Riprende oggi, due mesi e sette giorni dopo il ritorno nella massima serie del basket, l’avventura della Manital Torino che si radunerà oggi pomeriggio al PalaRuffini per il primo allenamento della stagione. A seguire, alle ore 19, l’incontro coi tifosi.
Quest’oggi coach Luca Bechi ha rilasciato un’intervista a La Stampa in cui si racconta fra passato, presente e futuro della sua esperienza targata Auxilium Torino, tracciando le linee guida di una stagione che si auspica divertente e dando qualche dritta sull’ultimo acquisto in arrivo.
-Bechi, dopo Biella, Brindisi, il Mariupol in Ucraina e la Virtus Bologna lei torna in serie A con Torino: emozionato? «È una bellissima sensazione, come per la promozione di due mesi fa. Qui sento entusiasmo ed empatia. E la serie A è un punto di partenza».
-Torino non ha mai vinto lo scudetto, almeno nel settore maschile, eppure è una piazza già storica e ambiziosa. Non teme le tante aspettative, non avverte il peso della responsabilità? «Per me guidarla è motivo di orgoglio. Da ragazzino a Livorno, dove sono nato, andavo a vedere l’Auxilium di Caglieris, Sacchetti, Della Valle e soprattutto Darryl Dawkins, che per me era un monumento del basket mondiale. Su 1000 americani arrivati in Italia, saranno 10 quelli che tutti ricordano: lui è nell’elenco. Sono felice di allenare la stessa squadra che fu di giocatori come Dawkins».
-C’è qualche analogia tra quell’Auxilium e la sua? «Credo, e spero, il carattere. Nell’Auxilium è rimasto lo spirito da Guerrieri, e non mi riferisco soltanto a uno dei più famosi allenatori che fecero grande la Torino di quegli anni. I nostri giocatori italiani, con le dovute distinzioni, ricordano un po’ l’illustre passato di questa società».
-È per questo che sono stati confermati Mancinelli, Giachetti, Rosselli e Fantoni? «Sì, perché volevo continuità. E anche Mascolo è uno di noi, perché prima dell’infortunio faceva parte del gruppo. Inoltre è rimasto Miller, uno degli americani. Allo zoccolo duro abbiamo poi aggiunto gli altri stranieri Robinson ed Ebi, già esperti del basket europeo, e Andre Dawkins, un nome che curiosamente è un altro legame importante con il passato».
-Potrebbe essere proprio Andre Dawkins il colpo di Torino? «Lo spero, perché è un giocatore giovane, non ancora 24enne e solido, 195 cm e quasi 100 kg, uscito da un’Università importante come Duke, ottimo tiratore ma anche buon difensore».
-Manca ancora l’ultimo tassello: un centro americano. «Sì e non dobbiamo avere fretta, perché ci serve un giocatore affidabile e concreto, con punti nelle mani ma anche una buona presenza sotto canestro». Tipo chi, peresempio? «Un… Dawkins moderno, ma mi riferisco a Darryl, il colosso degli anni Ottanta e Novanta».
-Bechi, lei sarà un coach felice se l’Auxilium a fine campionato… «Avrà giocato con lo spirito che l’ha portata in serie A. Se ci riusciremo, sono certo che arriveranno anche ottimi risultati».
-L’obiettivo minimo è? «Fare al più presto i ventidue punti che significano la salvezza. Se e quando li avremo raggiunti, allora sono certo che ci potremo divertire davvero».
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