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Il ritorno delle BB 4000 II e l’omaggio agli anni d’oro del basket

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Shaq e Iverson, dominare la NBA in modi opposti con le Reebok ai piedi

Shaquille O’Neal e Allen Iverson sono due lati opposti della stessa medaglia. Così uguali, eppure così diversi. Il primo un gigante, uno che non si è mai fatto problemi a cambiare squadra per perseguire i suoi obiettivi personali e professionali. Il secondo un piccoletto, che ha fatto della sfacciataggine la sua arma migliore, un perenne Davide contro Golia che ha lasciato un segno indelebile non solo nel mondo del basket, ma in quello sportivo. Due modi opposti, ma ugualmente efficaci, di interpretare la pallacanestro. Due storie che, destino vuole, si intersecano in vari punti.

L’essere cresciuti senza un padre, in primis. L’essere stati i volti della NBA negli anni ’90 e 2000, aver sfidato le leggende sia in campo che nel mondo delle sneakers, firmando con Reebok in una Lega dominata dai competitors. Conquistando la Lega, uno con i poster e la forza fisica, l’altro con i crossover e la fantasia. Filosofie che si sono riflesse anche nelle scarpe che si sono messi ai piedi e che li hanno accompagnati nelle imprese sul parquet.

Le Shaq Attaq di O’Neal lo hanno portato sulle prime pagine dei giornali, facendolo passare da prima scelta assoluta al miglior giovane talento della NBA degli anni ’90. Con loro ai piedi, Shaq era davvero sempre in “Attaq-mode”, fino a raggiungere le Finals al suo terzo anno nella Lega. Le sneakers di Iverson celebravano invece l’estro, prima le Question e poi le Answer, soprannome leggendario. Indossandole, Iverson è stato protagonista di momenti memorabili: dal crossover su Michael Jordan allo “Step Over” su Tyronn Lue durante le Finals del 2001.

 

Un’infanzia comune

È il 6 marzo 1972. Lucille è una giovane donna di Newark e dà alla luce un bambino di circa 3 chili e mezzo. Una stazza quasi normale per un ragazzo che nella sua vita diventerà un gigante. Inizialmente lo cresce da sola, perché Toney, suo padre naturale, è in carcere e non avrà mai nulla a che fare con il ragazzo. Subentrerà successivamente il compagno di Lucille, Phillip Arthur Harrison, sergente dell’esercito, che darà a Shaquille Rashaun, questo il nome scelto per il bambino, l’occasione di esplorare il mondo. Causa impegni militari, la famiglia vivrà prima in Germania e poi in Texas, a San Antonio. Nel frattempo Shaquille, “Shaq”, prende il cognome della madre, ovviamente. Colei che lo ha cresciuto nonostante condizioni economiche avverse.

Il 7 giugno 1975 siamo invece in Virginia, ad Hampton. Ann Iverson ha solo 15 anni quando rimane incinta di Allen Broughton, un tipo sicuramente poco raccomandabile che l’abbandona subito. Anche Ann cresce suo figlio da sola, in povertà, dandogli però il nome del padre, Allen. Ad Hampton, Allen viene soprannominato “Bubba Chuck”, un soprannome che lascerà quando diventerà uomo ma che porterà con sé nel cuore e ai piedi. Uno dei modelli di scarpe Reebok che verranno prodotte in suo onore si chiamerà proprio “Bubba Chuck”. Puoi togliere il ragazzo dal quartiere, ma non il quartiere dal ragazzo.

 

I did it my way

Shaq cresce, cresce e ancora cresce. Allen invece non ha esattamente il fisico adatto a giocare a basket. A 9 anni sua madre gli regala le prime scarpe: un momento-chiave, direte voi. In realtà Allen non gradisce particolarmente e continuerà a giocare a football americano, come quarterback, fino al liceo, quando inizierà ad affiancarvi il basket. I caratteri dei due ragazzi sono opposti, sebbene le storie familiari siano per molti versi simili: Shaq è un pacioccone, scherza spesso, Iverson è un diavolo, si caccia nei guai e ha quell’attitudine da “me contro il mondo” tipica di chi ha sempre dovuto lottare più degli altri per scavarsi un sentiero da percorrere. Entrambi sono comunque portati per la pallacanestro, Shaq domina al liceo e si iscrive ad LSU, dove col suo fisico marmoreo si afferma come uno dei migliori giocatori del college basketball, tanto da meritarsi la prima chiamata al Draft NBA dagli Orlando Magic. In quel periodo non lo scelgono solo i Magic, ma anche Reebok, decisa a puntare su un rookie per farne il proprio simbolo in una NBA Jordan-centrica in tutti i sensi. Si rivelerà una scelta azzeccatissima.

Mentre Shaq inizia a fare il panico anche tra i grandi, Iverson, che ha 3 anni in meno, ancora non sa quale sarà il proprio destino. Il talento non è in discussione, ma quelli cresciuti in contesti come il suo ci mettono poco a mandare tutto all’aria. Basta una scelta sbagliata. E così il giorno di San Valentino del 1993, mentre Shaq batte i Knicks di misura con una doppia-doppia da 21 punti e 19 rimbalzi, Allen, che è all’ultimo anno di liceo alla Bethel High School, viene arrestato per una rissa in una sala da bowling in cui colpisce alla testa una ragazza con una sedia. Non importa che due anni più tardi verrà assolto per assenza di prove, 4 mesi di carcere minorile e poi un anno di liceo in una scuola per “ragazzi a rischio” non glieli toglie nessuno. Per fortuna sua, e anche nostra alla fine dei conti, Georgetown chiude un occhio su questa gigantesca macchia. Il talento del ragazzo è troppo elevato per non dargli una chance.

Un anno al college, poi la NBA da prima scelta assoluta. E qui la storia, ciclica, si ripete. Complice la scadenza del contratto con O’Neal, Reebok decide di replicare la strategia vincente di qualche anno prima, puntando ancora su un rookie, sulla prima chiamata assoluta. Con un contratto da 50 milioni di dollari, il brand sceglie Allen Iverson, che esordisce in NBA proprio con le Reebok Blast di Van Exel ai piedi. Pochi mesi dopo riceve anche le sue prime signature shoes, le Reebok Question. Perché se ponete una domanda, Iverson è sicuramente la risposta, The Answer. È con quelle scarpe che, pochi mesi dopo il proprio esordio tra i pro, un giovanissimo A.I. manda al bar Michael Jordan in uno dei crossover più iconici della storia NBA.

Allen arriva in una Lega dominata da degli afroamericani che si vestono come dei comunissimi ragazzi bianchi. Non è qualcosa a cui è disposto ad omologarsi. La strada è qualcosa che ti rimane dentro, Allen ne ha fatto un mantra. Ascolta hip-hop in un periodo storico in cui l’associazione col basket non è ancora scontata. Si veste largo, porta il durag, le treccine, è coperto di tatuaggi, ha gli orecchini, le collane. Un bad boy, pronto a rivoluzionare il mondo dell’abbigliamento NBA.

“Solo perché metti un ragazzo dentro un completo, questo non lo rende un bravo ragazzo”, dirà nel 2005 quando David Stern istituirà un dressing code proprio per evitare che la “moda Iverson” si diffonda in NBA, rendendola una Lega di cattivi ragazzi. Verrà rinominata la “A.I. Rule”.

Nel frattempo, complici anche i 3 anni di età in più, Shaq è diversi passi avanti. Si è preso gli Orlando Magic, insieme alla sua spalla Penny Hardaway. I Magic sono una squadra “nuova”, nati solo nel 1989, ma con due così solo il cielo può essere il limite. Sfruttando l’assenza di Michael Jordan causa secondo ritiro, Orlando arriva alle Finals nel 1995, al terzo anno in NBA di Shaq. Di fronte gli Houston Rockets, che però “sculacciano” i ragazzini lasciandoli a bocca asciutta con un sonoro 4-0. Shaq comunque non sfigura, tutt’altro: in finale va 4 volte in doppia-doppia e si dimostra anche un ottimo passatore. 28.0 punti, 12.5 rimbalzi e 6.2 assist di media sono cifre da far impallidire se si pensa oltretutto che in quel momento gli anni sono solo 23.

Ma Shaq non è solo questo. Non è solo un gigante che fa di tutto in campo, talmente imponente da rompere un canestro semplicemente appendendosi al ferro. Fuori dal campo è un rapper, un attore, un ballerino. Negli anni successivi diventerà un poliziotto, un DJ. È The Diesel, Superman, Shaq Fu, The Big Aristotle. Infrangerà record e desidererà sempre di più. Non per forza economicamente, ma in quanto a esperienze, opportunità, nuove sfide. Fino a lasciare Orlando per un luogo che sicuramente meglio gli si addice: Los Angeles.

Reebok ha voluto fare un salto nel passato e tornare a quegli anni, gli anni di Shaquille O’Neal e Allen Iverson, con la collezione BB 4000 II. Un collezione streetwear che vuole rendere omaggio agli anni d’oro del basket e ai giganti della NBA.

Le sneakers sono ispirate ai modelli indossati da Shaq e A.I., riproponendo le colorazioni delle loro divise (il nero e l’azzurro degli Orlando Magic e il rosso, blu e bianco dei Philadelphia 76ers).

Francesco Manzi

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