Dwight Howard esce allo scoperto: “Ecco perché chiesi ai Magic di licenziare Van Gundy”

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Orlando Magic v Los Angeles Clippers

Nell’estate 2012, Dwight Howard approdava via trade ai Los Angeles Lakers, non certo silenziosamente ma come conseguenza di un anno, e forse qualcosa di più, di rumors che lo volevano una volta a Brooklyn, l’altra a Dallas e quella dopo ancora in California. In tutto questo, il centro degli Orlando Magic fece una figura barbina, gran parte dei tifosi NBA lo additarono come il cattivo che voleva abbandonare la propria casa, la Florida e i fans. Qualche anno più tardi, con alle spalle l’esperienza (fallimentare) in giallo-viola e un primo anno agli Houston Rockets, Howard è tornato sul proprio addio a Orlando.

Non era un segreto che il giocatore avesse grossi problemi con Stan Van Gundy, attualmente coach dei Detroit Pistons, e avesse chiesto alla dirigenza un cambio di panchina, nonostante comunque i risultati di squadra vedessero i Magic costantemente ai Playoffs. Ecco cosa ha da dire il centro, che ha raccontato a Marc Stein di ESPN come andarono le cose nel suo ultimo anno in Florida, in seguito all’eliminazione per 4-2 al primo turno contro gli Atlanta Hawks, avendo anche il fattore campo a favore:

Non avremmo dovuto perdere in quel modo. Io volevo vincere. Così andai dalla dirigenza e dissi: “Ragazzi, io sono un giocatore, voglio solo dare il mio parere. Penso che il nostro allenatore abbia perso il contatto con la squadra. E’ un grande coach, ma credo abbia perso il controllo, la sua voce all’interno dello spogliatoio. Quindi sono dell’idea che sia ora che voi cerchiate una nuova voce. Io lo adoro come coach, ma penso ci serva una nuova voce”. Sei settimane più tardi finalmente mi diedero una risposta: “Terremo Stan [Van Gundy, ndr]”. Io ero tipo: “Ok, questo mi fa capire come prendiate il fatto che il vostro leader esprima la propria opinione”.

Quella stessa estate pensai che mi sarebbe servito cambiare aria. Così quando tornai a Orlando, feci sapere al front office che desideravo essere scambiato. Volevo un cambiamento per me stesso, non per farmi pubblicità o altro, volevo accadesse in silenzio. Sarei andato in una squadra nuova e avrei iniziato da capo. Quando iniziò la stagione mi chiamarono nell’ufficio, mi strinsero la mano e mi dissero: “Domani verrai scambiato”. Ma il giorno dopo non ci fu alcuna trade, in compenso andarono a dire pubblicamente che volevo essere ceduto. E qui è dove tutto si fece complicato, forse avrei dovuto uscire allo scoperto e dire cosa stesse accadendo, ma in quella situazione non sapevo davvero cosa fare.

Non solo Orlando però, Howard ha raccontato anche del periodo a Los Angeles e in particolare del turbolento rapporto con Kobe Bryant.

Prima di andare ai Lakers, pensavo che avrei avuto occasione di parlare con Kobe e che lui mi avrebbe aiutato a diventare tutto ciò che dicevo di voler essere. Guardavo con attenzione a lui e a tutto ciò che rappresentava come giocatore di basket. Al termine della stagione però mi sentivo così urtato e deluso perché il ragazzo che mi aspettavo era qualcuno che mi avrebbe passato il testimone, qualcuno che mi avrebbe detto: “Dwight, ti prenderò sotto la mia ala protettrice e ti mostrerò come farcela”. Non accadde nulla di tutto questo.

Francesco Manzi

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