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BU Rewind: i migliori 10 giocatori di sempre dei Phoenix Suns

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Nel 1968 nascevano i Phoenix Suns, una franchigia che ha avuto alti e bassi nella storia, alternando periodi gloriosi a prolungate astinenze dalla postseason. Nonostante non siano mai riusciti a vincere un titolo (per ora), i Suns vantano un grosso bacino di tifosi in tutto il mondo. La franchigia dell’Arizona è sempre riuscita, infatti, a creare delle squadre interessanti e molto divertenti da guardare. Come di consueto in questa rubrica analizziamo solo i giocatori che hanno vestito la maglia dei Suns per almeno due stagioni. Per le statistiche individuali consideriamo solo le stagioni intere militate nelle file di Phoenix e le convocazioni all’All Star Game guadagnate indossando questa maglia.

 

10) Devin Booker (2016-2021, 6 stagioni)

Statistiche personali: 23.0p, 3.7r, 4.6a, 0.8s, 0.2b, 45.5% dal campo, 2xAll-Star

Bilancio di squadra: 149-242, finali di conference (playoff ancora in corso)

È molto probabile che alla fine di questi playoff, l’attuale numero 1 dei Suns faccia un grosso salto nella classifica dei migliori giocatori della franchigia. Al momento, però, lo piazziamo al decimo posto semplicemente perché deve ancora dimostrare di essere allo stesso livello dei mostri sacri qui elencati. In ogni caso, con il rinnovo di Booker, il futuro sarà roseo in Arizona.

 

9) Jason Kidd (1996-2001, 5 stagioni)

Statistiche personali: 14.4p, 6.4r, 9.7a, 2.1s, 0.3b, 41.9% dal campo, 3xAll-Star

Bilancio di squadra: 227-151, 1 sconfitta in semifinale di conference, 4 eliminazioni al primo turno

Difficile decidere dove piazzare Jason Kidd in questa classifica. Kidd a Phoenix era quasi un giocatore atipico: uno specialista difensivo in una franchigia tradizionalmente votata all’attacco. Gli opposti si attraggono, però, e infatti in cinque stagioni J-Kidd flirtò con la tripla doppia di media, mettendo in mostra tutto il suo QI-cestistico e la propria versatilità.

 

8) Walter Davis (1977-1988, 11 stagioni)

Statistiche personali: 20.5p, 3.2r, 4.4a, 1.4s, 0.2b, 52.0% dal campo, 6xAll-Star

Bilancio di squadra: 483-419, 2 sconfitte in finale di conference, 3 sconfitte in semifinale di conference, 2 eliminazioni al primo turno

Walter Davis iniziò la sua carriera con il botto: 24.2 punti e 6.0 rimbalzi non sono numeri indifferenti per una stella, figuriamoci per un rookie. Purtroppo, numerosi infortuni e gli scandali legati al consumo di cocaina nello spogliatoio dei Phoenix Suns hanno influito sul proseguo della carriera, e Davis non riuscì mai a replicare i numeri dell’esordio, dovendosi “accontentare” di sei convocazioni all’All-Star Game.

 

7) Paul Westphal (1975-1980 e 1983-1984, 6 stagioni)

Statistiche personali: 20.6p, 2.2r, 5.2a, 1.6s, 0.3b, 51.6% dal campo, 4xAll-Star

Bilancio di squadra: 271-221, 1 sconfitta in finale, 2 sconfitte in finale di conference, 1 sconfitta in semifinale di conference, 1 eliminazione al primo turno

Insieme a altri due altri protagonisti della storia dei Suns che non rientrano in questa classifica (Dick Van Arsdale e Alvan Adams), Paul Westphal guidò i Suns alla prima apparizione alle NBA Finals della loro storia. Contro la sua ex-squadra, i favoritissimi Boston Celtics, Westphal riuscì ad allungare la serie a sei partite, con una prestazione monstre in una gara-5 passata alla storia, terminata con una vittoria di Boston dopo tre overtime.

 

6) Shawn Marion (1999-2007, 9 stagioni)

Statistiche personali: 18.4p, 10.0r, 2.0a, 1.9s, 1.4b, 34.2% dal campo,4xAll-Star

Bilancio di squadra: 390-266, 2 sconfitte in finale di conference, 2 sconfitta in semifinale di conference, 2 eliminazioni al primo turno

Il jump-shot esteticamente più brutto della lega non ha mai impedito a Shawn Marion di lasciare il segno nelle squadre in cui ha militato. In particolare a Phoenix, dove giocò per ben nove stagioni, The Matrix ottenne questo soprannome in virtù della sua versatilità e tenacia. Difensore di prima classe, Marion poteva marcare chiunque e il suo atletismo faceva il resto nella metà campo offensiva.

 

5) Amar’e Stoudemire (2002-2010, 8 stagioni)

Statistiche personali: 21.4p, 8.9r, 1.3a, 0.9s, 1.4b, 54.4% dal campo, 5xAll-Star

Bilancio di squadra: 405-251, 3 sconfitte in finale di conference, 1 sconfitta in semifinale di conference, 2 eliminazioni al primo turno

La “Nash-to-Stoudemire” ha esaltato un’intera generazione di appassionati di NBA, e a ragion veduta. Prima degli infortuni che hanno martoriato la seconda metà della sua carriera, Stat era un giocatore a tratti dominante. Le statistiche parlano da sé e, anche per un lungo, terminare più di una stagione con più di 20 punti di media e tirando quasi con il 60% dal campo è sinonimo di pura classe. È un peccato che i Phoenix Suns che vantavano Marion, Stoudemire e Nash non siano mai riusciti a raccogliere il seminato.

 

4) Tom Chambers (1988-1993, 5 stagioni)

Statistiche personali: 20.6p, 6.6r, 2.3a, 0.9s, 0.6b, 46.3% dal campo, 3xAll-Star

Bilancio di squadra: 279-131, 1 sconfitta in finale, 2 sconfitte in finale di conference, 1 sconfitta in semifinale di conference, 1 eliminazione al primo turno

chambers phoenix suns

Gli antenati della sopracitata “Nash-to-Stoudemire” furono indubbiamente Tom Chambers e Kevin Johnson, che formarono una delle assi play-centro più temibili della lega negli anni ’80-’90. Chambers, arrivato in pompa magna da Seattle dopo una stagione che gli valse la prima convocazione all’All-Star Game, si trovò da subito benissimo in Arizona. Più tardi, il lungo contribuì al raggiungimento delle seconde Finals della storia dei Phoenix Suns.

 

3) Kevin Johnson (1988-2000, 12 stagioni)

Statistiche personali: 18.7p, 3.4r, 9.5a, 1.5s, 0.2b, 49.4% dal campo, 3xAll-Star

Bilancio di squadra: 584-318, 1 sconfitta in finale, 2 sconfitte in finale di conference, 4 sconfitte in semifinale di conference, 4 eliminazioni al primo turno

kevin johnson phoenix suns

Non ci sarebbe stato un Charles Barkley (vedi sotto) a Phoenix, se prima non ci fosse stato Kevin Johnson. Dopo gli scandali legati alle droghe che videro coinvolti numerosi giocatori dei Suns nei primi anni ’80, la franchigia decise di rifondare partendo dal rookie Kevin Johnson, acquisito via trade dai Cleveland Cavaliers. Mai mossa fu più azzeccata: Johnson formò una coppia letale con Tom Chambers, riportando Phoenix ai fasti degli anni ’70, cosa che in seguito convinse Barkley ad unirsi al progetto. Il resto è storia.

 

2) Steve Nash (1996-1998 e 2004-2012, 10 stagioni)

Statistiche personali: 14.4p, 3.1r, 9.4a, 0.7s, 0.1b, 50.4% dal campo, 6xAll-Star

Bilancio di squadra: 501-303, 3 sconfitte in finale di conference, 1 sconfitta in semifinale di conference, 3 eliminazioni al primo turno

nash phoenix suns

Sono molte le iterazioni dei Phoenix Suns che avrebbero meritato un titolo NBA. Nash era indubbiamente il leader della squadra che fece sognare i tifosi nel primo decennio del 2000. Playmaker eccezionale e dotato di una visione di gioco inimmaginabile, Nash vinse con merito due premi di MVP e sotto la sua guida i Suns dominarono la regular season in più di un’occasione. Purtroppo, Nash e compagni non arrivarono mai alle Finals, interrotti sul più bello da squadre più organizzate, tipo Lakers, Spurs e Mavericks, proprio l’ex-squadra del canadese.

 

1) Charles Barkley (1992-1996, 4 stagioni)

Statistiche personali: 23.4p, 11.5r, 4.4a, 1.6s, 0.8b, 50.1% dal campo, 4xAll-Star

Bilancio di squadra: 218-110, 1 sconfitta in finale, 2 sconfitte in semifinale di conference, 1 eliminazione al primo turno

Charles Barkley è considerato il giocatore più forte della storia a non aver mai vinto un titolo NBA. Inventore della cosiddetta “bully-ball”, Chuck era un’ala dalla forza fisica straordinaria, accompagnata da un talento pari a quello di altri Hall-of-Famer. Dopo aver dimostrato il proprio valore con la maglia dei Sixers, Barkley si spostò nella Western Conference, sposando il progetto-Suns e diventandone la stella assoluta. Fu ripagato con un premio di MVP, un’apparizione alle Finals, quattro convocazioni all’All-Star Game e altrettante nomine nel primo quintetto NBA in quattro anni. Sicuramente avrebbe preferito scambiare qualche riconoscimento individuale con un anello, ma un certo Michael Jordan non era d’accordo…

 

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