62 in tre quarti: la notte in cui Kobe spazzò via Dallas

Home Rubriche

Per il ritorno di Unstoppable, non potevamo non celebrare nuovamente Kobe Bryant, che solo due notti fa ha calcato per l’ultima volta da professionista un parquet NBA, lasciando il segno a suo modo, con 60 punti contro gli Utah Jazz. Per farlo ho deciso quindi di raccontare la partita in cui più emerse il suo dominio sugli avversari, forse anche più della serata da 81 punti contro Toronto. Sto parlando della notte del 20 dicembre del 2005, la notte in cui alla fine del terzo quarto di gioco il tabellino recitava così: 62 punti per il solo Bryant (95 totali per i Lakers) e 61 per tutti i Dallas Mavericks.

I Lakers di quella stagione erano in piena ricostruzione, dopo gli addii di Shaquille O’Neal e Phil Jackson che avevano regalato a Los Angeles 4 finali NBA e 3 anelli. La squadra era tutta nelle mani di Kobe Bryant ma il supporting cast lasciava molto a desiderare, tanto che la stagione 2004-2005, si concluse con un record di 34 vittorie e 48 sconfitte che non valse la qualificazione alla post-season. Dal Draft, i Lakers selezionarono alla posizione numero 10 Andrew Bynum, centro proveniente dalla High School di grandissima prospettiva. Il resto del roster rimase praticamente invariato, onorato dalle presenze di Smush Parker e dell'(in)dimenticabile Kwame Brown. Nonostante i due personaggi, Bryant aveva in testa solo un obiettivo, quello di vincere e di tornare ai Playoffs ma aveva solo un modo per riuscirci: prendere per mano l’attacco e segnare il più possibile. Quella stagione segnò il punto di svolta, forse la migliore di tutta la sua incredibile carriera: dimostrò, se ancora ce ne fosse bisogno, di essere una autentica superstar ma soprattutto cambiò il suo modo di relazionarsi con i media, il suo comportamento fuori dal campo venne apprezzato e riuscì così a trasformare i suoi critici in fan.

Si arriva così alla sera della partita: i Mavericks erano una delle migliori squadre a Ovest, guidati come oggi dal biondone tedesco col numero #41, e Kobe aveva qualche incentivo per fare bene: in particolare sulla panchina di Dallas, in veste di assistente, sedeva tale Del Harris che era stato un allenatore di Bryant durante il suo anno da rookie.

Odiavo Del, mi fece diventare matto. Ho sempre detto che, se mai avessi avuto la possibilità di vendicarmi, me la sarei presa. Del mi spingeva ad essere il più efficiente possibile per guadagnare minuti in campo. Gliene sono grato ora, ma mentirei se dicessi che non fosse parte della motivazione.

Si alza la palla a due e Bryant mette a referto i primi 2 punti della partita; il tabellino dovrà faticare parecchio. A fine primo quarto saranno 15 a cui se ne aggiungeranno 17 nei successivi 12 minuti. Ha già messo in mostra tutto il repertorio: tiro da 3, jumper dalla media, canestro in allontanamento dal post, tear drops e varie penetrazioni che spesso si concludevano con fallo e canestro. Dallas tuttavia è ancora in partita sul -10, nonostante i tanti errori di Jason Terry e Josh Howard che devono anche preoccuparsi di provare a limitare in qualche modo il numero 8 in maglia gialla. Provare si, perchè Bryant colleziona circa 15 tiri liberi, condizionati anche da un fallo tecnico ed uno antisportivo fischiati a Nowitzki e Howard, chiaramente frustrati per l’andamento della partita, e nell’ultimo minuto del terzo quarto segna 9 punti, compresa la tripla per i punti numero 60,61 e 62, il suo nuovo career-high in soli 33 minuti di gioco. Il punteggio è di 95-61 per i Lakers.

kobe-mavs

I 30 punti nel solo terzo quarto, rappresentano il nuovo record di franchigia, a soli 3 punti di distanza dal record di allora di George Gervin, superato di recente da Klay Thompson con 37.
Con la partita ormai in cassaforte, Phil Jackson toglie Bryant dal campo e nonostante i numerosi cori dei tifosi per rivederlo sul parquet, coach Zen conclude la partita con i panchinari, vincendo col punteggio di 112-90.

18/31 dal campo, 4/10 da 3, 22/25 ai liberi, 8 rimbalzi e 3 rubate, probabilmente la “riga” statistica più impressionante di sempre, considerati i 33 minuti impiegati per realizzarla. Non a caso, la proiezione sui 48 minuti, avrebbe portato Bryant a quota 84 punti, 3 in più dell’altra incredibile gara contro i Raptors, che avrebbe giocato di lì a qualche giorno. Chiaramente è pura speculazione, ma con una partita combattuta non mi sarei stupito se avesse toccato tale traguardo; o meglio, sarei rimasto a bocca aperta e avrei pensato ad un errore di trascrizione sul recap della partita. A memoria, non credo sia mai stata realizzata una prestazione simile (i 100 punti di Wilt non furono proprio il massimo esempio di dominio su un avversario; per 3 quarti forse si ma cliccando qui potrete leggere tutto su quella partita).

Un uomo che da solo, nella mediocrità generale di quei Lakers del 2005-2006, abbatte l’intero roster avversario: la seconda forza della Western Conference. What else?

Ci mancherai Kobe.

Lorenzo Simonazzi

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.