Golden State è campione ma Cleveland non muore mai: le pagelle delle Finals

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I tifosi e gli addetti ai lavori dei Golden State Warriors si ricorderanno per molto tempo la serata del 16 Giugno 2015, data in cui la franchigia della baia diventa per la quarta volta campione NBA dopo 40 anni di astinenza dall’ultimo titolo. Il Larry O’Brien Trophy torna ad Oakland dopo una stagione passata sempre guardando tutti dall’alto e in seguito ad una serie finale in cui, da favoriti, i Warriors hanno dimostrato di avere sempre qualcosa in più dei decimati avversari, a cui va riconosciuto di aver lasciato ogni stilla di energia sul parquet.

Golden State Warriors

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Stephen Curry 8: l’MVP della Lega si dimostra un giocatore eccezionale, quando è “in the zone” non esiste difensore che possa contrastarlo; ball handling da Globetrotter, range di tiro illimitato e capacità di mordere la partita quando più conta. Sonnecchiante nelle prime 4 gare (anche se con cifre più che decenti), fantascientifico in gara-5, leader in gara-6. Mezzo punto in meno di valutazione perchè spesso l’atteggiamento spocchioso può risultare irritante e perchè a volte si ferma troppo a specchiarsi nella sua pallacanestro cercando l’highlights a tutti i costi. Se giocasse più semplice sarebbe davvero infermabile.

Klay Thompson 6,5: la sola ombra, oltre a Bogut, nella luce dei Warriors; l’unica vera gara da Klay di Klay è stata gara-2 ma si è rivelato un losing effort. 4 partite su 6 con problemi di falli nonostante non marcasse l’alieno col 23 avversario, spesso colpevole di “braccino” quando le sfide entravano nel vivo. Se Golden State è arrivata fin qui il merito è in gran parte anche suo, ma in queste Finals non si è rivelato lo Splash Brother di cui il suo fratello cestistico aveva bisogno.

Andre-Iguodala-Ronald-Martinez-Getty-Images-e1434113756688Andre Iguodala 8,5: forse l’MVP delle Finals con meno talento della storia, l’unico senza partenze in quintetto in RS (le uniche sono state in queste finali) ma sicuramente uno di quelli con gli attributi più grossi. Ha provato ad opporsi a James con qualsiasi mezzo (ampiamente undersize fisicamente rispetto al Re) ed a volte ci è anche riuscito. Le percentuali orribili ai liberi si oppongono ai “big shot” dalla distanza ed alle penetrazioni concluse sempre al ferro; spesso e volentieri sfidato al tiro, ha risposto sempre presente. All around per eccellenza, è stata la mossa tattica con la quale Golden State ha girato la serie.

Draymond Green 7,5spesso esitante quando si tratta di prendere una decisione veloce con la palla in mano, ma un Warrior nel vero senso della parola. Schierato da centro per la maggior parte della serie, lui che misura 2.01m per 104 kg si è ritrovato a battagliare sotto canestro contro due lunghi come Thompson e Mozgov, che fanno della fisicità il proprio punto forte, ed è riuscito a non sfigurare, anzi. In difesa il solito leone, in attacco un’ arma tattica senza pari.

Harrison Barnes 7,5: Molte ombre (0/8 al tiro in gara-3) ma anche molte, molte luci. Insieme a Green si è ritrovato a giocare un ruolo non suo, spesso vicino a canestro per esigenze di centimetri, fondamentale nella pivotal gara-5 (10 rimbalzi di cui ben 6 offensivi). Non chiedetegli di creare dal palleggio, ma quando la palla gira lui è sempre protagonista; spesso messo in discussione in passato, ora è una pietra angolare di una squadra campione NBA.

Andrew Bogut 5: Senza di lui Golden State è tutta un’altra cosa, ed è indubbio che la mossa di fargli fare da spettatore abbia permesso ai suoi di portare a casa l’anello. Imprescindibile durante la stagione, deleterio nella serie di finale. Nonostante tutto, se il trofeo è arrivato nella baia bisogna ringraziare anche lui.

GettyImages-474025092.0Shaun Livingston 7: solo ammirazione per un giocatore che obiettivamente è già un miracolo che non sia su una sedia a rotelle dopo l’infortunio che ha avuto nel 2007 con la maglia dei Clippers. E’ passato dai 15 minuti di media nelle prime 3 gare ai 32 di gara 6, non un semplice comprimario dalla panchina ma un’arma tattica per la sua altezza e per l’intensità difensiva ed offensiva.

Leandro Barbosa 7: non è di certo ai livelli del 2007, quando con la maglia dei Suns fu il sesto uomo dell’anno in NBA, ma quando viene chiamato risponde sempre presente con penetrazioni fulminanti e tiri dalla lunga, fondamentali i suoi 13 in 17′ in gara-5.

David Lee 6: le positive gara 3 e 4 gli valgono la sufficienza, ma di certo non giustificano i quasi 12 milioni di stipendio che i Warriors gli mettono in tasca. Spesso infortunato in stagione, non è nemmeno lontanamente parente dell’All Star che era. Importante, ma di certo non fondamentale.

Festus Ezeli 6,5: meriterebbe un 10 per la voglia di lottare rapportata al talento, ma le mani sono quelle che sono e più di così non si può pretendere. Il fatto che passi davanti a Bogut nelle rotazioni di Kerr la dice lunga.

Speights, Rush, McAdoo, Holiday, Kuzmic s.v.

Steve Kerr 8: certo, con persone come Alvin Gentry al proprio fianco ed un potenziale offensivo pressoché infinito a disposizione è tutto più semplice, ma a lui va il merito di essere arrivato al successo dove altri avevano fallito (Mark Jackson chi?). La mossa “Iguodala per Bogut” non arriva dalla sua testa ma la decisione l’ha comunque presa, coraggiosamente. Ha costruito un sistema difensivo che prima i Warriors non avevano e ha guidato la squadra ad una stagione leggendaria. Giù il cappello.

 

Cleveland Cavaliers

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LeBron James 9: ci sbilanciamo, è uno scandalo che l’MVP delle Finals non l’abbiano dato a questo signore. Sia chiaro, Curry lo meritava, Iguodala l’ha meritato, ma James è stato qualcosa di sovrannaturale. Le cifre le conoscete, ma le ripetiamo, così tanto per: 35.8 punti, 13.3 rimbalzi, 8.8 assists, 32.6 tiri di media a partita con il 40% dal campo, 45.8 minuti di media a partita, 23 minuti totali passati in panchina nell’intera serie. Può sembrare la solità banalità, o in questo caso un’assurdità, ma se c’è un caso in cui le cifre non dicano nulla del valore assoluto che un giocatore abbia portato ad una serie di 6 partite, è proprio questo. L’attacco di Cleveland è stato lui, punto. Senza James questi Cavs sembravano una squadra di serie C italiana, non di più. Bow down to the King.

Tristan Thompson 8: vero che la maggior parte del tempo dava una decina di centimetri all’avversario diretto, ma in ogni rimbalzo, difensivo o offensivo che fosse, c’era il suo zampino. Intensità difensiva immensa, si è ritrovato ad essere un secondo violino in una finale NBA e ha risposto più che presente. James è stato quello che è stato, ma il vero grattacapo per i Warriors è stato Thompson.

6473450-3x2-700x467Matthew Dellavedova 7: letteralmente catapultato in campo dopo l’infortunio di Irving, non ha esitato un attimo a prendersi le sue responsabilità (a volte esagerando, ma vai a dirgli qualcosa). E’ riuscito a limitare Curry con mezzi più o meno leciti, ma di fatto ci è riuscito, nel limite del possibile. Meccanica di tiro orribile ma a segno quando serviva, per non parlare dell’energia senza limiti con la quale si è buttato su ogni pallone vagante.

Iman Shumpert 5,5: anche lui come i suoi compagni chiamato a fare uno step-up notevole causa infortuni dei titolari, spesso ha risposto assente. In attacco ci si aspettava di più da uno che comunque possiede delle armi offensive in più rispetto ad altri, in difesa ha sempre fatto il suo.

Timofey Mozgov 7: ce l’ha sempre messa tutta e anche di più. Dirottato su Iguodala nella metacampo difensiva, spesso fuori dal suo comfort spot in area, si è arrangiato come meglio ha potuto. Commovente la sua prestazione in gara-4, dimenticato colpevolmente (forse) da Blatt in gara-5, sempre positivo nelle altre partite in correlazione con i mezzi a disposizione.

JR Smith 4: inconcludente, confusionario ed impreciso. Da uno con il suo talento e la sua faccia tosta ci si sarebbe aspettato che cogliesse al volo l’occasione irripetibile di avere “licenza di sbagliare e di improvvisare” in un contesto di esposizione mediatica che sarà irripetibile. Peccato.

James Jones 6: sufficienza piena per il veterano legionario di LeBron James. Encomiabile in difesa, qualche tripla qua e là. Di più, obiettivamente, non poteva fare.

bloc.0.0Kyrie Irving 6: enorme dispiacere per ogni tifoso vederlo abbandonare in gara-1, ma la stoppata su Curry rimarrà sempre negli occhi per ciò che poteva essere e non è stato.

Miller, Perkins, Harris, Haywood, Love, Varejao s.v.

David Blatt 6: dopo tanti anni di Europa, subito catapultato in una  Cleveland  scossa dal ritorno di James e con nuove ambizioni di vittoria, in un mondo distante anni luce per l’approccio diverso in campo e fuori. Ha la pecca di non aver azzardato la mossa Mozgov in gara-5 dopo i 28 del russo in gara-4, ma ha il pregio di essere stato l’allenatore con cui questa Cleveland è arrivata di nuovo in finale e ha dato filo da torcere ai Warriors.

 

 

Francesco Manelli

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