Alamo City, San Antonio, Texas

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San Antonio

San Antonio, capoluogo della contea di Bexar, è la seconda città più popolosa del Texas, dopo Houston.

Questa città è abbastanza vicina al confine messicano, circa 70.000 messicani si recano ogni giorno a San Antonio per lavoro.

Come dicevo, questo centro è influenzato dalla vicinanza del Messico, infatti il 58% della popolazione è di etnia ispanica, mentre il 31% appartiene alla fascia bianca e il 7% è costituito da afroamericani.

 Deve il suo nome a Sant’Antonio da Padova, la cui rincorrenza cade nel giorno del 1691 quando si insediò la prima spedizione del contingente spagnolo.

Il centro città è piccolo e visitabile ai turisti. La metropoli è attraversata dal canale Riverwalk, dove si può passeggiare lungo gli argini e sono presenti molti ristoranti, locali e negozi e si può pernottare su due grandi alberghi presenti lungo il canale.

Senza dubbio, il simbolo della città è Fort Alamo: quando fu costruita, nel XVIII secolo, era una missione spagnola utilizzata per convertire gli indigeni al cristianesimo, ma nel 1836, più precisamente nel bimestre febbraio-marzo, divenne famosa per l’assedio da parte dell’esercito messicano, che dopo 13 giorni sconfisse un valoroso manipolo di patrioti texani, che vennero uccisi tutti, ma saranno ricordati come eroi della patria.

Quello che possiamo visitare, è un edificio di dimensioni ridotte con un ampio cortile, dove si radunava l’esercito americano nell’800.

 San Antonio è soprannominata anche Military City USA, grazie alla forte presenza delle forze armate. Nei pressi della città sorgono le basi della USAF e di alcuni gruppi di fanteria della U.S Army.

Passiamo allo sport.

San Antonio è famosa per la squadra NBA, i San Antonio Spurs. Senza dubbio una delle squadre più vincenti dell’ultimo decennio e continua a predicare la pallacanestro, grazie al talento di Parker, Ginobili e Duncan e alla genialità di Gregg Popovich. Facciamo un salto indietro. La storia degli Spurs inizia a…Dallas.

Si, avete letto bene, a Dallas. Nel 1967 c’erano i Dallas Chaparrals, che militavano nel campionato ABA, inizialmente erano una squadra promettente, allenata da Cliff Hagan. Dopo due anni, esoneranono Hagan e entrarono in crisi. Furono pure accusati di razzismo, per la tendenza di privarsi di giocatori di colore per acquistare elementi bianchi. Nel 1973 la squadra fu venduta e si trasferirono a San Antonio, con la denominazione Spurs.

Tre anni dopo passarono nell’NBA, giocando un’ottima stagione (44-38), diventando una presenza fissa nei playoff, grazie alle gesta di George Gervin, l’idolo dei tifosi texani.

Nonostante i buoni risultati, non riuscirono a vincere un titolo e la dirigenza fu costretta a cedere Gervin ai Chicago Bulls. Iniziò un periodo di crisi, costellata da continue sconfitte.
La svolta arrivò nel 1987, quando ebbero la possibilità di scegliere per primi al draft. Pescarono l’ufficiale di Marina Militare, David Robinson. Però dovettero aspettare due anni per vederlo all’opera, doveva terminare l’impegno militare.

Nel 1989 finalmente Robinson entrò in campo. Vinse il premio Rooke dell’anno, segnando 24 punti di media e catturando 12 rimbalzi a partita.

Lì inizò una crescita, culminata con l’eliminazione nelle Finali di Conference, contro i campioni NBA, Houston Rockets, capitanati da Hakeem “The Dream” Olajuwon.

Da quella sconfitta, gli Spurs fecero marcia indietro. Una serie di stagioni negative, lontani dai playoff.

Ma nel 1997 iniziò la rinascita definitiva: selezionarono l’ala caraibica Timothy Theodore “Tim” Duncan. Sempre in quell’anno, il gm, Gregg Popovich esonerò il coach Bob Hill e ne prese il posto di head coach.

Nel 1999, finalmente, arrivò il primo titolo della storia, Tim Duncan e David Robinson erano devastanti, l’esperimento delle “Twin Towers” funzionava a meraviglia; riuscirono ad eliminare i Minnesota Timberwolves di Kevin Garnett, i Lakers di Kobe&Shaq, i Portland “Jail” Blazers e, infine, i New York Knicks, con un sonoro 4-1.

Duncan fu premiato come MVP delle Finals.

L’anno seguente non riuscirono il bis, per vincere il secondo titolo, dobbiamo avanzare di un altro anno. Nel 2003 batterono in finale i New Jersey Nets, guidati dal sorprendente Jason Kidd, nella nuova arena, l’At&T Center. Dopo le Finali, David Robinson si ritirò dall’attività agonistica.

Perso Robinson, gli Spurs fecero il miracolo al draft: con la 57° scelta,portarono in Texas la guardia argentina Emmanuel Ginobili, mentre due anni prima pescarono il talentuoso playmaker francese, Tony Parker.

Il 2004 è ricordato come il miracolo di Derek Fisher in gara5 delle finali di Conference. Riviviamo quei momenti:

“Lakers avanti di un punto a 10 secondi dalla fine, la passa passa nelle mani di Tim Duncan, che, marcato da Shaquille O’Neal, tirò con precario equilibrio e portò i suoi avanti 73-72, con 0.4 secondi da giocare. Sembrava finita, la panchina nero-argento festeggiava Duncan.

Invece, dopo una rimessa, Fisher realizzò un clamoroso tiro della disperazione, passato alla storia come uno dei gamewinner più clamorosi di sempre.”

Nel 2005 ritornarono in finale. I loro avversari erano gli aggueritissimi Detroit Pistons di Hamilton e Wallace. Il momento più epico è senza dubbio gara5, giocata a Detroit. Terminò 96-95, dopo un supplementare. A decidere la partita fu una tripla di Robert Horry a pochi secondi dal termine.

Dovettero però sudare per vincere i Pistons, dopo sette gare, l’MVP Duncan (da segnalare, comunque l’ottimo apporto di Ginobili, che secondo molti, meritava di più il premio di MVP) sollevò per la terza volta il Larry O’Brien trophy.

Dopo la parentesi negativa del 2006, vinsero in scioltezza le finali del 2007, eliminando in quattro partite i Cleveland Cavaliers dell’ottimo LeBron James.

Da quell’anno fino ai giorni nostri, si ripresenta la solita trama: devastanti nella regular season, ma arrivano cotti ai playoff e squadre giovani (vedi Oklahoma lo scorso anno) riescono a sconfiggerli senza faticare troppo.

Redazione BasketUniverso

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