Blake Griffin sul caso Jordan: “Ecco cosa accadde in quei giorni a Houston.”

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Home is where your heart is.” twittavano i Los Angeles Clippers dopo la famosa nottata dell’8 luglio scorso, quando, dai tweet di vari giocatori dei Clippers, era scoppiato il caso più folle del periodo della Free Agency 2015. D’altronde, traduzioni a parte, casa è ovunque si trovi il proprio cuore, dove ci si sente a proprio agio e dove non ti penti delle scelte fatte. Per DeAndre Jordan, centro texano leader del pitturato dei Clippers, casa sta ad L.A. e non a Dallas, dove più volte era stato accostato e dove quasi certamente sarebbe approdato la prossima stagione, prima però dell’incursione a Houston dei propri compagni.

E proprio di questo parla Blake Griffin nel sito The Players’ Tribune. L’ala forte dei Clippers, prima scelta al draft 2009 e uno dei leader della squadra insieme a Chris Paul e allo stesso Jordan, con cui è legato da una forte amicizia, racconta ciò che è accaduto in quei giorni con un articolo dal titolo “The Standoff

Avevo twittato una foto una foto alle Hawaii e qualche emoji di un aereo, di un elicottero e di una macchina in risposta al tweet dell’aereo di Chandler Parsons. Ma la verità è che io mi trovavo già a Houston.

Griffin sapeva che DeAndre aveva dei dubbi sul suo approvo ai Mavs e si trovava in difficoltà perché non voleva deludere nessuno. “Ci sentivamo ogni giorno. Non riguarda sempre la pallacanestro. La maggior parte delle volte riguarda la vita. Prima tutti sono suo amico.dm_140307_Blake_Griffin_Jam È qui che Blake ha deciso di prendere il primo volo di martedì 7 e di raggiungere Houston e casa Jordan. “La mia intenzione non era quella di raggiungere DeAndre e convincerlo a restare ai Clippers […], volevo solo essere lì con lui e sentire la sua.”. Griffin sottolinea come non abbia voluto fare pressioni sulla scelta di D.J., affermando come, anche in caso di trasferimento a Dallas, non sarebbe cambiato il rapporto di amicizia tra i due, dato che certe scelte sono molto difficili da prendere, a volte anche fondamentali per la carriera di un cestista.

Il giorno seguente, dove i Clippers (rappresentati dal proprietario Ballmer, dal coach Doc Rivers e da Chris Paul, Paul Pierce, J.J. Reddick) avevano fissato un incontro con il loro centro, quando ormai era partita “la guerra degli emoji”, la stampa già parlava di Clippers che avevano bloccato DeAndre in casa e di un Mark Cuban alla ricerca del suo futuro tesserato, tutto poi smentito dallo stesso Griffin che, anzi, racconta un’altra versione dei fatti:

Quando la gente twittava “I Clippers incontreranno DeAndre nelle prossime tre ore”, noi ci trovavamo già a casa di DeAndre e io mi stavo appisolando mentre guardavamo la partita di Summer League dei Clippers sul divano. Quando mi svegliai un’ora più tardi, il mio telefono aveva una valanga di notifiche. La gente mi twittava messaggi come “DeAndre è un uomo adulto! Smettetela di tenerlo in ostaggio!” e “Dovreste essere arrestati tutti per quello che state facendo! Sto chiamando la polizia!

DeAndre Jordan riceve il bentornato dai Los Angeles Clippers.
DeAndre Jordan riceve il bentornato dai Los Angeles Clippers

Un incontro discusso, criticato da molti, ma che è stato fondamentale per il convincimento del texano classe ’88 che, alle 23:01 texane (mezzanotte nell’orario dell’Est), ha firmato il contratto che lo lega ai Clippers per altri 4 anni, scatenando la furia di tifosi e staff Mavs (tra tutti lo stesso Parsons e il proprietario Mark Cuban).

Mentre andavo via, mi girai verso DeAndre. Per la prima volta, dopo tempo, sembrava felice.” conclude Griffin. A volte bastano semplici e pochi concetti per descrivere un accaduto. Questa volta le uniche parole adatte le hanno usate i Clippers con quel tweet.

Mario Puggioni
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