Ginobili come Allende: la necessità di essere leader

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Bologna.

Un giornalista sta intervistando Emanuel Ginóbili, il talento argentino ha appena contribuito ad uno storico triplette con la Virtus Bologna: campionato, coppa ed Eurolega. Durante la finale della manifestazione europea ha letteralmente spezzato in due la partita realizzando 5 canestri di fila nel solo terzo quarto, girando la partita a favore della sua squadra. Ha trascinato i compagni ad una vittoria storica, canestro dopo canestro. Proprio per questo la prima domanda del giornalista è alquanto scontata:

“Quanto ti senti leader di questa squadra?”

La risposta di quel giovane Ginobili è in grado di descrivere tutta la sua straordinaria carriera nonché il personaggio sportivo che ha rappresentato per tifosi ed addetti ai lavori.

“Non punto ad essere il leader, né mi sento tale. Io faccio di tutto per vincere una partita. Nient’altro. Voglio solo che i miei compagni si fidino di me. Io sarò il loro scoglio”

Ginobili-Kinder

Santiago del Cile.

Un giornalista sta intervistando Salvador Allende. Per la prima volta nella storia un candidato, che si definiva apertamente “marxista”, ha appena vinto le elezioni. Il 39 per cento dei cileni ha deliberatamente votato Allende e la sua coalizione, gran parte dei cileni ha deciso di salire sul “treno socialista”. Una rottura storica, un fatto senza precedenti: un comunista democratico a capo della Repubblica Cilena. La prima domanda del giornalista è fuori discussione:

“Quanto ti senti leader di questo Cile, di questi cileni?”

La risposta formulata da Allende rimase impressa in tutti i libri di storia quale espressione massima della democrazia in tutto il mondo.

“Rappresenterò tutti i cileni, anche quelli che non mi hanno votato.  Noi partiamo da diverse posizioni ideologiche. Per voi essere un comunista o un socialista significa essere totalitario, per me no… Al contrario, io credo che il socialismo liberi l’uomo. Mi seguirà solo chi vorrà seguirmi…”

La  parola “seguirmi” è il filo conduttore della nostra storia.  Argentina. Siamo nel 2003 e la nazionale di Basket albiceleste vorrebbe allenarsi in vista delle Olimpiadi di Atene 2004.  Arrivati al campo di allenamento un brutta sorpresa li attende:  la temperatura all’interno del palazzetto è di meno tre gradi. I giocatori non voglio allenarsi, pretendono rispetto perché si ritengono, e sono, giocatori di un certo calibro, non è quella una condizione adeguata per giocare.

L’allenatore, sopraffatto dall’imprevisto, non sa cosa dire, semplicemente chiede ai giocatori di fare quello che preferiscono, anche andarsene. Sono tutti d’accordo sull’impossibilità di allenarsi quando un ragazzotto incomincia a correre intorno al campo, senza dire una parola. Senza proferire verbo corre con cappuccio e guanti, intorno al campo, a testa bassa.  Il ragazzotto è Ginobili, continua a correre, senza dire una parola. Gli altri giocatori si guardano sbigottiti, imbarazzati non possono non correre se Manuel lo sta facendo. Non c’è bisogno di raccontare quando l’Argentina vinse le Olimpiadi perché è proprio in quel momento che ricevettero la medaglia d’oro. La sua Nazionale, la sua squadra, il suo popolo, uniti al fianco del loro condottiero.

11 Settembre 1973.

Gli Stati Uniti mettono in atto un colpo di stato per far cadere il governo Allende. Un comunista al governo in questo mondo non è possibile. Il leader di tutti i cileni si gettò dalla finestra per non essere catturato dai militari americani  governati da quel Pinochet che prese il potere con la forza, instaurando una dittatura sanguinosa.

Salvador Allende poco prima di morire parlò alla radio dicendo che la sua morte imminente non avrebbe cambiato nulla perché il futuro sarebbe stato dei lavoratori e di chi crede nella propria nazione e negli ideali di giustizia

Il vero leader non ha bisogno di calarsi nei panni di guida, gli basta mostrare la strada.

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