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Esclusiva BU, James White: “Pesaro la mia preferita. Spaventoso il finale a Roma”

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Per diversi anni, James White è stato uno dei migliori americani del nostro campionato. Classe 1982, dopo aver vinto il titolo NBA da rookie con gli Spurs e le esperienze al Fenerbahçe e allo Spartak San Pietroburgo, il giocatore era arrivato in Italia alla neopromossa Dinamo Sassari. In quella stagione, White fu subito capocannoniere della Serie A, per poi passare alla VL Pesaro, con la quale nel 2012 eliminò Cantù dai Playoff con un upset. Per lui poi anche avventure a Reggio Emilia, in A2 a Cento e infine di nuovo in A alla Virtus Roma, con la conclusione della sua ultima stagione in Italia in anticipo a causa della pandemia. White è però diventato anche il primo e finora unico ad essere riuscito a vincere per due volte la BIG3, la popolare Lega americana estiva di 3vs3.

Abbiamo avuto l’opportunità di intervistarlo, ripercorrendo le fasi salienti della sua lunga e vincente carriera.

 

1- Partiamo dall’inizio. Nella tua stagione da rookie hai vinto il titolo NBA con gli Spurs. Parlaci delle sensazioni che un ragazzo così giovane prova in una situazione del genere. 

Il primo anno è stata un’esperienza incredibile. Ho imparato molto. Ho imparato cosa bisogna fare per vincere, tutto ciò che serve per vincere un titolo. Sia dentro che fuori dal campo, grazie ai tanti veterani che avevo intorno. Primo anno da professionista e sono subito riuscito a vincere.

 

2- In quella stagione, hai avuto l’occasione di condividere lo spogliatoio con leggende come Tim Duncan, Tony Parker e Manu Ginobili. Hai qualche aneddoto che ricordi particolarmente di quell’anno con gli Spurs?

Non ho un aneddoto particolare da raccontare. Tony è mio coetaneo, ma già a quell’età era un veterano e gli venivano date così tante responsabilità. Pop lo tormentava un sacco, gli urlava come se fosse un ragazzino, ma era già un veterano. Quando io ero un rookie, non mi ricordo da quando fosse già in NBA [5 anni, dal 2001, ndr], ma aveva già vinto e ottenuto tantissimo nonostante fossimo coetanei. E nonostante questo Pop lo trattava ancora così. Manu invece è uno dei ragazzi più speciali che abbia mai incontrato. Non parlo solo di basket, ma di qualsiasi aspetto. Prendeva palla, si voltava dalla parte opposta al canestro e segnava comunque. Era semplicemente speciale, come persona e come giocatore. Tim infine era il mio amico in squadra. Ci sedevamo vicini sull’aereo, su ogni volo giocavano a Madden [videogioco NFL, ndr], andavamo fuori a cena a volte durante le trasferte. Era mio amico, avevamo un modo nostro di scherzare. Mi prese sotto la sua ala protettrice.

 

3- Nel 2013 sei stato scelto tra i partecipanti dello Slam Dunk Contest NBA. Com’è la preparazione per un evento del genere? Hai fatto degli allenamenti speciali?

Per tutti gli Slam Dunk Contest ai quali ho partecipato, non mi sono mai preparato, non ho mai pianificato qualcosa. Entravo in campo e facevo quello che mi sentivo di fare. Ho sempre fatto così e penso sia meglio fare così. Magari ti prepari delle cose, non riesci a farle e non sai da che parte girarti. Andavo in campo con l’idea di divertirmi. Lo Slam Dunk Contest NBA è totalmente diverso dagli altri, ci sono tante cose che accadono prima della gara. Gli spettacoli, tutte quelle cose. Non mi potevo riscaldare e fare ciò che normalmente facevo. Oltretutto ero già un po’ in là con gli anni, quindi mi sarebbe servito riscaldarmi. Invece prima ci sono i balli, l’inno nazionale, gente che rappa, le presentazioni. Poi ti buttano in campo e devi semplicemente schiacciare di punto in bianco. Questa è l’unica differenza, ma non mi sono mai preparato prima per i Dunk Contest.

 

4- Rimaniamo sulle schiacciate, è un fondamentale che si basa esclusivamente su capacità fisiche? Cosa suggeriresti ad un ragazzo che vuole migliorare nelle schiacciate?

Non posso indicare qualcosa in particolare e dire che “bisogna fare così” per migliorare nelle schiacciate. Posso solo dire, una volta che sai schiacciare, di continuare a farlo a ripetizione. Vedrete che migliorerà sia quanto saltate che le cose che riuscirete a fare nel frattempo. Io non ho mai fatto esercizi particolari che mi aiutassero a saltare più in alto, ho continuato a farlo e provare nuove acrobazie.

 

5- Nella stagione 2010-11 sei stato il capocannoniere del campionato italiano con la Dinamo Sassari. Cosa ricordi di quell’anno e della Dinamo?

Fu una grande stagione. Era il mio primo anno in Italia e il primo in Serie A. C’era Meo [Sacchetti, ndr] in panchina, avevamo un’ottima squadra. Travis Diener, Othello Hunter, che poi è andato a giocare in grandi squadre europee. Avevamo anche dei buoni italiani, come ad esempio Brian Sacchetti. Eravamo una squadra grintosa, nessuno credeva in noi, di solito le squadre neopromosse non fanno bene. Di solito chi segna di più gioca nelle squadre più scarse. Ricordo che quell’anno buttammo tante partite nel finale, ma combattevamo fino alla fine. È stata una stagione divertente, Meo mi lasciava tanta libertà, il suo basket mi divertiva, mi piaceva la città. Ho adorato quella stagione.

 

6- A Pesaro sei stato protagonista di una stagione positiva con campioni come Daniel Hackett, Ricky Hickman e Jumaine Jones. Hai dei ricordi speciali di quell’annata?

Pesaro probabilmente è stata la mia squadra preferita tra quelle per cui ho giocato oltreoceano. Eravamo davvero una famiglia, andavamo tutti d’accordo. Oltre a quelli che hai nominato, avevamo Cusin, Lydeka, Cavaliero… Eravamo un’ottima squadra e un gruppo di bravissimi ragazzi. Nessuno litigava mai per chi dovesse tirare, c’era grande bilanciamento, non sapevi mai chi avrebbe fatto una bella prestazione. Per me fu una stagione molto positiva. Ricordo alla prima partita della stagione giocammo contro Milano ed ero infortunato, li battemmo lo stesso e capimmo che avremmo fatto bene. La cosa più bella fu vincere Gara-5 in trasferta a Cantù dopo essere stati sotto 2-0 nella serie. Andare a Cantù e batterli in quel modo, con quel tiro pazzesco di Jumaine Jones… Giocammo tutti una grandissima partita, in quegli anni Cantù era decisamente difficile da battere, soprattutto in casa.

 

7- Nel 2020 sei tornato in Italia, alla Virtus Roma, prima dell’inizio della pandemia e del lockdown. Come ricordi quei giorni?

È stato pazzesco. Nessuno capiva cosa stesse succedendo. Per me è stato davvero pazzesco perché avevo combattuto per entrare in squadra. Ero un free agent e avevo attraversato tante cose per far parte di quel roster. Sono arrivato a Roma che non ero in grande forma. Proprio quando mi stavo rimettendo in forma e stavo iniziando a giocare meglio è scoppiata la pandemia. Ricordo che noi abbiamo giocato l’ultima partita prima della sospensione dei campionati, un sabato sera a Sassari. Giocai da centro, contro Bilan che conoscevo già dalla Croazia. Perdemmo quella partita, giocammo nonostante avessimo diverse assenze. Io giocai bene, probabilmente la migliore partita quell’anno, e il giorno dopo chiusero tutto. Era spaventoso, non sapevamo cosa avremmo fatto. Fortunatamente sono riuscito ad andarmene prima che le cose si mettessero troppo male, ma mi dispiace tantissimo aver concluso così la mia ultima stagione oltreoceano.

 

8- Hai appena vinto il tuo secondo titolo nella BIG3, il primo a riuscire a vincerne più di uno nella storia di questa Lega. Come descrivi l’esperienza in questo campionato così speciale?

È una cosa bellissima, mi separa da chiunque altro, mi rende unico. Anche aver avuto l’occasione di giocare tutti gli anni con la stessa squadra è stato fantastico. Continuo a vincere ovunque vado, ho vinto così tanti titoli. È pazzesco, spesso la gente non lo ricorda ma non ho mai giocato per una squadra con record perdente.

 

9- Nella tua visione, qual è il migliore aspetto della BIG3, una Lega che riunisce ex giocatori e altri ancora in attività?

Mi sono goduto appieno la BIG3! Onestamente, la parte migliore penso sia avere l’occasione di giocare insieme e contro alcuni ragazzi che non puoi affrontare normalmente, perché hanno una carriera NBA. Vedere intorno a te alcuni Hall of Famer e stelle, come Charles Oakley o Dr. J. Questa parte è fantastica, ovviamente parlando di basket è anche bello competere contro questi giocatori.

 

10- Cosa ci dici del tuo futuro? Vorresti giocare un’altra stagione o stai già pensando alla vita dopo il basket?

Credo che la mia carriera oltreoceano sia finita. Continuerò a giocare nella BIG3 finché potrò, mi terrò in forma e proseguirò in questa Lega. Nel frattempo sto allenando. Nella passata stagione ho allenato una squadra professionistica qui a Houston, nella TBL [Texas Basketball League, ndr], tipo al livello della G-League. Abbiamo fatto molto bene, siamo arrivati primi in classifica, ero tra i candidati per il Coach of the Year. Sto lavorando per fare l’allenatore, inoltre sto pianificando di aprire una palestra a Houston per allenare ragazzi, cercando di trasformarli in professionisti. Allenare è una mia passione, lo faccio da anni durante l’offseason. Rimango in contatto con tanti miei ex coach, così da ricevere qualche consiglio. Intanto mi mantengo in forma per poter giocare nella BIG3. Ma sentirete parlare di me come allenatore al college o in NBA.

 

Ringraziamo James White e gli auguriamo il meglio per la sua nuova avventura da allenatore e il futuro nella BIG3.

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