All Star Game BEKO: tra pessima organizzazione e risultati scadenti

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Probabilmente siamo tutti abituati all’All Star Weekend, alla spettacolarità a stelle e strisce, a schiacciate superbe, niente difesa, eventi ben organizzati e copertura televisiva ottima. Siamo tutti abituati se si parla di NBA e di USA, ma se guardiamo invece all’Italia lo spettacolo è “leggermente” inferiore e l’All Star Game BEKO ne è stato il degno emblema, ma andiamo con ordine.

Ad Ancona si è svolta la “partita delle stelle” in un weekend di pausa dalla Serie A che, a conti fatti, forse sarebbe stata più interessante. L’evento è stato trasmesso sul sito ufficiale della Gazzetta dello Sport e in tv in chiaro, una volta tanto, su Rai Sport, nella giornata in cui il Presidente della Legabasket, Gianni Petrucci, ha fatto sapere di stare lavorando a un canale esclusivo per lo sport della palla a spicchi. Finalmente spazio al basket di qualità, giusto? Sbagliato. I primi minuti di diretta sono un’agonia con più interruzioni e il fastidioso messaggio “Le trasmissioni riprenderanno al più presto”. Problema risolto dopo poco.

La gara procede su ritmi lenti, tanto che verrebbe da chiedersi se quello che si sta guardando è un All Star Game o una normalissima partita di campionato pure bruttina. Il primo quarto si chiude sul 14-18 per la Nazionale, nella pausa corta va in scena il Festina Three Point Contest.

Si affrontano Stefano Gentile, Joe Ragland, Drake Diener e Amedeo Della Valle, ma non, come in stile NBA, uno contro l’altro, bensì in due semifinali. La prestazione di Diener è qualcosa di grandioso: il giocatore della Dinamo Sassari vince in finale contro Gentile segnando tutte le ultime 15 triple. Tutto normale? Niente affatto. La prestazione di assoluto valore dello statunitense viene oscurata da un grossolano errore: sulla maglia compare il nome scritto sbagliato, Deiner. Come una manifestazione del genere può essere presa sul serio se nemmeno si è in grado di scrivere correttamente i nomi dei partecipanti?

Il sassarese Drake Deiner
Il sassarese Drake Deiner

La partita sale di giri, pur non avvicinandosi lontanamente alla spettacolarità americana, pecca comprensibile vista anche la differenza di qualità, non facciamone una colpa. Durante l’intervallo, ecco il secondo evento, l’Acqua Vitasnella Slam Dunk Contest con tre partecipanti: Achille Polonara, JaJuan Johnson e Chris Roberts. Parte Johnson, che sbaglia tutte le proprie schiacciate ma, magicamente, la giuria giudica il tutto come un otto. C’è da aggiungere che il regolamento concederebbe a ogni partecipante tre tentativi, regola più volte violata nel corso della competizione. Segue Polonara, che realizza al secondo tentativo una schiacciata che viene giudicata come un nove (differenza di un solo voto tra una schiacciata realizzata e una sbagliata?). Infine Roberts, dopo qualche prova, schiaccia ottimamente. La gara procede fino all’ultimo turno: Polonara schiaccia “bendato” (c’è comunque qualche dubbio sull’efficienza di una canottiera con i buchi per la traspirazione nell’oscurare la vista), Roberts ci prova una decina di volte (ma non erano tre tentativi?) e alla fine ottiene un discreto punteggio. Il vincitore è il lungo della Cimberio Varese, lo stesso non si può dire della credibilità di un evento che, invece, in qualche occasione negli anni passati aveva regalato delle gioie.

Nel secondo tempo la Nazionale di Pianigiani scappa via, tra terzo e quarto quarto i Gentile vincono la novità del pomeriggio: il Family Shootout, che tutto sommato, sebbene sorga lo stesso problema della gara da tre punti (semifinali sovrapposte e quindi impossibilità di seguire entrambi i concorrenti) è l’evento più riuscito, o forse quello “meno peggio”.

Alla fine l’Italia vince nettamente sui più spettacolari stranieri, ma è l’unica vittoria che la Legabasket può festeggiare, anche perchè sul sito ufficiale il risultato non è proprio aggiornatissimo.

Play by play dal sito della Legabasket al termine del match
Play by play dal sito della Legabasket al termine del match

Terminata questa sorta di invettiva contro un evento oggettivamente male organizzato e gestito peggio, ci chiediamo: è necessario riproporlo ogni anno? In Spagna, ad esempio, ormai ci si limita alla gara di schiacciate durante la Supercoppa e l’All Star Game non viene più organizzato dal 2003. Forse non sarebbe il caso di fare lo stesso? Dopotutto, continua a valere il detto “Una cosa o la fai bene o non la fai”.

Francesco Manzi

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