BU Rewind: gli ultimi 10 Most Improved Player of the Year, classificati

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Dopo MVP e matricole, dedichiamo BU Rewind a uno dei premi più interessanti della NBA, il Most Improved Player of the Year. Questp premio è destinato ai giocatori migliorati di più nel corso di una stagione. Per questo motivo, nel valutare gli iridati, abbiamo considerato le loro statistiche individuali paragonate all’anno precedente, ma anche la loro importanza per la squadra e gli eventuali miglioramenti in classifica. Buona lettura!

 

10) Kevin Love 2010-11, Minnesota Timberwolves

Statistiche individuali 2009-10: 14.0p, 11.0r, 2.3a, 45.0% dal campo.

Statistiche individuali 2010-11: 20.2p, 15.2r, 2.5a, 47.0% dal campo.

Risultato di squadra (RS): 15° posto nella Western Conference, 17-65.

Kevin Love vinse il premio di Most Improved Player nella stagione 2010-11, stagione che gli valse anche la prima convocazione in carriera ad un All Star Game. Tuttavia, le ottime prestazioni individuali non vennero tradotte in successi di squadra: Minnesota chiuse la stagione 2010-11 all’ultimo posto, esattamente come l’anno precedente. Diciassette vittorie sembrano davvero troppo poco per giustificare l’assegnazione del premio, soprattutto in una stagione in cui, tra LaMarcus Aldridge, Eric Gordon e un giovanissimo Russel Westbrook, non mancavano certo le alternative.

 

9) Aaron Brooks 2009-10, Houston Rockets

Statistiche individuali 2008-09: 11.2p, 2.0r, 3.0a, 40.4% dal campo.

Statistiche individuali 2009-10: 19.6p, 2.6r, 5.6a, 43.2% dal campo.

Risultato di squadra (RS): 9° posto nella Western Conference, 42-40.

Complici numerose defezioni in casa Rockets, nella stagione 2009-10 Brooks ottenne un posto da titolare e un maggiore minutaggio rispetto alle stagioni precedenti. Se da un lato il numero 0 di Houston dimostrò di non aver difficoltà a trovare la via del canestro, dall’altro furono evidenti i suoi limiti nella metà campo difensiva e di gestione del possesso. Brooks vinse il MIP di quella stagione anche perché i suoi diretti avversari si sottrassero voti a vicenda: Kevin Durant, Marc Gasol e George Hill arrivarono secondi a pari merito nelle votazioni, proprio dietro a Brooks.

 

8) Ryan Anderson 2011-12, Orlando Magic

Statistiche individuali 2010-11: 10.6p, 5.5r, 0.8a, 43.0% dal campo.

Statistiche individuali 2011-12: 16.1p, 7.7r, 0.9a, 43.9% dal campo.

Risultato di squadra (RS): 6° posto nella Eastern Conference, 37-29.

Nel sistema di Stan Van Gundy, che prevedeva praticamente quattro esterni ruotare attorno a Dwight Howard, Ryan Anderson trovò la sua dimensione. Il premio di MIP fu il giusto riconoscimento per aver migliorato la propria produzione in quasi tutte le categorie statistiche, pur senza andare ad intaccare le ottime percentuali al tiro fatte valere negli anni precedenti. Per quanto importante per gli equilibri del team, Anderson non ebbe però lo stesso impatto degli altri giocatori presenti in questo elenco. Per questo motivo, la sua stagione gli vale solamente l’ottavo posto in questa classifica.

 

7) Paul George 2012-13, Indiana Pacers

Statistiche individuali 2011-12: 12.1p, 5.6r, 2.4a, 44.0% dal campo.

Statistiche individuali 2012-13: 17.4p, 7.6r, 4.1a, 41.9% dal campo.

Risultato di squadra (RS): 6° posto nella Eastern Conference, 49-32.

Nel 2012-13, con una solidissima stagione, Paul George sostituì l’infortunato Danny Granger nelle gerarchie dei Pacers. Nonostante gli evidenti miglioramenti di George quell’anno, nella nostra classifica la stagione da Most Improved Player dell’ex-Fresno State si colloca solo al settimo posto, perché a differenza di altri giocatori in questa lista, George ebbe la fortuna di giocare in una squadra già ben attrezzata per i playoffs. I Pacers di quell’anno vantavano giocatori del calibro di David West, George Hill e il miglior Roy Hibbert, che contribuirono alla causa di Indiana.

 

6) Giannis Antetokounmpo 2016-17, Milwaukee Bucks

Statistiche individuali 2015-16: 16.9p, 7.7r, 4.3a, 50.6% dal campo.

Statistiche individuali 2016-17: 22.9p, 8.8r, 5.4a, 52.1% dal campo.

Risultato di squadra (RS): 6° posto nella Eastern Conference, 42-40.

Nella stagione 2016-17, Giannis Antetokounmpo si prese lo scettro di leader dei Bucks sorprendendo Parker, Middleton e Monroe, che godevano di una reputazione migliore. Nonostante la prima convocazione ad un All Star Game, nella sua stagione da MIP il greco dimostrò di dover ancora migliorare in numerosi aspetti del gioco, a partire dall’eccessiva irruenza nella metà campo difensiva, che spesso lo condannò a saltare qualche finale di partita di troppo. Proprio a causa di questo limite, la stagione iridata di Giannis Antetokounmpo si piazza appena fuori dalla nostra top-5.

 

5) Goran Dragic 2013-14, Phoenix Suns

Statistiche individuali 2012-13: 14.7p, 3.1r, 7.4a, 44.3% dal campo.

Statistiche individuali 2013-14: 20.3p, 3.2r, 5.9a, 50.5% dal campo.

Risultato di squadra (RS): 9° posto nella Western Conference, 48-34.

In uno degli esperimenti più interessanti della storia recente dell’NBA, Jeff Hornacek ideò un sistema di gioco che prevedeva la simultanea presenza in campo di due playmaker classici quali Goran Dragic e Eric Bledsoe. L’esperimento riuscì, dato che entrambi i giocatori disputarono la loro miglior stagione e i Suns lottarono per i playoffs fino all’ultima partita. Per lo sloveno, il numero di assistenze fu l’unica voce statistica a non migliorare rispetto all’anno precedente, ma questa non fu che la logica conseguenza di dover condividere equamente il ruolo di portatore di palla con il compagno di reparto.

 

4) Pascal Siakam 2018-19, Toronto Raptors

Statistiche individuali 2017-18: 7.3p, 4.5r, 2.0a, 50.8% dal campo.

Statistiche individuali 2018-19: 16.9p, 6.9r, 3.1a, 54.9% dal campo.

Risultato di squadra (RS): 2° posto nella Eastern Conference, 58-24.

Pochi giocatori possono vantare un salto dall’anonimato allo stato di borderline All-Star in meno tempo di Pascal Siakam. Forse nemmeno coach Nick Nurse si sarebbe aspettato che Siakam superasse nelle gerarchie di squadra addirittura Kyle Lowry, quattro volte All-Star e oramai simbolo dei Raptors, diventando di fatto il go-to-guy di Toronto nelle numerose partite in cui Leonard non scese in campo per il celebre load management. I Raptors così non rimpiansero le partenze né di DeRozan né di Ibaka e terminarono la regular season al secondo posto, a sole due vittorie dai Milwaukee Bucks di Giannis Antetokounmpo.

 

3) CJ McCollum 2015-16, Portland Trail Blazers

Statistiche individuali 2014-15: 6.8p, 1.5r, 1.0a, 43.6% dal campo.

Statistiche individuali 2015-16: 20.8p, 3.2r, 4.3a, 44.8% dal campo.

Risultato di squadra (RS): 5° posto nella Western Conference, 44-38.

Tra i giocatori ad aver fatto un salto di categoria paragonabile a quello di Siakam c’è sicuramente CJ McCollum, passato dai sette punti di media del suo secondo anno ai quasi ventuno della stagione 2015-16. L’ottima chimica con il compagno di reparto Lillard portò a numerose vittorie, tanto che i Blazers terminarono la regular season al quinto posto della Western Conference, sorprendendo tutti gli scettici che avevano pronosticato una stagione di transizione. L’unico motivo per cui la strabiliante stagione di McCollum si merita soltanto il gradino più basso del podio della nostra classifica è che il numero 3 di Portland non ottenne una convocazione all’All Star Game.

 

2) Victor Oladipo 2017-18, Indiana Pacers

Statistiche individuali 2016-17 (a OKC): 15.9p, 4.3r, 2.6a, 44.2% dal campo.

Statistiche individuali 2017-18: 23.1p, 5.2r, 4.3a, 47.7% dal campo.

Risultato di squadra (RS): 5° posto nella Eastern Conference, 48-34.

Chi invece si guadagnò una meritatissima prima convocazione all’All Star Game fu Victor Oladipo nella sua prima stagione ad Indiana. In un roster gremito di giocatori già affermati, Oladipo prese subito in mano le redini della squadra, dimostrando di aver fatto enormi passi avanti sia dal punto di vista del gioco che da quello della leadership. I Pacers terminarono la stagione con un bilancio addirittura migliore rispetto all’annata precedente con Paul George. Oladipo non solo migliorò in tutte le tutte le voci statistiche, ma aggiustò anche le sue percentuali al tiro. Ad Indiana si trasformò addirittura in un affidabile tiratore da tre, fino ad allora il suo anello debole, soprattutto ad Orlando.

 

1) Jimmy Butler 2014-15, Chicago Bulls

Statistiche individuali 2013-14: 13.1p, 4.9r, 2.6a, 39.7% dal campo.

Statistiche individuali 2014-15: 20.0p, 5.8r, 3.3a, 46.2% dal campo.

Risultato di squadra (RS): 3° posto nella Eastern Conference, 50-32.

Nel 2014-15 Jimmy Butler diventò il vero e proprio punto di riferimento dei Bulls, a discapito delle altre stelle più esperte presenti in rosa. Jimmy si dimostrò un two-way-player in grado di segnare 20 punti a partita e allo stesso tempo garantire un’intensità difensiva degna della miglior tradizione Thibodeauiana. Secondo noi, la stagione di Butler è un connubio perfetto tra tutti gli aspetti rilevanti per una stagione da premiare con il MIP: accanto ai miglioramenti dal punto di vista delle prestazioni individuali, Butler migliorò i risultati di squadra e rubò il ruolo di leader del team ad un giocatore del calibro di Derrick Rose, fino ad allora simbolo contemporaneo di Chicago e dei Bulls.

Niccolò Armandola

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