Finalmente ci siamo resi conto che il basket italiano non è in salute

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Dopo anni passati con le fette di salame davanti agli occhi, finalmente ci stiamo rendendo conto che il basket italiano non è in salute, parafrasando una citazione del presidente federale Gianni Petrucci.
Solo nell’ultima stagione hanno rischiato – chi più, chi meno – di chiudere baracca e burattini la Pallacanestro Cantù, la Scandone Avellino, la Pallacanestro Trieste e infine l’Auxilium Torino. Quattro società storiche del nostro basket che hanno vinto – chi più, chi meno – trofei o hanno partecipato per molte stagioni al massimo campionato italiano.

A queste, se proprio vogliamo, dobbiamo aggiungere una Pesaro che si barcamena da parecchie stagioni verso salvezze risicate e una Pistoia che quest’anno ha allestito un roster non competitivo per il livello della Serie A a causa di un budget molto limitato.
Senza poi dimenticare l’auto retrocessione della Virtus Roma, il fallimento di Montegranaro, il fallimento di Caserta e il doppio fallimento della Mens Sana Siena, non andando troppo indietro, ovvero a quando Treviso e la Fortitudo ci hanno lasciato.

In tutto questo, l’anno prossimo il campionato dovrebbe passare a 18 squadre. Ma Petrucci, in accordo con la Lega, ha già fatto dietrofront, e di conseguenza si potrebbe avere un campionato a 17, con conseguente turno di riposo. Certe cose possono accadere in Serie C, in Serie D, in Promozione, ma osservare un turno di stop obbligatorio tra i professionisti è fuori da ogni senso logico.

Fortunatamente però c’è un uomo a capo della LBA che sta ottenendo buoni risultati: Egidio Bianchi. Il presidente di Lega ha portato Eurosport ad investire nel nostro sport, dando tutte le partite ad un prezzo accessibilissimo e ad una qualità di molto superiore rispetto a quella delle reti locali, che addirittura spesso le mandavano in differita. Nel 2017 sembrava di essere nel 1987, cioè quando eri costretto – per limiti tecnologici – ad ascoltare la radiocronaca della tua squadra del cuore perché non c’era nessuna diretta streaming o TV dell’evento.
In più ha riportato il basket a Firenze – città storica del nostro Paese – realizzando due delle più belle edizioni di sempre delle Final Eight di Coppa Italia, con altre 5000 persone presenti al palazzetto per la finalissima (entrambe, tra le altre cose, non hanno vista coinvolta Milano, perciò il merito è doppio).

E adesso Bianchi, insieme a tutta la Legabasket, ha deciso di prendere una posizione forte: estromettere dalla LBA l’Auxilium Torino. È certamente una scelta dolorosa, nessuno vorrebbe escludere una squadra importante com’è quella piemontese, la quale fino a pochi mesi fa si trovava addirittura in EuroCup e aveva come capo allenatore Larry Brown, uno dei mostri sacri della pallacanestro mondiale. Però questo accade quando si viene a creare da parte della società un buco di bilancio importantissimo e che, soprattutto, nessuno ha intenzione di colmare, a differenza di quanto si intende fare a Cantù. Già, proprio Cantù, la società che ha portato in Italia Dmitry Gerasimenko, il pomo della discordia dell’assemblea che si è tenuta ieri a Bologna. Ora c’è da capire e sperare se la città di Torino riuscirà ad organizzare un comitato per salvare il basket perché, diciamoci la verità, senza il magnate ucraino e con una proprietà affidabile, tutte le società – Pistoia esclusa – sarebbero ben disposte a ritrattare la scelta di ieri. Ma la conditio sine qua non #GerasimenkoOut non è affatto scontata: non dimentichiamoci quanto ha fatto sudare il passaggio di quote societarie a Tutti Insieme Cantù.

Saranno sicuramente settimane e mesi infuocati perché l’Auxilium cercherà di cambiare la decisione della LBA in tutti i modi possibili però, a prescindere da come terminerà questa vicenda, adesso c’è l’idea di sistemare i conti. Questo è un precedente importantissimo. Fatto questo passo, non si può più tornare indietro. Non si può più concedere alle società di fare quello che si sono permesse di fare – per far quadrare il bilancio e rendere competitiva la propria formazione – nelle ultime stagioni.
Speriamo non sia solo un raggio di luce in un periodo buio della nostra pallacanestro. Per poter tornare ai fasti degli anni Ottanta e Novanta, si deve ripartire dalle formule. Quelle salvano il mondo. Specialmente nello sport, se deliberate ed applicate con criterio.

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