Si sa, l’idea che giocatori non statunitensi potessero accedere alla NBA e dimostrarsi allo stesso livello se non ad uno superiore degli americani non ha mai fatto impazzire né gli appassionati a stelle e strisce né tantomeno gli addetti ai lavori.
Spesso i giocatori nati al di fuori degli USA venivano visti con un occhio diverso sia dai tifosi sia dalle stesse franchigie che dovevano selezionarli. Che le ragioni fossero tecniche, per una possibile difficoltà di adattamento alla NBA da parte di giocatori abituati ad una pallacanestro diversa, o psicologiche, magari dovute ad un sentimento d’orgoglio degli statunitensi portati a pensare che i propri giocatori fossero meglio degli stranieri, non è dato saperlo.
Per fortuna nostra e di tutti gli appassionati di questo sport, i processi di globalizzazione sviluppatisi nel mondo negli ultimi decenni hanno coinvolto anche la NBA: la lega è così passata da un minimo di soli 5 giocatori stranieri tesserati nella stagione 1946-47 ai 109 del campionato attuale. Il record, tutt’ora imbattuto, è stato però raggiunto nell’annata 2016-17 quando i non-statunitensi nella lega furono ben 113. Attualmente le nazioni rappresentate all’interno della National Basketball Association sono 40, USA inclusi, la popolazione più presente è quella del Canada, con 18 elementi, e la squadra più cosmopolita è proprio quella canadese dei Toronto Raptors, con dieci cittadinanze diverse all’interno del proprio roster.
Prima di stilare la nostra Top 10 dei migliori non statunitensi che abbiano mai calcato i parquet NBA, occorre però fare una precisazione. Per la nostra classifica, non terremo conto dei giocatori NBA che pur essendo nati in un paese straniero, abbiano poi nel corso della loro carriera indossato la canotta di Team USA o in ogni caso rappresentato gli Stati Uniti per svariate ragioni. Vanno dunque esclusi dalla nostra Top 10 campioni del calibro di Tim Duncan, nato nelle U.S. Virgin Islands, il nigeriano Hakeem Olajuwon naturalizzato statunitense all’età di 30 anni, il giamaicano Patrick Ewing e Dominique Wilkins, nato a Parigi per via del lavoro del padre (un militare della U.S. Air Force) fino al più “recente” Kyrie Irving nativo di Melbourne, Australia, ma a tutti gli effetti statunitense.
Andiamo dunque a scoprire la nostra Top 10 dei migliori giocatori non statunitensi nella storia della NBA.
10) Dražen Petrović
“Mozart” si aggiudica il decimo posto di questa nostra speciale classifica unicamente per via della breve durata della sua carriera NBA. Se prendessimo come parametri di valutazione solo la qualità tecnica e la capacità di lasciare il segno nella pallacanestro, Petrović meriterebbe senza dubbio il podio. Purtroppo però, per via dei noti fatti di cronaca (un incidente d’auto che a soli 28 anni gli ha tolto la vita al rientro da una trasferta con la sua nazionale), la carriera di Petrović si è interrotta prematuramente consentendogli di incantare la NBA per sole quattro stagioni. Gran parte delle sue gesta Petrović le ha compiute in Europa, dove ha mosso i primi passi con il Sibenik, ha dominato gli anni ’80 vincendo tutto ciò che c’era da vincere con il Cibona Zagabria (con cui viaggiava a 43,3 punti di media nella lega jugoslava) prima dell’ultima stagione al Real Madrid.
A fine anni Ottanta, l’appagamento dei trofei vinti nel Vecchio Continente lo porta a trasferirsi Oltreoceano per provare ad imporsi anche nella lega dei migliori. Dopo una stagione a Portland, Petrović si trasferisce ai New Jersey Nets dove in tre anni si consacra anche come stella NBA, prima della prematura scomparsa. Da sottolineare è anche la sua carriera a livello di nazionale (prima jugoslava e poi croata): nel suo palmarès, Petrović vanta due argenti ed un bronzo olimpico, un oro e un bronzo mondiale ed un oro e un bronzo europeo. Solo la nostra immaginazione può dirci cosa sarebbe potuto essere Dražen Petrović per la pallacanestro mondiale se solo il destino fosse stato meno crudele.
9) Luka Dončić
Per il decimo posto della nostra Top 10 rimaniamo nella Penisola Balcanica, spostandoci solo di qualche centinaio di chilometri. Anche in questo caso, la posizione in classifica è giustificata principalmente dalla giovane età e dalla breve permanenza nella NBA. Il gioiello sloveno classe ’99 è solo al suo quarto anno nella lega, ma ha già tutte le carte in regola per rientrare nella nostra selezione. Scoperto in tenera età dagli scout del Real Madrid, Dončić si trasferisce da Ljubljana alla capitale spagnola a soli 13 anni. Ai blancos inizia la sua scalata che lo porterà a debuttare in prima squadra a 16 anni e a conquistare l’Europa a 19. Nel 2018 Dončić è infatti assoluto protagonista della stagione del Real che si conclude con la vittoria sia della Liga che dell’Eurolega, con incetta di premi da parte del talento sloveno: MVP della ACB, MVP dell’Eurolega ed MVP delle Final Four di Eurolega.
Nell’estate successiva, gli Atlanta Hawks lo selezionano alla terza scelta assoluta del draft prima di mandarlo ai Mavericks in cambio di Trae Young. A Dallas, “Luka Magic” impressiona la NBA conquistando il titolo di Rookie of the Year e sfiorando la convocazione all’All Star Game (secondo nelle votazioni dei fan ad Ovest dietro solo a sua maestà LeBron James) che arriverà l’anno successivo. Insomma, a soli 22 anni e con innumerevoli successi già alle spalle compreso un oro europeo con la sua Slovenia, Dončić entra di diritto nella nostra classifica, con l’obiettivo di scalare posizioni negli anni a venire.
8) Manu Ginóbili
Emanuel David Ginóbili si aggiudica l’ottavo posto della nostra speciale classifica. Nonostante l’origine argentina, come noi italiani ben sappiamo anche la carriera di “Manu” ha forti influenze europee. Nativo di Bahía Blanca, Ginóbili inizia il suo percorso cestistico tra le fila dell’Estudiantes de Bahía Blanca prima di trasferirsi in Italia alla Viola Reggio Calabria, con cui conquista la promozione in A1. Selezionato al Draft 1999 dai San Antonio Spurs, Ginóbili torna nel Bel Paese per vestire la maglia della Kinder Virtus Bologna con cui vincerà campionato italiano, Coppia Italia ed Eurolega agli ordini di coach Ettore Messina. Approdato finalmente in NBA nel 2002, Ginóbili si cuce addosso la divisa degli Spurs che non lascerà più fino al suo ritiro nel 2018, a quarant’anni inoltrati. In Texas Manu trova la sua dimensione, con a fianco Tim Duncan, Tony Parker e il loro mentore Gregg Popovich che lo porteranno a inserire nel suo palmarès anche 4 titoli NBA, due apparizioni all’All Star Game e un titolo di Sesto Uomo dell’Anno nel 2008. Anche lui, come i due predecessori nella nostra Top 10, vanta grandi traguardi internazionali con la sua nazionale: un oro olimpico ad Atene 2004, un bronzo a Pechino 2008 ed un argento mondiale nel 2002.
7) Nikola Jokić
Dopo la parentesi sudamericana, si torna nei Balcani con un altro ex-jugoslavo al settimo posto della nostra Top 10. Passate la Croazia di Petrović e la Slovenia di Dončić, tocca alla Serbia avere il proprio rappresentante tra i più forti cestisti non statunitensi ad aver calcato i parquet NBA: Nikola Jokić. Anche per il gigante classe ’95, rapida parentesi europea prima di diversi anni ai massimi livelli Oltreoceano. Vera e propria “steal” per i Denver Nuggets che al Draft 2014, alla 41° scelta del secondo giro, selezionano un semi sconosciuto Jokić dal Košarkaški klub Mega Basket di Belgrado. Dopo un ulteriore anno in Serbia, nel 2015 Jokić si unisce ai Nuggets e, stagione dopo stagione, prende le redini della squadra e si conquista la statura di stella NBA grazie alle sue elevate doti tecniche, nonostante un fisico da centro puro (211 cm per più di 120 kg). Jokić si guadagna, a suon di prestazioni da leader, ben tre convocazioni all’All Star Game, due presenze nel NBA First Team e soprattutto il titolo di MVP della regular season nel 2021, al termine di una stagione chiusa quasi in tripla doppia con 26.4 punti, 10.8 rimbalzi e 8.3 assist a partita. Per uno dei, se non “il” centro migliore della lega, si prospetta un futuro roseo che potrebbe portarlo a guadagnare diverse posizioni nella nostra Top 10.
6) Dikembe Mutombo
Guadagna la posizione su Jokić più per longevità e per “storia personale”, che per evidenti meriti sportivi. Dikembe Mutombo Mpolondo Mukamba Jean-Jacques Wamutombo nasce nel 1966 nella Repubblica Democratica del Congo in una famiglia di dieci figli e rimane in Congo fino all’età di 21 anni: non proprio una strada in discesa per diventare una star NBA. Nel 1987, grazie ad una borsa di studio, Mutombo si trasferisce alla Georgetown University dove inizia a lavorare seriamente sulla sua carriera sportiva. Selezionato al Draft 1991 dai Denver Nuggets con la quarta scelta assoluta, Mutombo fa il suo ingresso in NBA per la prima di 18 lunghe stagioni che trascorrerà sui parquet NBA. Negli anni veste le uniformi di Nuggets, Atlanta Hawks, Philadelphia 76ers, New Jersey Nets, New York Knicks e Houston Rockets, conquistando la NBA con le sue doti di “rim protector”. Non riuscirà mai a vincere un titolo NBA, ma le sue otto apparizioni all’All Star Game, i suoi 4 Defensive Player of the Year e le sue qualità difensive (grazie alle quali domina i pitturati della NBA concludendo tre stagioni da leader nelle stoppate e due nei rimbalzi) gli varranno comunque l’inserimento nella Hall of Fame.
5) Giannis Antetokounmpo
The Greek Freak conquista il quinto posto nella nostra Top 10, ma è naturalmente destinato a scalare la classifica negli anni a venire. Come Mutombo, anche Antetokounmpo ha una storia di riscatto sociale alle spalle, essendo nato in Grecia da genitori migranti in Europa dalla Nigeria alla ricerca di un futuro migliore per i propri figli. Giannis, primo di tre fratelli, cresce ad Atene dove inizia a giocare a pallacanestro nelle giovanili del Filathlitikos prima di essere notato dagli scout NBA ed essere selezionato con la quindicesima scelta al Draft del 2013 dai Milwaukee Bucks. Dopo alcune stagioni di assestamento, nel 2016-17 si prende i Bucks diventando il primo giocatore della storia a concludere una stagione nella Top 20 NBA di tutte le cinque principali voci statistiche (punti, rimbalzi, assist, rubate e stoppate): inutile dire che quella stagione gli vale il titolo di Most Improved Player. L’annata appena citata è però solo quella che catapulta Giannis al centro della scena NBA, un posto che non lascerà più.
Negli anni successivi Antetokounmpo conferma il proprio status di star NBA conquistando due titoli di MVP della regular season, tre presenze consecutive nell’All-NBA First Team, cinque partecipazioni all’All Star Game (di cui una da MVP) e portando i Bucks sul tetto del mondo a distanza di cinquant’anni dall’ultima volta, venendo nominato anche MVP delle Finals. La quinta piazza sta dunque stretta ad Antetokounmpo, ma siamo certi che prima della fine della sua carriera avrà già scalato diverse posizioni.
4) Pau Gasol
Ai piedi del podio si posiziona un altro europeo, capace di essere determinante tanto in NBA quanto con la sua nazionale, nella generazione dorata che ha portato la Spagna ai vertici del mondo cestistico. Pau Gasol, nativo di Barcellona, inizia la sua carriera nella pallacanestro proprio con il club catalano con il quale svolge la trafila delle giovanili e debutta tra i grandi. Nel 2001, viene selezionato con la terza scelta assoluta dagli Atlanta Hawks, che lo scambiano immediatamente ai Memphis Grizzlies. Nel suo anno d’esordio, Gasol dimostra di valere la NBA conquistando il titolo di Rookie of the Year (primo non-statunitense a riuscirci) e battendo record su record della franchigia del Tennessee. I suoi anni migliori coincidono però con l’approdo alla corte di Kobe Bryant ai Los Angeles Lakers: entrato nelle grazie della stella gialloviola, Gasol è determinante nel portare la franchigia californiana alla conquista del titolo nel 2009 e nel 2010.
Con l’avanzare dell’età, e i conseguenti acciacchi fisici, Pau comincia a girovagare per la NBA passando dai Bulls agli Spurs, prima di chiudere la sua carriera oltreoceano nel 2019 con i Bucks e tornare in patria proprio al Barcellona. Gran parte delle sue fortune però, come già detto, Pau le ha ottenute con la propria nazionale: con le “furie rosse”, Gasol ha conquistato due argenti ed un bronzo olimpico, un oro mondiale e tre ori, due argenti e due bronzi europei, diventando anche il miglior marcatore della storia di Eurobasket.
3) Tony Parker
Medaglia di bronzo nella nostra Top 10 per il playmaker che ha guidato la Francia ad un oro, un argento e due bronzi europei: Tony Parker. È vero, oltre a quella francese (ottenuta all’età di 15 anni) possiede anche la cittadinanza americana, ma essendo cresciuto oltralpe e avendo indossato per ben diciannove anni tra giovanili e nazionale senior la divisa dei blues, Parker entra di diritto nella nostra classifica. Nato in Belgio da madre olandese e padre statunitense, Tony muove i suoi primi passi da giocatore professionista nel Paris Basket Racing. Nonostante alcuni dubbi iniziali, Parker riesce a convincere gli Spurs, ed in particolare Gregg Popovich, a sceglierlo con la ventottesima scelta nel Draft 2001. Se nella prima stagione in NBA il francese fatica, già dal secondo anno prende in mano le redini dei San Antonio ed inizia la sua corsa verso i quattro titoli che vincerà insieme a Duncan e Ginobili. In seguito al ritiro nel 2019, al termine della sua diciottesima stagione NBA, Parker conferma il proprio attaccamento alla Francia dedicandosi in tutto e per tutto al suo ASVEL, club lionese di cui è diventato maggior azionista nonché presidente nel 2014. Il titolo di MVP delle Finals 2007, le sei convocazioni all’All Star Game ed il titolo di MVP di Eurobasket 2013 sono solo alcuni dei riconoscimenti individuali che valgono a Tony Parker il terzo gradino del podio nella nostra Top 10.
2) Steve Nash
Un altro cittadino del mondo, nato in Sudafrica ma con sangue canadese, si aggiudica la seconda piazza della nostra speciale classifica! Dopo essersi laureato in sociologia alla Santa Clara University, Nash viene selezionato con la quindicesima scelta al Draft 1996 da Phoenix. Nelle sue due prime stagioni NBA, il playmaker canadese non convince e viene così scambiato ai Dallas Mavericks, dove finalmente riuscirà ad esprimersi al meglio guadagnandosi la sua prima convocazione all’All Star Game e l’inserimento nel primo quintetto All-NBA. Nel 2004, da free agent, Nash decide di tornare ai Suns dove resterà per otto anni durante i quali lascerà il segno nella lega: due titoli consecutivi di MVP della regular season NBA, diverse ulteriori partecipazioni alla partita delle stelle, 5 stagioni da leader della lega per assist e la conquista dello status di superstar. Concluso il suo tempo in Arizona, Nash si trasferisce a Los Angeles dove però incappa nel periodo più travagliato della storia recente dei Lakers, una situazione nella quale neanche un talento del suo livello riesce ad adattarsi.
Il ritiro dal basket giocato nel 2015 al termine della sua diciottesima stagione NBA coincide però con l’inizio della seconda vita di Nash: fin da subito il playmaker canadese comincia la propria formazione come consulente di diverse franchigie prima di assumere ufficialmente il ruolo di head coach dei Brooklyn Nets nel 2020. A livello di nazionale, complice un “movimento-pallacanestro” non di primissima fascia nel paese, Nash e il suo Canada non guadagnano mai palcoscenici di rilievo, ma anche in questo caso il playmaker nativo di Johannesburg dimostra le proprie capacità manageriali. Dopo essersi ritirato dalla nazionale nel 2007, cinque anni più tardi Nash assume il ruolo di general manager della squadra senior e in sette anni di lavoro rilancia una nazionale che negli ultimi anni è tornata a competere ai massimi livelli.
1) Dirk Nowitzki
Il titolo di miglior giocatore non statunitense ad aver mai giocato in NBA va al gigante tedesco Dirk Nowitzki. Per riassumere la carriera di WunderDirk e comprendere la portata della sua figura basterebbe menzionare pochi elementi: unico giocatore della storia a disputare 21 stagioni con la stessa franchigia, primo europeo ad essere eletto MVP della regular season, primo europeo in un quintetto dell’All Star Game e sesto marcatore all time (primo tra i non-statunitensi). Dopo esser stato selezionato con la nona scelta al Draft 1998 dai Milwaukee Bucks, nelle sue ventuno stagioni NBA in maglia Dallas Nowitzki ha condotto la franchigia texana a quindici apparizioni ai playoff e soprattutto allo storico titolo NBA del 2011. I riconoscimenti di squadra e individuali però non erano abbastanza però per WunderDirk, che nel corso della sua carriera è stato capace di lasciare il segno anche con il suo iconico tiro in fadeaway dal mezzo angolo. In ambito FIBA, Nowitzki ha condotto la Germania ad un bronzo mondiale e un argento europeo, conquistando in entrambe le occasioni il titolo di MVP della manifestazione.
Le discussioni sui giocatori che sono rimasti esclusi dalla nostra Top 10 o che vi sono stati inseriti e sia sui diversi piazzamenti potrebbero sicuramente proseguire senza fine, ma per talento, longevità e statistiche, il nostro riconoscimento di giocatore non statunitense più forte nella storia della NBA va a Dirk Nowitzki.
La lista di giocatori non statunitensi ad aver mai giocato nella migliore lega del mondo da cui abbiamo attinto per stilare la nostra classifica è piena delle più diverse e particolari storie.
C’è chi, come Enes Kanter e Vlade Divac, oltre che sul parquet ha lasciato il segno anche al di fuori: il turco si è distinto per il suo attivismo politico in opposizione al leader Erdoğan tanto da arrivare a cambiare il proprio nome in Enes Kanter Freedom; il serbo invece, dopo quindici stagioni da giocatore, è passato dietro la scrivania diventando vicepresidente e general manager dei Sacramento Kings.
Come non menzionare poi la schiera di italiani che dal Bel Paese è partita nel tentativo di conquistare l’America. Escludendo gli italo-americani Mike D’Antoni, Travis Diener, Alex Acker e Ryan Arcidiacono, si parte dalla stagione 1995-96 quando Vincenzo Esposito e Stefano Rusconi collezionarono rispettivamente 30 presente con i Raptors e 7 con i Suns. In anni più recenti, sia Luigi Datome che Nicolò Melli hanno lasciato i più alti livelli dell’Eurolega tentando fortuna Oltreoceano per poi tornare nel Vecchio Continente. A lasciare il segno in NBA sono stati però sicuramente Andrea Bargnani, Danilo Gallinari e Marco Belinelli. Il “Mago”, primo giocatore europeo ad essere selezionato al Draft con la prima scelta assoluta nel 2006, ha trascorso ben dieci anni negli USA per poi concludere, forse prematuramente, la propria carriera di giocatore e ritirarsi a vita privata. Il “Beli“, che nei suoi tredici anni in NBA ha girato ben nove franchigie, è tutt’ora l’unico italiano ad essere riuscito a conquistare, oltre che l’NBA Three Point Shootout, un titolo NBA nel 2014 con i San Antonio Spurs. Il “Gallo” invece, nonostante i suoi frequenti problemi fisici, è stato l’italiano che ha ottenuto più fortuna, economicamente parlando, nella lega, riuscendo a strappare contratti da oltre 20 milioni a stagione. Ultimo italiano ad approdare in NBA, ma solo per ordine cronologico, il giovane Nico Mannion che in estate ha fatto le fortune della nazionale azzurra guidata da coach Sacchetti alle Olimpiadi di Tokyo 2021.
Le esperienze dei giocatori non statunitensi in NBA non sono sempre rose e fiori però. Alle stelle menzionate fino ad ora, si contrappongono altri giocatori meno fortunati: uno su tutti, Anthony Bennett. Primo canadese a riuscire nell’impresa di essere selezionato con la prima scelta al Draft, Bennett ha avuto un impatto disastroso nella lega e fin da subito è stato etichettato come una delle peggiori prime scelte di sempre. Dopo anni passati a girovagare per diverse franchigie NBA che facevano a gara per liberarsene, attualmente Bennett ha definitivamente abbandonato i suoi sogni di gloria in NBA ed è appena stato tagliato dall’Hapoel Gerusalemme.
In una lega a trazione statunitense, insomma, gli stranieri non sempre riescono a prendersi la scena. Sebbene, come abbiamo visto, negli anni il numero di giocatori provenienti da ogni parte del globo presenti ai nastri di partenza della NBA sia aumentato esponenzialmente, la migliore lega del mondo resta ancora una montagna molto alta da scalare per chi è nato fuori dai confini a stelle e strisce. Come testimonia però la nostra Top 10, c’è chi con il talento, il duro lavoro e la costanza riesce a raggiungere lo status di superstar e a volte anche a sopraffare gli americani in casa loro. Tra i vari Jokić, Dončić, Antetokounmpo e i futuri non-USA che colonizzeranno la lega però, siamo sicuri che negli anni a venire la NBA diventerà ancor di più un campionato a trazione globale e non solo statunitense.
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