Lo scorso 22 ottobre, Coach Andrea Capobianco, responsabile del settore giovanile nazionale, nonché assistente di Simone Pianigiani, è stato ospite presso il Palazzetto dello Sport di Bracciano dove ha guidato due allenamenti sulla gestione del contropiede e sulle letture del pick&roll. Al termine di essi, ci è stata gentilmente concessa l’opportunità di fare qualche domanda ed avere un dibattito con tutti i membri della società.
Coach abbiamo visto come sia fondamentale occupare gli spazi e far viaggiare prima di tutto il pallone per una corretta valorizzazione del contropiede; tuttavia sappiamo che il tiro da 3 punti sta raggiungendo un utilizzo forse eccessivo che limita in certe occasioni la possibilità di correre in transizione. Come si pone di fronte a questa situazione?
Dipende molto dalla difesa e dipende molto dai giocatori. In Serie A ho avuto la fortuna di allenare grandissimi tiratori ed è normale che per loro fosse meglio arrestarsi per un tiro piuttosto che rischiare di subire una stoppata. La pallacanestro è un gioco di letture: le letture sono spazio e tempo, chi sono io e chi è il mio avversario. Un giocatore per fare una scelta in campo deve essere in grado di farla. Forse andrò contro corrente, ma per me non vale la regola del “se sei libero tira” ma aggiungerei “se lei libero e se sei in grado di far canestro”. Se siete liberi a centrocampo che fate? Tirate? No, perché avete pochissime possibilità di segnare. Se in allenamento faccio 0/10 da 3 forse è il caso di allenarmi maggiormente al tiro. Questa è la mia idea.
Passando invece alla situazione di pick&roll, lei lo ha sviluppato principalmente su un lato con eventuali ribaltamenti. Crede che sia la posizione in cui si possano ottenere i maggiori benefici oppure la zona centrale rimane quella più vantaggiosa?
La posizione è molto relativa, è normale che in mezzo al campo in base alla posizione del blocco si ha una spaziatura diversa. Il discorso da fare è sul fine del pick&roll; non serve a trasferire la palla ma per prendere o per mantenere un vantaggio e quindi l’importante non è tanto sul dove utilizzarlo quanto quello di costringere la difesa a fare qualcosa, a dichiararsi. A me non piace trasferire la palla così come smarcarsi solo grazie all’utilizzo dei blocchi. Lo si fa purtroppo fare poiché evidentemente i giocatori trovano difficoltà a liberarsi nell’ 1 vs 1. Mi auguro sempre di utilizzare queste due situazioni solo per prendere e mantenere un vantaggio. E’ diverso quando ci troviamo di fronte a grandissime pressioni sulla palla, soprattutto per non far stancare il portatore di palla, allora mi piace che il lungo dia una mano camminando davanti al palleggiatore.
Passando al capitolo nazionali giovanili, lei ha guidato i ragazzi dell’Under 17 ad un Mondiale iniziato alla grande superando il girone per poi uscire forse un po’ a sorpresa contro la Cina. Cosa ci può raccontare di questa “nuova” esperienza sia per lei che per i ragazzi?
Di sorpresa c’era veramente poco visto che comunque la Cina è un’ottima squadra fisicamente fortissima che ha fatto una partita pazzesca contro di noi che abbiamo giocato forse anche al di sopra di certe aspettative. Non mi piace parlare di sorpresa perché comunque erano 21 anni che non ci qualificavamo per un Mondiale. E’ un campionato che ha una pressione totalmente diversa dove si affrontano diversi tipi di pallacanestro. Forse la sorpresa è stata la prima partita col Porto Rico per la fisicità e l’atletismo con cui si è giocato. I ragazzi sono stati straordinari perché hanno ottenuto un nono posto affrontando ostacoli che non avevano mai visto prima, vincendo comunque 5 partite e perdendone 2. A me fa piacere quando resta l’amaro in bocca perché significa che abbiamo qualcosa su cui lavorare per diventare ancora più forti. Un giocatore dopo aver fatto 9/10 mi disse che non era soddisfatto perché c’era il 10/10 ed è questa la mentalità che dobbiamo avere. Sono anche i giocatori che ho allenato che mi hanno insegnato la mentalità vincente.
Crede che questi ragazzi potranno avere un futuro brillante soprattutto nel nostro campionato, alla luce del fatto che ormai si preferisce spesso puntare su un giocatore straniero piuttosto che su un ragazzo di casa nostra. E’ dovuto ad una questione di prezzo oppure c’è altro?
Nella mia vita di allenatore, quando ho avuto la possibilità di far giocare un italiano, non ho mai avuto problemi a farlo giocare. Io penso che gli allenatori non siano dei kamikaze, nel senso che se hanno un giocatore forte lo fanno giocare, italiano , tedesco o americano che sia. Il nostro lavoro delle giovanili è proprio questo cioè formare giocatori vincenti.
Sul perché non giocano ci sono tanti fattori, tante motivazioni ma c’è chi anche gli da fiducia come con un ragazzo che ha vinto il Torneo di Mannheim, Federico Mussini, che si sta ritagliando il suo spazio a Reggio Emilia. Ognuno di noi deve pensare a cosa può dare e non affidarsi prima all’altro. Quando allenavo nel mio paese, io ero responsabile del futuro della pallacanestro in piccolissima parte, ma lo ero, perché anche da un piccolo paese può nascere una stella, basti pensare a tanti grandissimi giocatori americani come Larry Bird e Karl Malone. Oggi è normale che per il ruolo che ricopro, ho enormi responsabilità ma tutti dobbiamo dare un mano per aiutare il movimento.
Proprio in riferimento a quest’ultimo punto, cosa l’ha spinta ad entrare nello staff di Pianigiani e diventare responsabile del settore giovanile nazionale, ed abbandonare il ruolo di capo allenatore, nonostante i grandi risultati ottenuti come nella stagione 2008-2009 alla guida di Teramo con il riconoscimento di migliore allenatore del campionato? Crede che in futuro potrà a tornare a rivestire i panni di capo allenatore?
Io sono onorato e orgoglioso di vestire la maglia della Nazionale perché è sempre stato un sogno. Penso che quando si ha questa maglia addosso è qualcosa di pazzesco però il futuro logicamente è difficile parlarne per quanto riguarda il nostro lavoro ma ripeto che sono onorato di poter lavorare per la Federazione Italiana Pallacanestro responsabile tecnico del Settore Squadre Nazionali giovanili sia come responsabile tecnico CNA. Quando allenavo in C1, C2 ed i miei ragazzi “bravini” mi chiedevano dove andare, io gli ho sempre detto di domandare alla società che ti richiede, quale progetto avessero su di te; quando Pianigiani ed il Presidente della Federazione mi hanno fatto vedere il progetto che stiamo intraprendendo, non c’ho pensato su due volte anche perché sono un allenatore che crede molto nei progetti e nelle persone che ci sono dietro. Ciò che sta facendo la Federazione è qualcosa di estremamente importante e ne sono veramente orgoglioso di farne parte.
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