Houston-Utah, le pagelle: conferme per Mitchell e Gobert, ma i Rockets hanno la meglio

NBA

Houston Rockets

James Harden, 7,5: nel finale di questa serie si è andato a perdere, tirando male sia dal campo (15/44 nelle ultime due partite) sia da tre punti (2/14), ma è stato come sempre determinante. In gara 1 chiude con 41 punti (7/12 dall’arco), 7 assist e 8 rimbalzi, trascinando i Rockets contro la solida difesa dei Jazz. Stesso discorso per l’unica sconfitta, rimediata nella gara successiva: nonostante il pessimo 2/10 da tre, mette in crisi Utah con i suoi pick and roll con Capela e serve 11 assist. Harden ha la capacità di trovare sempre una soluzione per rimediare alle serate in cui non trova il feeling con il tiro dalla lunga: si rifugia in lunetta, da cui conclude con il 90,7%, e realizza una media di 8 punti a partita.

Chris Paul, 8: la prestazione sfoderata in gara 5 è la più chiara dimostrazione della forza di volontà di questo (magnifico) giocatore. Guida i Rockets alle Finali di Conference con 41 punti, 10 assist e 7 rimbalzi, tirando 13/22 dal campo e soprattutto mandando a referto 8 triple (su 10 tentativi). Ottime le prove anche in gara 1 e gara 4, in cui ha punito più volte la scelta di Gobert di chiudere l’area e concedergli i jumper dalla media (sopra il 50% dal campo in entrambi i casi). Migliora sensibilmente dall’arco nonostante l’1/7 di gara 3 e l’1/6 di gara 7, passando dal 29% del primo turno al 44% contro Utah.

Clint Capela, 7,5: decisamente un fattore anche in questa serie come contro Minnesota. Non era facile affrontare un centro della qualità di Gobert, ma ha chiuso con quasi il 60% dal campo e 3.5 stoppate di media. Nella sconfitta di gara 2 si carica la squadra con una prestazione da 21 punti e 11 rimbalzi, seconda doppia doppia consecutiva dopo i 16+12 di gara 1. La sua intesa con Harden è una delle chiavi dell’attacco di coach D’Antoni, ma in difesa svolge al meglio (come sempre) il ruolo di rim protector, con una gara 4 in cui DOMINA nel pitturato con 15 rimbalzi e 6 stoppate. Fa impressione il rendimento di Capela in questi playoff: fino a questo momento ha fatto registrare 136 punti di offensive rating e 98 di defensive rating proiettati sui 100 possessi.

Trevor Ariza, 6: impatto positivo in questo secondo turno, nonostante litighi con il ferro per tutte e 5 le gare. In gara 1 e gara 3 riesce a concludere con il 50% dal campo e converte 4 canestri dall’arco su 9 tentativi, ma in gara 4 scende sotto il 30% (2/7) e chiude il turno senza segnare da tre punti. In difesa ha l’ingrato compito di marcare Mitchell: generalmente si comporta bene e per tutta la serie riesce a limitare come può il giovane rookie dei Jazz.

Eric Gordon, 5,5: non è ancora riuscito a sbloccarsi in questi playoff. L’exploit di gara 3 (25 punti e 8/13 dal campo) si presenta come un caso isolato, perché ad eccezione di gara 2, non raggiunge più la doppia cifra per punti. Sicuramente ha un discreto impatto nella metà campo difensiva, ma non entra mai in ritmo contro i Jazz e produce un pessimo 34% al tiro (0/6 in gara 1, 2/8 in gara 5).

P.J. Tucker, 7: crescita esponenziale in termini di rendimento per l’ex Raptors, a partire dal minutaggio (32 di media rispetto i 25 del primo turno). Tucker migliora ogni voce statistica rispetto la serie precedente: chiude a quasi 12 punti di media (+5.5), a cui aggiunge 6.8 rimbalzi (+4) e il 52% dall’arco. Decisivo in gara 5 con 19 punti (5/7 dall’arco) e 3 stoppate, incide soprattutto con un’ottima difesa in termini di intensità e letture sugli aiuti.

P.J. Tucker sta tirando con il 54% e il 47% dagli angoli in questi playoff (http://www.austinclemens.com)

Luc Mbah a Moute, 5,5: quasi 20 minuti di media per lui, dopo l’infortunio che lo ha costretto a saltare la serie con i Timberwolves. Dimostra di non essere ancora al top della forma e si limita a dare il suo contributo in difesa e portare un po’ di atletismo alla causa, anche perché tira con brutte percentuali dal campo (33,3%, ad eccezione di gara 5 dove conclude con 8 punti e 3/5 al tiro) e da tre punti (2/10).

Gerald Green, Nené, Ryan Anderson, : s.v.

Coach D’Antoni, 7: è stato molto bravo a limitare le qualità offensive dei Jazz, costringendo per prima cosa coach Snyder a dover rinunciare a Favors. In difesa ha optato per “switchare” su tutti i blocchi, scelta che ha pagato e bloccato più volte l’attacco avversario. C’era un alto di rischio di soffrire l’entusiasmo accumulato da Utah dopo un ottimo primo turno, ma ha saputo dare spazio ai giocatori più in forma (Paul, Tucker, Capela), senza danneggiare l’attacco a causa di alcune brutte prestazioni al tiro dei giocatori più fidati. Collaudata un’ottima difesa, ci sarà bisogno del miglior Harden per affrontare i Warriors, sperando che il supporting cast non si concede “giorni di riposo”.

 

Utah Jazz

Donovan Mitchell, 7: non era facile replicare la prestazione del primo turno, ma Mitchell ha dimostrato ancora una volta una personalità e una sicurezza nei propri mezzi che poco si addice a un giocatore al primo anno. Senza Rubio ha dovuto impostare le azioni nella metà campo offensiva, con risultati per niente negativi, come in gara 2: solo 6/17 al tiro, ma 7 assist nel primo tempo (11 a fine serata). Nonostante le percentuali siano vistosamente calate rispetto la serie contro i Thunder (25% dall’arco, solo due volte sopra il 40% dal campo), chiude oltre 19 di media, a cui aggiunge 6 assist e 4.4 rimbalzi. Saluta questi playoff con 24 punti (9/17) e 9 assist in gara 5, lasciando ben sperare per il futuro di questi Jazz.

Rudy Gobert, 6,5: il francese è stato messo particolarmente in difficoltà da Capela, ma ha saputo trovare delle contromisure per aiutare i suoi compagni. In attacco ha giocato in maniera intelligente, sfruttando ogni possesso: ha chiuso solo 1 volta tirando con meno del 70% in gara 5 (5/9), ma ha fatto registrare il 71,5% grazie anche all’ottima prova all’esordio (11 punti, 4/4). Termina con una doppia doppia di media da 12+10, ma come sempre è stato il faro difensivo di questa squadra: chiude l’area come meglio può ed è prezioso negli aiuti quando viene bucata la difesa sul perimetro.

Joe Ingles, 6,5: in gara 2 è stato semplicemente perfetto, mandando a referto 27 punti (carrer-high) con 10 canestri a bersaglio su 13 tentativi e punendo dall’arco i Rockets 7 volte su 9 conclusioni. Nella sfida successiva tira male dal campo (2/10, a cui aggiunge 5 palle perse), ma chiude sempre sopra la doppia cifra (15 di media nella serie) e prova a dare il suo contributo anche in fase di impostazione. Al termine di questa edizione dei playoff registra un 62,3% di True Shooting e dimostra di essere un elemento importantissimo di questo roster per i Jazz.

https://youtu.be/Vgpc434d6Ro

Derrick Favors, 4,5: nel primo turno contro OKC era stato il giocatore che più aveva messo in difficoltà coach Donovan a livello tattico, costringendolo a panchinare Melo che si accoppiava male con Favors. Questa volta è stato coach Snyder a dover rinunciare al suo lungo, che dopo i 26 minuti in gara 1 ha visto partita dopo partita ridotto il proprio minutaggio (appena 18 di media rispetto i 32 del primo turno). Chiude a quota 10 punti solo in gara 2 (5.5 di media), ma soffre particolarmente i quintetti piccoli di Houston, dovendo inseguire i suoi diretti avversari lontano dall’area e incidendo poco anche a rimbalzo.

Jae Crowder, 5: all’inizio di questa serie parte in quarta chiudendo a quota 21 in gara 1 e con 15 punti e 10 rimbalzi in gara 2, tirando 13/23 dal campo e 8/13 dall’arco. Da li in poi blackout totale: nelle ultime tre partite converte appena 4 tiri su  28 tentativi, con un pessimo 20% dall’arco (1/7 in gara 4). In difesa si conferma un vero mastino, ma vive di troppi alti e bassi per tutta la serie, mancando di lucidità nelle scelte. Un vero peccato se si considera anche l’ottimo contributo a rimbalzo (6.6 a sera).

Royce O’Neale, 6: molti minuti in campo anche per O’Neale, grazie alla sua versatilità in difesa. Parte come titolare in marcatura su Harden: lo limita come può, ma paga la sua inesperienza caricandosi di falli il più delle volte. La fiducia di coach Snyder viene ripagata in gara 3 e gara 5 con 17 punti e due ottime prestazioni al tiro (7/10 e 6/10 dal campo). Giocatore per niente egoista, si prende pochi tiri e li converte con un discreto 54%: così vengono giustificati i 30 minuti di media contro questi Rockets.

Dante Exum, 6: in questa serie abbiamo visto senza dubbio la migliore versione di Exum di questi 2 anni. In difesa non sfigura su Harden e grazie alla rapidità di piedi e una discreta dose di atletismo, complica non poco la vita al numero 13 dei Rockets (0/7 dal campo, 0/4 da tre, 1 assist, 1 TO su 22 possessi nell’unica vittoria di Utah). In gara 2 realizza due triple pesanti dagli angoli, mentre in gara 4 segna 9 punti solo nel primo quarto, ma paga anche lui la poca esperienza commettendo 3 falli.

Alec Burks, 6: guadagna minuti complice l’assenza di Rubio, sfiorando i 20 di media rispetto i 5 minuti sul parquet contro Oklahoma. In gara 2 ha un ottimo impatto dalla panchina con 11 punti nel secondo quarto (chiuderà a 17 con 7/11 al tiro), così come nella sfida successiva (14 punti, 3/4 dall’arco) e in gara 5, dove segna addirittura 22 punti. Ha il merito di portare ossigeno nella metà campo offensiva con quasi 12 punti di media (con lui in campo i Jazz hanno fatto registrare +8.2 punti di offensive rating).

Raul Neto, Jonas Jerebko: s.v.

Coach Snyder, 6: con Rubio infortunato e l’ottimo stato di forma degli avversari non era facile fare meglio di così. Snyder è riuscito nell’impresa di vincere una gara sul campo dei Rockets, mettendo in crisi per un momento la miglior squadra della regular season. Ha saputo leggere subito i limiti dell’accoppiamento dei due roster, panchinando Favors e cercando di aprire il campo, dando spazio, a ragion veduta, a giocatori come Exum, O’Neale e Burks.

 

 

Giovanni Aiello

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