Luigi Gresta, ex coach di Cremona si racconta per noi di Basketuniverso, riguardo la sua esperienza da head-coach, facendo anche un tuffo nel suo passato.
1) Il suo esonero da Cremona è sembrato il classico caso in cui l’allenatore paga per tutti: crede che avrebbe potuto fare qualcosa per evitarlo? Cosa?
Che la squadra dovesse lottare per non retrocedere lo si sapeva dall’estate. Eravamo due punti sopra la zona retrocessione avendo già incontrato le prime otto squadre in classifica tranne Milano e Pistoia fuori casa dove in pochi vinceranno. Speravo di poter giocare contro le squadre più vicine alla nostra portata come Pesaro, Montegranaro, Caserta ecc. Purtroppo non mi è stato concesso, ma rimarranno nella mia memoria le due fantastiche e nette vittorie contro corazzate come Cantù e Sassari.
2) Molti addetti ai lavori pensano che la Vanoli sia un po’ troppo leggera sotto canestro: crede che ci siano stati degli errori nell’allestimento della squadra in estate?
Probabilmente qualcosa di meglio lo si poteva fare nel reparto lunghi. Ma per le situazioni di mercato dovreste parlare con chi opera sul mercato, e non con l’allenatore. Io magari ho avvallato alcune scelte, ma io alleno. Certo che la scommessa persa su Watson ha scombinato un po’ le carte.
3) Dopo il cambio in panchina la squadra ha vissuto un buon periodo con 3 vittorie consecutive: merito dei nuovi innesti (Zavackas e Kyle Johnson) oppure c’è anche qualche motivazione di carattere psicologico?
Dopo il cambio di panchina la squadra ha perso quattro partite consecutive, non ne ha vinte tre di fila. Dopo quelle quattro sconfitte invece sono arrivate quattro vittorie, poi altre sconfitte e la vittoria con Pistoia. Io penso che questa squadra sia imprevedibile. Lo era all’inizio con me e lo sarà ancora fino a fine campionato. Può vincere partite impossibili come Sassari o Cantù, come accaduto con me in panchina, o Siena come successo con Cesare, o prendere batoste altrettanto forti. È una squadra imprevedibile in quanto caratterialmente particolare. Fino a quando ho allenato questa squadra, la sconfitta più brutta fu quella a Brindisi di 15 punti contro un avversario che io avevo capito potesse essere la sorpresa del campionato. Basta andare a rileggere le interviste di precampionato sui vari pronostici e si vedrà che come sorpresa del campionato io ho sempre indicato Brindisi. Le difficoltà in qualche partita all’inizio del campionato a mio parere sono state dovute anche all’infortunio di Chase, lui per me era il giocatore fondamentale.
4) Nella sua carriera si è distinto anche per aver scoperto giocatori come Rocca, Singleton e Stanic: qual è il segreto di questa abilità? Si basa più sui video o sull’osservazione diretta dei giocatori?
La maniera per fare scouting è fortemente cambiata con il miglioramento della tecnologia. Negli anni ’90 e inizio duemila il viaggiare tanto ed avere a disposizione tanti filmati mi è stato fondamentale nel compiere certe scelte. Ora mi concentro di più sulla parte tecnica e sull’allenare i giocatori più che reclutarli. A ognuno il proprio compito: i dirigenti hanno la responsabilità di costruire le squadre aiutati dai tecnici; i tecnici allenano le squadre con la vigilanza ed il giudizio dei dirigenti. Io ora sono un tecnico che in passato ha fatto il dirigente. I due ruoli, infatti, sono un semplice modo diverso di osservare lo stesso oggetto.
5) All’inizio della sua carriera, dopo aver lavorato nel settore giovanile di Pesaro, è stato per un anno a Lousiana State: come è nata questa opportunità e come la ricorda? Il college basket è una “palestra” anche per gli allenatori oltre che per i giocatori?
È stata un’esperienza utilissima non solo per il basket. Negli USA ho studiato business administration. Il vantaggio in termini pratici maggiore derivante da quella esperienza è stato l’apprendimento più approfondito della lingua e della cultura americana. Spesso ci ritroviamo a doverci relazionare con ragazzi profondamente diversi da noi per stile di vita e cultura. L’aver sperimentato in maniera diretta ed approfondito quel mondo mi ha aiutato e mi aiuta nel comprendere bisogni e stile di vita dei giocatori d’oltreoceano. Poi da quell’esperienza sono nati e si sono sviluppati tanti contatti con interlocutori come allenatori, scout e agenti che possono risultare sempre utili, dal punto di vista tecnico è stata un periodo per me molto formativo. Tante idee le ho potute rubare da coach Dale Brown, come, per esempio, alcuni principi di freak defense che non mi dilungo qui a descrivere.
6) Lotta per la salvezza: Cremona e Pesaro si sono rafforzate rispetto all’inizio dell’anno, mentre Montegranaro non versa in buone condizioni economiche e continua a perdere pezzi, chi retrocederà alla fine secondo Lei?
Sarà lotta fino alla fine fra queste tre squadre. Non so chi si salverà. Molto dipenderà anche dalle fortuna, dagli infortuni ecc. Sono tre squadre molto diverse: Montegranaro riesce a tirare fuori risorse anche quando sembra spacciata; Pesaro la vedo spesso giocare, è una squadra che non molla mai, ma proprio mai; Cremona è forse la più profonda e talentuosa, sarà una lotta veramente dura. Non penso che Varese e Bologna potranno invece essere completamente risucchiate in questa lotta, ma poi nel basket non si sa mai.
7) Capitolo scudetto: Milano è imbattibile oppure qualcuno riuscirà a impensierirla e a soffiarle il campionato? Come prima antagonista chi vede? La sorprendente Brindisi oppure Sassari?
Milano è assolutamente la favorita e potrà arrivare in fondo. Cantù potrebbe metterle paura, attenzione a Roma perché si è rinforzata ed ha un allenatore che può veramente fare la differenza.
8) E’ stato per molti anni assistente, lavorando anche con allenatori che hanno fatto la storia: in cosa si differenziano questi due lavori? E per quale si sente più portato?
Ho avuto la fortuna di lavorare con grandi allenatori come Dalmonte, Zorzi, Mazzon e, alle origini, Bucchi. Mi è sempre piaciuto ricoprire il ruolo di vice con questi allenatori perché in primo luogo avevano tanto da insegnarmi, poi mi hanno sempre responsabilizzato e stimolato tanto nel lavoro. Quando purtroppo mi sono ritrovato a dover lavorare con capi allenatori che ti vedevano più come un soprammobile che come un collaboratore utile, mi é piaciuto molto meno. Quindi direi che fare il vice è stato bello, ma dipende di chi. Mi sento a mio agio sia quando faccio il vice che quando ricopro il ruolo di head coach. Sono cose diverse ma per fortuna mi sento di poter essere decisionista quando chiamato ad esserlo, ma anche un consigliere quando non sono in prima linea. Certo che quando sei capo allenatore dormi meno a causa delle responsabilità, invece quando sei vice dormi meno a causa della mole di lavoro da svolgere per il capo. Ora forse mi sento più un head coach.
9) Nel suo passato c’è anche Avellino, che sta vivendo una stagione difficile, con alcune situazioni spinose tra giocatori, staff tecnico e società. In questo caso come dovrebbe comportarsi un allenatore? Intervenire in prima persona col pugno di ferro oppure dedicarsi solo alla parte tecnica, lasciando alla società il compito di risolvere certe questioni?
Adoro la realtà irpina, ma penso che non sia io a dover dare suggerimenti su come operare. Hanno un coach esperto e dirigenti che operano da anni. In generale penso che allenatore e società debbano sempre lavorare in simbiosi per risolvere i problemi, mai lasciare il coach solo ad affrontare i giocatori, ne uscirebbe sempre con le ossa rotte. Una società presente e aiuta a rendere un allenatore forte. In caso contrario si rischierebbe la “giocatocrazia”: nulla sarebbe più deleterio di questo.
10) Mercato: ha ricevuto qualche offerta da quando ha lasciato Cremona oppure ha qualche trattativa in corso attualmente?
Nessuna offerta, ma è ancora presto visto che in Italia fino a fine campionato non posso allenare.
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