Gli incredibili aneddoti sull’infanzia di Luka Doncic

Home NBA News

Luka Doncic adesso è una superstar NBA. Il suo percorso è iniziato dalla Slovenia per proseguire ben presto a Madrid, prima di prendere la strada di Dallas e ultimamente quella per Los Angeles.

Il trasferimento in un Paese straniero, senza famiglia, non deve essere affatto facile per un adolescente. Doncic ha raccontato diversi aspetti della sua infanzia a Mind the Game, il podcast di LeBron James e Steve Nash.

Lasciare la Slovenia e trasferirmi a Madrid a 13 anni è stato molto difficile. Non conoscevo lo spagnolo e nessuno parlava la mia lingua, in quel momento il basket è diventato tutto il mio mondo. Per i primi tre mesi in Spagna non ho quasi mai aperto bocca ma così ho imparato velocemente lo spagnolo. Per le prime tre stagioni ho vissuto in una piccola stanza del dormitorio della scuola che frequentavo, poi il Real ha costruito la foresteria per i ragazzi delle giovanili e ci siamo spostati in questo posto bellissimo. La mia giornata prevedeva sveglia verso le 7:30, un’ora di allenamento e poi scuola fino alle 17. Poi altre tre ore di allenamento dalle 18 alle 21. Non ci allenavamo solamente il mercoledì, il sabato e la domenica perché c’erano le partite.

Steve Nash ha sollevato il problema dell’eccesso di individualismo e dell’ossessiva ricerca di giocate da higlights nelle categorie giovanili, a discapito di aspetti fondamentali come posizionamento, letture e soprattutto capacità di fare passi indietro per il bene della squadra. Doncic, invece, ha sottolineato di aver convissuto fin da piccolo con questo tipo di basket. E secondo lo sloveno una formazione del genere è fondamentale, visto che nel basket NBA sono sempre più importanti i role player, quei giocatori che non tentano di strafare.

A tal proposito Doncic ha raccontato un episodio risalente a quando aveva 15 anni.

Avevo un allenatore che era duro con tutti, dal primo all’ultimo, non risparmiava nessuno. Durante una partita eravamo avanti di circa 30 punti, ma io stavo ca********do un po’ troppo. All’intervallo mi urlò contro così tanto che mi fece piangere. Quell’allenatore cambiò il mio modo di vedere la pallacanestro. Per diventare un giocatore davvero bravo, hai bisogno anche di una persona del genere. Quell’anno non perdemmo neanche una partita e vincemmo la finale con 30 punti di scarto.

Curioso anche il modo in cui Luka si è avvicinato alla pallacanestro.

Non ero bravo in nessun altro sport, a parte il calcio. Da bambino ho giocato anche a tennis e pallavolo, mi sono sempre divertito nel fare sport, pur senza eccellere in nulla, oltre che nel basket. Anche il fatto che mio padre giocasse ha influenzato la scelta. Facevo il ball boy alle sue partite di EuroLega, potevamo entrare in campo prima della gara, durante l’intervallo e alla fine. Io facevo una sola cosa: tiravo.

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.