C’è Olimpia e c’è Olimpia

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Vero, c’è Olimpia e Olimpia. C’è quella che tutti ricordano, quella delle sconfitte, dei 4-0 umilianti contro Siena, dei fischi dei tifosi, del Forum mezzo vuoto e dei soldi spesi, che anche se è passata, almeno così sembra fino ad oggi, ancora non la si è dimenticata.

C’è poi l’Olimpia rivoluzionata, targata Banchi, quella di questa stagione, delle cinque vittorie consecutive, delle Top-16 da protagonista e dei trenta punti rifilati ai campioni d’Europa, del record di presenze in casa e che difende la propria casa, quella prima in classifica.

Ma cos’è successo? Come può cambiare una squadra nel giro di pochi mesi, da Giugno a Gennaio? E, soprattutto, come mai non è accaduto prima questo cambiamento se davvero bastava “così poco” come sembra? Qual è stato il segreto?

Innanzitutto bisogna fare una menzione particolare a una stabilità finanziaria, la più salda visti i tempi di crisi che il nostro basket sta attraversando, data da una forte presenza che è quella di Giorgio Armani, patron mai stanco, ma soprattutto tifoso vero e paziente, che ha sempre rinnovato il suo impegno verso questa società che è l’Olimpia Milano, anche quando la squadra non lo meritava.

Dal 2004, quando Re Giorgio è entrato nel mondo della pallacanestro, l’Olimpia è risalita in una sola stagione fino ad arrivare ai playoff, traguardo poi raggiunto in tutte le stagioni successive, finito però puntualmente con sonore sconfitte (le più umilianti quelle contro la MPS Siena, senza mai vincere un match). Tre anni fa, invece, dopo il rifiuto del forse più grande coach italiano Ettore Messina, finito poi sulla panchina del Los Angeles Lakers, l’uomo Armani Livio Proli ha puntato sull’uscente campione europeo Sergio Scariolo, vecchia conoscenza del nostro campionato, e c’è da ammettere che qualche miglioramento si è visto. Puntando sull’ennesimo grande roster, ma ponendosi piccoli obiettivi, la Milano biancorossa è riuscita a migliorare in tutte le competizioni in cui ha sempre fallito, aiutata inizialmente anche da un certo Danilo Gallinari e dal lockout NBA.

Strada giusta quindi? Macchè!

La squadra a Luglio è praticamente fatta, forse troppo frettolosamente: si prendono ancora nuovi giocatori (solo Langford però si rivelerà più che azzeccato) e si spende tanto, ma non si riuscirà mai a trovare la propria identità ed un gioco per tutta la stagione. Milano perderà partite clamorose anche in casa, sia in campionato che nelle coppe, collezionando sonori fischi da tutto il suo pubblico.

Un nuovo punto zero quindi, l’ennesimo, ma con le stesse ambizioni e la stessa pressione di chi, da anni, pare essere “condannato a vincere”.

Qualcosa però succede a Giugno 2013, si mettono in discussione diverse posizioni e gerarchie e questa volta la musica pare cambiare. Si lascia da parte l’orgoglio sportivo, si punta su un allenatore “meno famoso” ma decisamente più concreto, Luca Banchi, ex senese e fresco di scudetto. Con lui arrivano giocatori, possiamo dire, meno facoltosi, ma più mirati. Non sono Fotsis e Bourousis, che avevano già vinto tutto e parevano giocare per forza d’inerzia, spinti da notevole stipendio, specialmente il primo, ma danno qualcosa che all’Olimpia mancava da molti anni, ovvero la voglia di vincere e di affermarsi. Dopo Moss e Kangur, dalla storica rivale arriva anche Hackett, odiato ma subito amato (e come non si può?), e lo spirito di squadra dilaga, l’entusiasmo la fa da padrone, il gruppo è buono e concentrato.

Si ma i risultati? Inizialmente non interessano, perché chi tifa Milano vuole prima vedere altre cose: la squadra che corre, che difende il proprio canestro, lotta su tutti i palloni, che si sbuccia le ginocchia! Insomma far capire che ha cuore, un’identità e questa è una cosa che tutti ammirano. E il paragone alle “Olimpie” d’oro di Gamba, Rubini e Peterson sembra essere quasi inevitabile.

Tutti diventano più umili e, come per magia, ecco in concreto i risultati sul campo: Top-16 raggiunte da secondi in classifica, stessa posizione in campionato, subito dopo aver rifilato una batosta a Spanoulis e compagni, all’ex Scariolo e alla sua Vitoria, a Siena e a Brindisi, neo capolista in Serie A, concludendo una serie di cinque vittorie filate, difendendo un Forum sempre più gremito di gente (12.331 spettatori con il Real Madrid, record), che applaude anche quando si perde, perché si è perso, ma che è contento di vedere la sua squadra come gioca.

E applaude anche Giorgio!

Questa è l’Olimpia di oggi, questa è la Milano che c’è, la favorita. E dov’è la novità, direte voi, in questo? Non lo è sempre stata? La novità invece c’è, perché quest’anno lo è davvero, ma non per il budget speso, ma per com’è stato speso.

La qualità non la compri con i soldi, il talento e la voglia di vincere non hanno prezzo, fanno parte dei singoli; bisogna puntare su chi ha voglia di dimostrare, su chi ha fame per sé, su chi ha voglia di crescere per la sua squadra.

Si parla di mentalità senese, perché molti nuovi arrivi sono stati “dall’altra parte”. Vero, Siena sicuramente ha insegnato a tutti il modo migliore di vincere, ma se giochi con o contro i più bravi, alla fine impari, prima o poi.

Milano perderà ancora partite, forse non riuscirà a giocare le Final-4 di Eurolega in casa sua, o, addirittura, forse non vincerà il campionato e la stiamo tutti elogiando troppo, come si fa sempre. La verità è che non si può mai dire e l’ombra del passato è ancora dietro l’angolo.

Insomma, ciò che è stato è stato e il futuro è sempre incerto. Comunque vada, una cosa, però, è certa: oggi, più di ogni altra, la Pallacanestro Olimpia Milano c’è.

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Marco Astolfi

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