Final Four preview: Kentucky Wildcats

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Perfect season: sono queste le due parole che viene automatico associare al nome di Kentucky quest’anno. Questo perché è, o almeno fino ad ora sembra, una squadra imbattibile, e per molti capace di terminare la stagione senza sconfitte. Nella storia della Division 1 ci sono riuscite soltanto 7 squadre, e non accade dal lontano 1976 quando gli Indiana Hoosiers ottennero il titolo con 32 vittorie e 0 sconfitte. Tutti lo sapevano fin dalla prima partita della stagione: questi Kentucky Wildcats sono la squadra da battere in tutto e per tutto. La squadra è un mix di matricole e ragazzi più esperti, sono completi in tutti i ruoli, possono permettersi di far sedere in panchina per molti minuti i giocatori migliori (hanno praticamente due squadre, ma dopo vedremo meglio); insomma, parliamoci chiaro, solo loro possono perdere il titolo. Ma tutte queste aspettative fin dall’inizio della stagione non avranno finito per creare troppe pressioni in questi giovani ragazzi? Per il momento sembra nella maniera più assoluta di no. E se dovesse essere una delle due partite di Indianapolis a far passare questa squadra di Coach Calipari come la più forte della storia a non aver vinto il titolo? Questo sta al campo dirlo a partire da stanotte, ma fino a adesso questa vera e propria corazzata ha letteralmente spazzato via ogni avversario trovato sul suo percorso. Forse della stagione regolare è quasi meglio non parlare, guardiamo piuttosto al torneo: vittorie facili contro Hampton e Cincinnati al primo e al secondo turno, una passeggiata contro West Virginia (vittoria 78-39 contro la numero 5 del Regional), e alle Elite 8 arriva Notre Dame. Ecco, forse proprio la partita contro Notre Dame è stata il punto di svolta della stagione dei Wilcads, mi spiego meglio: Kentucky ha seriamente rischiato di vedersi sconfitta prematuramente da una squadra molto meno forte a livello individuale, ma ben organizzata e piena di voglia (se il tiro di Grant fosse entrato sulla sirena eravamo qui a parlare probabilmente di una delle partite che sarebbe passata alla storia). Forse la partita contro gli Irish è servita anche come monito per gli incontri successivi, e adesso vedremo una Kentucky veramente “schiacciasassi” in campo a Indianapolis. Ma l’effetto creato potrebbe anche essere opposto, i Wildcats potrebbero anche aver visto in parte tagliata la loro superiorità, a volte se vogliamo quasi strafottente nei confronti degli avversari. Adesso troveranno Wisconsin sul loro cammino, la squadra di Kaminsky e Dekker capace di controllare la partita e operare grandi rimonte nei minuti finali. L’ultima cosa che può fare Kentucky è certamente sottovalutare la forza dei Badgers, che non è certo una sorpresa trovare alle Final Four.

I GIOCATORI

Difficile concentrarsi su un solo nome: questi Wildcats sono forti nel collettivo, non ci sono giocatori da 30 minuti o 20 punti di media a partita. Basti pensare a Karl-Anthony Towns, il centro potenziale prima scelta assoluta al Draft, che fino ad ora ha giocato appena 21 minuti di media (probabilmente avrà un minutaggio superiore nella prima stagione NBA). Oppure i fratelli Harrison, Aaron e Andrew (guardie), già capaci di centrare la finale lo scorso anno, poi persa contro Connecticut. Cauley-Stein e Lyles, due tra i migliori lunghi in Division I a completare il reparto lunghi insieme a Dakari Johnson. Ma non è finita qui: Ulis e Booker, eccellenti tiratori dall’arco solo per citare la loro migliore qualità. Insomma, profondità di roster impressionante, tanto che Caliapri certe volte in stagione ha scelto due quintetti da alternare durante la partita, roba unica nel mondo del College. Non è mancata la provocazione naturalmente: “Questa è la 31esima squadra NBA“. Oddio, provocazione, mica tanto…

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L’ALLENATORE

John Calipari, 27 anni di esperienza come allenatore dei quali 6 trascorsi con Kentucky, alla ricerca del secondo trofeo, dopo quello del 2012. Ama il gioco in continuo movimento (drible drive motion il nome esatto del suo gioco), ed i giocatori adatti per esprimerlo non mancano. Personaggio molte volte discusso, più odiato che amato, ma di sicuro destinato a fare la storia del College Basketball. Considerato il mago dei reclutamenti, sa far crescere i giovani talenti come forse nessun altro (Anthony Davis, John Wall, Noel, Terrence Jones, Cousins, solo per citare i più recenti, sono passati dai suoi insegnamenti). L’uomo giusto per allenare i migliori, in molti vorrebbero essere al suo posto in questo momento.

Redazione BasketUniverso

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