Andrea Bargnani, tra i big azzurri, è sicuramente il meno attivo con i social network e il meno presente pubblicamente, motivo per cui una sua intervista difficilmente passa inosservata. La Gazzetta dello Sport lo ha infatti sottoposto ad una lunga serie di domande nella sua Roma, spaziando tra ambizioni future, tanti tuffi nel passato e decisioni da prendere nel più immediato presente. Un’occasione per una lunga chiacchierata con un giocatore che, ormai alla soglia dei 30 anni, ha modo di guardarsi indietro e di vedere tutta la strada percorsa finora, senza però rinunciare a migliorare una carriera che, specialmente negli ultimi anni, poteva essere ben diversa. Ecco gli spunti e le dichiarazioni più interessanti del prodotto del settore giovanile della Stella Azzurra.
EUROPEO E NAZIONALE – Mi sento molto bene. Spero che la sfortuna che mi ha perseguitato nell’ultima stagione con i Knicks sia definitivamente alle spalle. Siamo una buona squadra, anche se il livello generale si è alzato molto per via dei tanti americani naturalizzati. Rispetto a due anni fa siamo un gruppo più maturo e pronto a fare qualcosa di importante. L’obiettivo ovviamente è l’Olimpiade di Rio, altrimenti ce ne staremmo a casa se non fossimo convinti di puntare al massimo.
FREE AGENCY – Per la prima volta nella mia carriera sono senza contratto, ma ho diverse proposte (Washington, Phoenix, ndr) tra la quali poter scegliere. Voglio competere ai massimi livelli, ma la fortuna del nostro status di giocatori è che possiamo scegliere anche la città nella quale andare a vivere, è un fattore importante. Mi prenderò un po’ di tempo per esaminare tutte le proposte e poi decidere. Fenerbahce? Non escludo nulla, ascolto tutti coloro che mi contattano, soprattutto i progetti vincenti. Ho tanta voglia di tornare a vincere e di divertirmi.
RAPPORTI CON LA STAMPA – A New York c’erano circa 50 giornalisti che al termine di ogni allenamento cercavano di metterti in difficoltà in tutti i modi. Per me ciò non rappresenta un problema o un sacrificio, so che è una parte del mio lavoro, altrimenti mi ritirerei e mi dedicherei a qualcos’altro. Anche a Toronto c’era tantissima attenzione nei confronti della squadra dal momento che è la rappresentante di tutto il Canada. Nonostante ciò, ho avuto la fortuna di stare in due bellissime città.
NOTTE DEL DRAFT E NBA – Sono già passati nove anni, per me è successo tutto molto in fretta visto che pochissimi giorni prima avevo vinto lo scudetto con Treviso e, all’improvviso, mi ritrovai in copertina su tutte le riviste americane più importanti, senza contare il fatto che di lì a poco avrei avuto la possibilità di giocare contro i miei idoli dei quali avevo il poster in camera, Bryant e Garnett su tutti. Bisogna però essere senza timore, perché quando te li ritrovi davanti ti stanno tutti sulle scatole. In NBA la fortuna conta molto, circa il 40%. Prendete il mio amico Spanoulis: avrebbe tutti i mezzi per potersi imporre, ma non ha mai trovato l’incastro giusto.
NOSTALGIA ITALICA – La Capitale è super e mi manca molto, soprattutto se penso al tempo che è trascorso dalla mia prima casa a largo Bortolotti e dai primi passi mossi su un campo di basket all’Oratorio San Paolo.
ALLENATORI IMPORTANTI – Me l’aspettavo che Blatt riuscisse a rendersi subito protagonista anche in NBA, è un grande e con lui ho un ottimo rapporto (hanno vinto insieme lo scudetto a Treviso, ndr), così come con Messina, al quale mi legano da tempo affetto e stima reciproci.
NUMERI DI MAGLIA – Ho sempre avuto il 7 perché è il numero con il quale mio zio giocava in Serie A e mi è sempre piaciuto. A New York lo indossava Carmelo Anthony, perciò ho pensato di aggiungere un altro 7, ma il 77 non mi piace molto. In Nazionale gioco principalmente con il numero 10 perché quando ho cominciato il 7 lo aveva il mio amico e capitano Soragna.
CAMPIONATO ITALIANO – Lo seguo molto e ho visto tutta la finale tra Sassari e Reggio Emilia, è stata bellissima, anche se preferirei ci fosse più bilanciamento tra italiani e extracomunitari. Credo che l’attrazione mediatica sia la cosa più importante, perché se non appassioni i tifosi è difficile veder crescere il movimento. La congiuntura economica sfavorevole non ha aiutato e dunque molte persone non se la sentono di investire . Servono dei consorzi, come quando giocavo io a Treviso, mentre mi sembra impossibile che Roma stia vivendo una situazione del genere. E’ normale che Toti non possa continuare a reggere la baracca da solo, ci vorrebbe un manager che sappia coinvolgere più persone e forze possibili. Penso che il basket italiano debba fare un ringraziamento speciale a Giorgio Armani, ci sarebbe da baciargli i piedi per quanto ha fatto finora.
Tante parole interessanti, aneddoti e voglia di imporsi ancora. La speranza è che tutto ciò possa rivolgersi sul parquet con la Nazionale, perché per arrivare al successo ci sarà sicuramente bisogno dei trucchi di un “Mago” come si deve.
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