Eurotalents: Domantas Sabonis, il figlio del principe… o di più?

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Nomen omen, ovvero il nome è destino; nell’antichità, quando ti davano un nome, indicava la vita della tua famiglia o un episodio particolare della tua e, quando te lo davano bene, risuonava nei canti. Oggi però siamo nell’era moderna e il destino ormai si lega più al cognome, che se per alcuni è solamente il marchio di famiglia, per altri è un fardello pari al cielo sorretto dal titano Atlante, un peso di grandi proporzioni e soprattutto eterno. E quando ti porti addosso un cognome importante i casi sono due: vieni schiacciato dalla pressione oppure ti impegni per onorarlo al meglio.

Una figura leggendaria della pallacanestro, tale Arvydas Sabonis, detto altresì “Il Principe del Baltico”, è stato uno dei centri più dominanti di tutto il panorama europeo negli anni ‘80 e ‘90, ha sfondato anche in NBA dove i Portland Trail Blazers si ricredettero dopo lo scetticismo del Draft del 1986 (attualmente sta accadendo lo stesso con Kristaps Porzingis a New York…), ma non solo: è da molti considerato uno dei migliori pivot nella storia del gioco, un lungo con un fisico possente di 221 cm ma con una versatilità e mani fatate da passatore come non se ne erano visti prima, e soprattutto il simbolo per eccellenza della neonata Lituania, uscita dal regime sovietico e diventata leggendaria e temuta a livello mondiale nella pallacanestro soprattutto grazie a lui. Sembra di rivivere Jordan quando disse ai suoi figli, durante il discorso di introduzione nella Hall of Fame nel 2005: ”I think that you guys have a heavy burden”, ovvero “Penso, ragazzi, che voi abbiate un pesante fardello”.

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1996: Il possente gigante ha avuto tre figli dalla prima Miss Lituania e ancora sua attuale moglie, Ingrida Mikelionytė: Zygimantas e Tautvydas sono i maggiori (classe ‘91 e ‘92) ed entrambi, in questa stagione 2015-2016, sono finiti a giocare in Spagna, terra dove il Principe ha sfondato con il Real Madrid e il Vallalolid; purtroppo non si può dire lo stesso della progenie, con il secondo che si sta giocando le sue carte in LEB Gold (la A2 spagnola) con il Palma de Maiorca, mentre il primo milita addirittura nella prima divisione spagnola. Non proprio all’altezza dei traguardi raggiunti dal padre, insomma. Tuttavia, si dice sempre che la terza sia la volta buona e il destino, in maniera quasi ironicamente veggente, fa nascere il terzo figlio a Portland (Oregon, USA) il 3 Maggio mentre si stanno giocando i Playoffs contro gli Utah Jazz di Stockton e Malone, in attesa di gara5, con il nome di Domantas.

La prima parte della sua infanzia è spesa a seguire il padre durante la sua avventura americana per poi fare il ritorno nella sua magnifica Lituania, a Kaunas, la città dove sono cresciute le leggende della palla a spicchi del Baltico; ma per Domantas la formazione cestistica, perchè è questo che vuole seguire (quasi ovvio), non sarà in terra natia, ma a Malaga, che lo fa crescere nella Clinicas Rincon, uno dei migliori settori giovanili dell’intero continente europeo.

13 Ottobre 2013: dopo due anni nella Clinicas Rincon, dopo aver mostrato il suo talento a livello nazionale ed europeo, un giovane gigante di 207 centimetri è pronto ad esordire nella Liga Endesa. Solo 17 anni, 5 mesi e 10 giorni. 6 punti e 3 rimbalzi nei 15 minuti concessigli contro l’Estudiantes. Il biglietto da visita nel professionismo del figlio del Principe, Domantas Sabonis. Cinque giorni dopo sarà debutto anche in Eurolega, contro l’Olympiacos.

Nonostante l’enorme fiducia e attenzione da parte della società spagnola, che gli propone anche un triennale da più di 600.000 euro nell’estate del 2014, la sua strada è proiettata verso il posto a cui sente davvero di appartenere, ovvero quegli Stati Uniti d’America che avevano accolto scetticamente il padre. Qui riceve offerte da Texas, Arizona State e perfino da Oregon, ma alla fine sceglie una delle università più prestigiose, situata a Spokane, Stato di Washington, a un’ora di aereo dalla città dove è nato: parliamo di Gonzaga, Domantas diventa un Bulldog. Il motivo della sua scelta? Ovviamente l’allenatore Mark Few, abile nel lavorare con giocatori di basket di talento provenienti da tutta Europa e a prepararli per la NBA, ma anche “solo” per un futuro in Europa (chiedere a Stockton, Dickau, Turiaf, Pargo e più recentemente Austin Daye).

Nella sua stagione da freshman è già protagonista: in 38 partite viaggia a 9.7 punti e 7.1 rimbalzi di media partendo quasi sempre dalla panchina (con un picco di 19 punti, in 19 minuti, contro St. Thomas Aquinas), ma è un sesto uomo di lusso, decisivo nelle vittorie del college della WCC che cadrà solo alle Elite Eight del torneo NCAA contro i futuri campioni di Duke; lo storico coach degli Zags, in accordo col giovane, lo convince a rimanere per un’altra stagione, stavolta promettendogli un ruolo da protagonista. Il nativo del Baltico finora non ha deluso le aspettative, diventando ben presto il fiore all’occhiello della squadra, attualmente al secondo posto in WCC, con cui sta viaggiando sulla doppia-doppia di media con 17.5 punti e 11.5 rimbalzi nelle 20 gare finora disputate, andando quattro volte sopra i 20 punti e in due occasioni infilando prestazioni mostruose, contro Tennessee (36+16) e St Francisco (35+14).

Con la maglia del proprio Paese, è sempre stato il leader di ogni formazione giovanile in cui abbia militato volando su doppie-doppie di media, ma senza che la sua Nazionale arrivasse mai a vincere il titolo: il suo massimo piazzamento è il quinto posto agli Europei U18 di Riga 2013. Nell’estate 2015 è anche arrivata la chiamata da Kazlauskas per la spedizione europea nel torneo che ha coinvolto più Nazioni, conclusasi con la finale persa contro la Spagna del re Gasol, ma in cui il ragazzo ha lasciato il segno: 10 punti e 4 rimbalzi in 16’ nella sconfitta con il Belgio sono stati il primo segno nel panorama europeo ai massimi livelli.

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Le premesse sono tutte dalla sua parte, ma di che tipo di giocatore parliamo? Di un’ala forte mancina che possiede un fisico possente e una buona mobilità, a cui aggiunge un eccellente lavoro di piedi e un più che notevole controllo del corpo; è inoltre un gran rimbalzista, dote in cui riesce a imporsi grazie al suo fisico e al suo intuito e che gli permette di sfuggire perfino al tagliafuori avversario. Non possiede l’atletismo tipico delle ali forti, né un primo passo veloce per battere l’avversario in 1vs1, ma è bravo a eludere l’avversario o costringerlo al fallo grazie alla sua versatilità offensiva che gli consente di avere una vasta gamma di soluzioni, anche con la mano debole, quasi ugualmente proficua. Possiede un buonissimo tiro che, nonostante una preparazione e rilascio non proprio veloci e, è ugualmente efficace costruito sia dal palleggio che da un passaggio ricevuto; tuttavia il lungo lituano non fa affidamento su questo fondamentale, nonostante un range che può essere migliorabile anche dall’arco, preferendo l’isolamento in 1vs1 vicino al ferro dove produce di più o il tiro dalla media, altra sua arma efficiente. Non è un giocatore aggressivo che mette palla per terra, ma possiede molta energia vicino al ferro, così come in transizione e nel pick n’ pop, e mostra grande intelligenza e lettura di gioco. Difensivamente può migliorare sul primo passo e sugli avversari più rapidi, ma è capace di difendere a uomo lontano da canestro e sul pick n’ roll avversario, dove riesce sempre a tornare sul suo diretto marcatore. Dal punto di vista mentale, parliamo di un’atleta solido e intelligente, capace di leggere bene il gioco su ambo i lati del campo e di mostrare buone abilità anche come passatore sia vicino a canestro che come assistman per tiri puliti da un range di tiro più ampio.

Le previsioni per una quasi certa chiamata al Draft 2016 lo danno alla fine del primo giro, quindi per formazioni di alto livello quali OKC, Spurs, Cavs o Warriors: sarebbe una buonissima occasione per il lituano di maturare, se non fosse che Cleveland e i Thunder hanno ceduto i diritti di prima scelta rispettivamente a Phoenix e Philadelphia, squadre che al momento hanno bisogno di ripartire da solide certezze.

Dopo il successo del padre, sarà quindi anche il turno del figlio del Principe?

Federico Gaibotti

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