eurolega 2011-2012, che avrebbe disputato al PalaDesio perché il Pianella non era a norma per i match di Eurolega. Come nel 1816 ci fu l’anno senza estate, si ricorda quella stagione canturina come l’anno senza playmaker perché l’unico di ruolo era Andrea Cinciarini, che non aveva ancora raggiunto la giusta maturazione che invece ha dimostrato quest’anno, portando la sua Reggio a vincere l’Eurochallenge a Bologna. Indovinate: chi si è alternato per buona parte della stagione con Cinciarini? Sì, proprio Vlado, che aveva ricoperto da giovane il ruolo di playmaker ma venne presto spostato da tre perché in quel ruolo era sprecato.
Micov lo disse sin da subito: lui sarebbe stato disposto a giocare da playmaker fin da ala grande, ma il suo ruolo preferito era quello di ala piccola per la sua buona visione di gioco e per la sua manina dall’arco dei 6 metri e 75.
Nell’estate 2012 Vlado lasciò Cantù ed fu uno dei momenti più tristi degli ultimi anni della squadra, forse solo dopo l’addio di Manu , due giocatori fenomenali, e quello che stanno facendo ora nelle rispettive squadre lo dimostra.
Al Cska Micov ha fatto il suo ed è diventato un campione affermato, vincendo subito un campionato russo e giocando
le Final Four, perdendo però in semifinale contro l’Olympiacos, pur avendo giocato una delle più belle partite di tutta la sua Eurolega, mandando a referto 12 punti.
Messina non lo fa mai partire in quintetto, è il suo sesto uomo di fiducia e sa che, quando entrerà, spaccherà in due la partita. Adesso “Vlado da Belgrado”, come lo chiamavano in quel di Cantù, è uno dei 10 migliori giocatori europei, pur non segnando tantissimo, ma trasmettendo ai propri compagni una grande tranquillità.
Micov è così: un leader silenzioso, un giocatore che “sembra possa svenire da un momento all’altro”, ma capace di dare sicurezza ai compagni e intimorire gli avversari : una volta può fingere di penetrare e fare arresto e tiro, mentre l’azione successiva compiere una penetrazione a canestro e appoggiare al tabellone due facili punti.
Si potrebbero raccontare centinaia di aneddoti riguardanti il trascorso di Micov a Cantù, ma la frase più significativa è la seguente: “A me non piace schiacciare in contropiede perché sprecherei soltanto energie, quindi appoggio semplicemente. Preferisco tenere quelle energie per una stoppata in difesa piuttosto che una schiacciata in attacco”.
Già, perché l’attacco ti fa vendere i biglietti, ma la difesa ti fa vincere le partite.
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