In seguito all’esordio da heah coach sulla panchina di San Antonio, BasketUniverso ha intervistato in esclusiva, Ettore Messina, uno dei più vincenti coach europei della storia e primo non statunitense di nascita a esordire nel ruolo di capo allenatore in NBA.
Qual è stata la cosa più difficile nello svolgere il ruolo di head coach nelle partite contro Pacers e Kings (entrambe vinte, ndr)?
Sicuramente la lunghezza della partita, i 48 minuti comportano rotazioni di giocatori diverse rispetto a quelle a cui siamo abituati in Europa. La preoccupazione è quella di mettere tutti quanti i giocatori in condizione di fare bene il loro lavoro e la responsabilità di sostituire una personalità così importante come Popovich è davvero tanta. In quel momento ti passano per la testa tante cose prima di cominciare la partita, poi però per fortuna la partita inizia, ma la disponibilità dei giocatori e la loro amalgama hanno semplificato le cose.
Qual è la differenza tra il Ginobili di “ieri” visto a Bologna e quello di “oggi” di San Antonio?
Sono passati 12 anni, è una persona che si è completamente realizzata nella sua professione, è diventato padre di tre figli e ha una bellissima famiglia. Col tempo, come tutti gli altri, ha maturato esperienze, riuscendo a rimanere una persona fantastica con un grande entusiasmo, esattamente come lo era ai tempi di Bologna. E’ una persona schietta, diretta ed è veramente un piacere restare con lui tutti i giorni. Dal punto di vista del Ginobili-giocatore, ovviamente, ha perso un po’ del suo atletismo, ma ha compensato migliorando con una conoscenza, un’esperienza e una capacità di passare la palla che è sempre quella di un grande campione.
Dopo quest’esperienza da “vice” allenatore con i San Antonio Spurs, ha intenzione di continuare ad allenare in NBA magari un giorno anche come head coach?
Sono contento di fare l’assistente a Popovich e di poterlo fare ai San Antonio Spurs. Sono venuto qui grazie alla loro richiesta di farmi lavorare qua in Texas per qualche anno. Sono contento di ciò che faccio, la mia famiglia qua si trova molto bene e, sinceramente, non mi sto ponendo obiettivi a lungo termine.
Ci potrebbe raccontare le differenze principali tra l’esperienza ai Lakers e questa a San Antonio?
La differenza principale è che ai Lakers avevamo un allenatore (Mike Brown, ndr) e uno staff completamente nuovi. A San Antonio c’è un allenatore che è qui da 18 anni, che ha dato un’impronta fortissima a tutta l’organizzazione e non solo alla squadra. La stessa squadra con alcuni suoi giocatori ha vinto già 4-5 titoli (Duncan 5 titoli,Ginobili e Parker 4, ndr), ha delle fondamenta solide, così come tutto il club e tutta l’organizzazione. Sanno perfettamente dove “stanno andando” e stanno già cercando di programmare il loro futuro. Ai Lakers il momento di rinnovamento sta durando tutt’ora e per loro è una situazione abbastanza difficile.
L’Italia è stata inserita in un girone di ferro con Spagna, Serbia, Germania e Turchia, pensa che gli Azzurri possano ottenere la qualificazione agli ottavi e magari anche una medaglia che manca ormai dal lontano 2003?
E’ tutto quello che si augurano i tifosi, quello che mi auguro io ed è anche ciò che auguro a Pianigiani. Auguro al coach di avere in squadra tutti i giocatori che desidera avere, sperando che siano sani e che non siano fuori per infortunio. Questi sono indubbiamente i fattori fondamentali per far sì che la squadra possa giocarsela con tutte le sue carte. Se giocheranno con lo stesso entusiasmo e la stessa convinzione che hanno dimostrato nel corso dell’Europeo dello scorso anno, possono giocarsela indubbiamente con tutti quanti.
Molti giocatori del CSKA, su tutti Krstic, Micov e Kirilenko, l’hanno criticata a proposito delle sue annate a Mosca, cosa ha da ridire a riguardo e cosa pensa della sua esperienza in Russia?
Sul piano delle annate, personalmente, sono molto contento perché abbiamo vinto tutto, sia a livello di Russia che di VTB League, raggiungendo sempre le Final Four. Era una squadra che sicuramente aveva dei margini di miglioramento e l’ultimo anno abbiamo perso la semifinale col Maccabi solo perché non abbiamo tenuto la palla in mano nell’ultimo possesso decisivo. Nella vita ci sono i giocatori che mi hanno voluto bene, e grazie a Dio sono molti, e i giocatori che magari me ne hanno voluto un po’ meno. Fa parte di quelle che sono le esperienze della vita. Gli auguro il meglio possibile e spero che tutti e tre possano vincere l’Eurolega nel corso della loro carriera.
In Italia ha vinto molto soprattutto a Bologna: che ricordi ha del Grande Slam del 2001?
Ovviamente un ricordo molto bello, di un Palazzo dello Sport pieno e del grande entusiasmo che c’era in città. In quegli anni avevamo una grandissima rivale nella Fortitudo e quindi sono indubbiamente ricordi molto forti.
Perchè, secondo lei, le società italiane non progettano più negli anni, ma cambiano continuamente, si vedano Sassari e Milano quest’anno?
Sinceramente non lo so, perché ci sono situazioni in cui si lasciano andare via dei giocatori o si è costretti a lasciarli andare via per questioni economiche, perché economicamente la società non si può permettere di pagare il loro contratto. Altre volte, invece, ci sono situazioni i cui si lasciano andare via i giocatori, rischiando magari qualcosa per provare a fare un ulteriore salto di qualità con giocatori di tipo diverso. Non conosco bene la situazione né di Milano né di Sassari e non mi permetto di dare un’opinione sulle loro scelte.
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