Dion Waiters a tutto tondo: “La strada, l’infanzia, la depressione, i social, il ruolo di LeBron”

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Dion Waiters ha raccontato la sua storia su The Players Tribune, ripercorrendo i passaggi più dolorosi della sua vita. A partire dall’infanzia difficilissima a Philadelphia per arrivare alla depressione che l’ha colpito negli ultimi mesi, passando per le esperienze a Miami e Cleveland e per un tema attualissimo come i social.

Anche le persone più forti possono apprezzare un periodo di depressione, noi giocatori non siamo supereroi ma la gente spesso se lo dimentica, io vengo dal basso e ho vissuto tante situazione ma sono uguale agli altri. Quando avevo otto anni hanno sparato a mio padre, quattro anni dopo a mia madre, ho visto morire il mio miglior amico e mio fratello. Sono uno che le ha vissute tutte ma sono ancora qui. Anche l’ansia e la depressione le ho vissute in prima persona ogni giorno nell’ultimo anno e mezzo, è come una felicità fasulla in cui menti a te stesso per cercare di convincerti che stai bene. La soluzione però è lì a portata di mano, devi solo abbracciare le persone che ti vogliono bene per davvero, vale a dire la famiglia. I social fanno schifo, sono una trappola perché un giorno vieni idolatrato e quello dopo ti insultano, gran parte dei giocatori dicono di non guardarli ma non è vero. Io nel 2017 ho giocato su un infortunio al piede per i Miami Heat e lo rifarei ancora, poi hanno iniziato a darmi del grassone e di quello a cui non interessa nulla della squadra. Sicuramente ho fatto errori nella mia carriera ma non si può dire che non ci tenga, quest’anno sono stato uno stupido ma non sono un drogato, quando sei depresso puoi cadere in qualche trappola ma non direi mai bugie su questi temi a mio figlio. A Cleveland LeBron mi prese sotto la sua ala protettiva, io ero ancora un ragazzo di strada, ora ci ritroviamo insieme con meno capelli ma con più saggezza, mio figlio è impazzito quando ha saputo che avrei giocato di nuovo con lui. Il momento migliore della mia carriera è stato il buzzer beater contro Golden State, lo ha ripreso la mia compagnia ma le tremava la mano, si vede solamente mio figlio che esulta ed è tremendamente orgoglioso di me.

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