Fenomenologia dell’Olimpia Milano

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In questo pezzo – si spera abbastanza adeguato – si cercherà di raccontare la storia di quella che è la squadra più vincente e famosa del basket italiano, una squadra che oggi festeggia il suo ottantesimo anno di età. In questi otto decenni si sono avvicendati straordinari campioni tra italiani e stranieri che hanno indelebilmente segnato la storia della palla a spicchi nostrana.

I. Le origini e la consapevolezza del destino vincente: Adolfo Bogoncelli e Cesare Rubini

Ufficialmente l’Olimpia Milano nasce nel 1936 – nell’anno della vittoria del primo scudetto – ma le origini risalirebbero a sei anni prima quando i dirigenti della Fratelli Borletti, storica azienda milanese produttrice di orologi, macchine per cucire e strumenti di misurazione, decisero di creare una piccola squadra di impiegati (le tipiche squadre del dopo lavoro tanto in voga in quegli anni in Italia). La cosa si fece via via più professionale e arrivarono quattro scudetti in fila dal 1936 al 1939. Arrivarono poi anni di vacche magre fino alla retrocessione in B. Grazie però al geniale Adolfo Bogoncelli la squadra fu fusa nel 1947 con la Pallacanestro Como, squadra fondata dallo stesso Bogoncelli nel 1945 con il nome di Triestina Milano grazie alle sovvenzioni del Partito d’Azione (molto attento alla celeberrima “questione triestina”) e che raccoglieva giocatori fuggiti da Trieste dopo l’arrivo delle truppe jugoslave. Il Bogos fu il vero artefice della creazione del “mito Olimpia”, a partire dall’idea di ufficializzare l’anno di nascita nel 1936. Il messaggio era a : questa squadra è nata sotto la stella della vittoria. Dal 1949 dal 1954 vengono conquistati cinque scudetti consecutivi, tutti sotto il segno dell’allenatore-giocatore Cesare Rubini.

II. Il marchio Simmenthal, i primi stranieri e l’espansione in Europa: la finezza di Bill Bradley

L’epopea meneghina continuò sotto la sponsorizzazione del marchio Simmenthal grazie al quale arrivarono i primi stranieri: il primo, ingaggiato nella stagione 1955/56, è Dīmītrīs “Mimīs” Stefanidīs nel cui ingaggio c’è lo zampino di Aldo Giordani. Il simbolo però, anche se per una sola stagione e solo in Coppa dei Campioni, è lo statunitense Bill Bradley (che sarà anche campione NBA con i New York Knicks). Bradley è un uomo e un giocatore di straordinaria intelligenza: alle straordinarie doti da giocatore (gran passatore e capace di vedere il canestro da quasi ogni posizione grazie a una visione periferica superiore alla media) aggiunge la grande carriera di studente tra Princeton e Oxford. Indubbiamente un ottimo rappresentante per l’Olimpia. Da giocatore esordì proprio a Milano come il classico “straniero di Coppa” nella stagione 1965/66 dando un contributo fondamentale alla conquista della massima competizione Europea. Di lui difficilmente ci si scorderà e forse, proprio a lui, si deve l’ulteriore espansione dell’Olimpia. In quegli anni c’è ancora Rubini, anche se solo come allenatore: 9 scudetti, una Coppa Italia, due Coppe delle Coppe i trofei conquistati oltre alla Coppa dei Campioni.

III. La seconda stella, il grande slam e lo sputare sangue: Dan Peterson, Mike D’Antoni e Dino Meneghin

L’ultimo colpo di Bogoncelli prima di passare le redini della società alla famiglia Gabetti fu Dan Peterson. Il “nano di ghiaccio” si era già affermato nel panorama del basket italiano grazie alle vittorie sulla panchina della Virtus Bologna. Peterson porta una ventata di novità e durezza mentale alla squdra, che continua così a inanellare successi su successi, compresa la seconda Coppa dei Campioni nel 1987 vinta in finale contro il Maccabi Tel Aviv, quello fu  l’anno del grande slam e ultimo anno di Peterson. Nel 1982, primo anno di nove consecutivi in finale, arrivò la seconda stella: la vittoria in finale fu conquistata contro la Pesaro di Walter Magnifico,  Dragan Kićanović e Myke Sylvester. Milano però poteva contare tra le sue fila Dino Meneghin, arrivato nel 1980, dopo anni passati come rivale principale quando vestiva la maglia dell’Ignis Varese. Il roccioso pivot fu una delle armi principali durante quegli anni e nonostante qualche dubbio all’inizio entrò a suon di vittorie e grandi prestazioni nel cuore dei tifosi Olimpia. Suo braccio destro fu Mike D’Antoni, grande condottiero in campo e probabilmente il miglior giocatore nella storia dell’Olimpia. Una di quelle divinità del parquet che ha contribuito a tenere accesa la fiamma della leggenda milanese. Uno dei momenti indimenticabili di quegli anni: la partita di ritorno di Coppa di Campioni in cui vi fu la rimonta dal -31 dell’andata subito dall’Aris Salonicco di Nikos Galis, a cui un grande D’Antoni mise la museruola durante tutta la partita. L’Aris sarà avversaria proprio di Milano, anche se stavolta in Eurocup, nei prossimi giorni.

IV. La Tracer Milano. Le ultime vittorie: Bob McAdoo

Quella squadra bissò il successo in Coppa dei Campioni l’anno successivo. Uno dei protagonisti indiscussi fu Bob McAdoo, strepitoso giocatore dalle sopraffine capacità offensive, ed MVP alla fine della competizione. McAdoo fu ovviamente protagonista anche nelle precedenti vittorie (arrivò a Milano nel 1986) ma il suo posto è questo in quanto simbolo dell’ultima vittoria milanese in Coppa dei Campioni. Mai si vedrà nuovamente un giocatore di quel calibro in Italia. Uno dei più puri talenti NBA passati nel Bel Paese per dominare i parquet. La destinazione non poteva, almeno in quegli anni, non essere Milano. Se il basket nostrano era così in salute era anche merito dell’Olimpia.

V. L’ultimo scudetto della grande era: Gentile padre, Bodiroga, De Pol, Fučka e Blackman

L’ultima edizione della grande Olimpia era un misto di grandi talenti italiani come Ferdinando Gentile (che già aveva emozionato l’Italia del basket in maglia Juve Caserta, il piccolo miracolo del sud), De Pol e Gregor Fučka, ovvero due giocatori che saranno parte di quella strepitosa generazione che farà grandi gli azzurri tra l’inizio degli anni novanta e i primi anni 2000. C’erano poi gli stranieri come Dejan Bodiroga, probabilmente il più  cristallino talento europeo della generazione dei nati negli anni ’70, e Rolando Blackman, una guardia capace di segnare a ripetizione e che, vista la carriera ottima in NBA, abbiamo avuto l’onore di avere come protagonista in Serie A. Questa squadra nel 1995/96 porterà a casa lo scudetto, la Coppa Italia e raggiungerà la finale di Coppa Korać.

VI. Le porte scorrevoli nella proprietà della squadra e gli anni senza trofei e i figli d’arte. Danilo Gallinari e Alessandro Gentile. 

gentile milanoDopo l’ultimo scudetto sotto la proprietà Stefanel non arrivano più successi. La squadra passa prima dalle mani di Stefanel a quelle di Caputo, poi arriva Sergio Tacchini e infine a Corbelli. Sotto quest’ultimo si ritorna alle finali scudetto dopo nove anni, ma il sogno tricolore svanisce in Gara-4 contro la Fortitudo Bologna. Ruben Douglas segna un canestro da tre che passerà alla storia per essere stato convalidato solo dopo l’instant-replay, lasciando le due squadre in una straziante attesa. Gli ultimi anni di magra dopo la finale scudetto persa sono però illuminati dalla nuova presidenza Armani e dal talento sconfinato di Danilo Gallinari, figlio di Vittorio ovvero uno dei protagonisti dell’epopea degli anni ’80. Danilo volerà poi nella NBA alla fine della stagione 2007/2008 lasciando però grandi ricordi ai tifosi. Negli anni successivi, fatti da sfortunati tentativi di opporsi all’egemonia della Montepaschi, arriverà Alessandro Gentile, il figlio di Nando. Il precedente con il figlio di un altro campione che precedentemente ha vestito la maglia Olimpia lascia ben sperare. Gentile Junior cresce bene sotto il Duomo e si afferma come uno dei migliori talenti italiani.

VII. Lo scudetto del 2014 e la nuova speranza. 

Nella stagione 2013/2014, con Gentile assoluto protagonista, Milano vince nuovamente lo scudetto a diciotto anni di distanza dall’ultimo e proprio contro quella Montepaschi che aveva impedito il ritorno alla vittoria negli anni precedenti. Gli sforzi di Armani sono ripagati. Nel 2015 arriva lo stop in semifinale contro la Dinamo Sassari poi Campione d’Italia. Quale sarà il prossimo capitolo nella storia Olimpia?

Si ringrazia Giuseppe Marmina per le utili segnalazioni riguardanti la fondazione dell’Olimpia.

Mattia Moretti

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