Italiani d’America: al canto del Gallo giunse l’ora del Signore

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Italiani d’America, anche in questa settimana, può presentare validi motivi per sorridere a tutti i tifosi dei nostri quattro rappresentanti oltreoceano. Se Bargnani e Gallinari, dopo i segnali lanciati nelle ultime settimane, stanno avendo il merito di dare continuità al loro ottimo periodo di forma, finalmente negli ultimi giorni c’è stata l’opportunità di vedere Gigi Datome impiegato con una certa costanza, non nel solito garbage time, ma in tre differenti contesti di equilibrio, in tre partite vere. in cui il risultato non era ancora scontato e l’agonismo sul parquet non era già venuto a mancare.

Orlando Magic, Miami Heat, Memphis Grizzlies: le tre franchigie contro le quali Gigi è stato chiamato in causa da coach Brad Stevens. Nel primo match, contro Vucevic e compagni, l’ex capitano della Virtus Roma ha assaggiato il campo per ben 9 minuti, collezionando 10 punti con ottime percentuali dal campo (4/5) e 2 stoppate. I Celtics, nonostante il buon apporto portato dal sardo, non sono riusciti a vincere. Per Datome sono comunque arrivati gli elogi del proprio coach a fine match, applaudito per aver portato quella vivacità in attacco che stava mancando in quel momento della sfida. Stevens non si è però limitato soltanto alle parole, decidendo di concedere al faro della nostra Nazionale un’altra ghiotta chance nella partita contro Miami. Dal canto suo, Datome ha migliorato ulteriormente la qualità e l’apporto della sua prestazione, pareggiando il career high di 13 punti con un buon 6/9 dal campo e con 3 rimbalzi annessi. Una prova di spessore che ha aiutato i Celtics ad avere la meglio su Miami in un vero e proprio scontro diretto in ottica playoff. L’ultima prova del trittico, la più difficile sulla carta, ha visto sorprendentemente Boston prevalere sui Grizzlies, seconda forza ad Ovest. Per Datome appena 2 punti in 10 minuti di impiego; nulla di allarmante. L’ex Detroit ha mostrato di sapersi rendere utile quando c’è bisogno di lui, ha risposto presente alle chiamate dell’allenatore e si appresta a vivere un finale di stagione con una veste di comprimario speciale. Chissà se alla fine, dopo oltre un anno e mezzo di vacche magre, Datome non si ritrovi addirittura a vivere l’emozionante atmosfera dei playoff. Boston è a ridosso dell’oasi e sta trovando dei risultati positivi, nonostante la concorrenza folta l’impresa non è così proibitiva.

Il “nostro Signore” tanto invocato dunque, il Messia finora nascosto, si sta mostrando agli scettici miscredenti americani. La sua venuta sta coincidendo con la massima espressione stagionale di Danilo Gallinari. L’ala di Denver, reduce da una settimana coi fiocchi, è riuscito a mettersi in evidenza anche negli ultimi 7 giorni. Contro Houston ha dapprima tentennato, chiudendo con 11 punti e un 3/15 dal campo indice di una serata decisamente storta; con New York, partita vinta dalla franchigia del Colorado, non è giunto in doppia cifra. I suoi 9 punti però, comunque frutto di percentuali decisamente migliori rispetto alla sfida precedente, sono stati accompagnati dal sublime assist no-look per Hickson, finito alla posizione numero 2 nella classifica delle giocate della notte Nba. Un’ “americanata” sicuramente gradita dagli appassionati dell’altra riva dell’Atlantico, ma anche dai suoi compatrioti, finalmente felici nel rivederlo mettere a segno nuove giocate d’autore. La ciliegina sulla torta è però arrivata nella sfida contro Atlanta, rivelazione della regular season e principessa incontrastata della Eastern Conference. In una partita dominata a sorpresa dai Nuggets, tanto per ribadire il beneficio dell’esonero di Shaw, Gallinari è stato il trascinatore con 23 punti (8/12 dal campo e 4/5 dall’arco), 5 rimbalzi e 5 assist in appena 24 minuti di gioco. Una performance da incorniciare, capace di dare autostima e fiducia ad un gruppo di giocatori reduce da un’annata deludente. Se nelle Sacre Scritture Gesù venne rinnegato ben tre volte prima del canto del Gallo, il Salvatore della palla a spicchi italiana non è stato più rinnegato proprio nel bel mezzo del lungo canto del Gallo, ormai definitivamente svegliatosi dal torpore di inizio stagione. Chissà cosa direbbe Brad Stevens di questo azzardato paragone anche perché, in tutto ciò, la sua figura tenderebbe a coincidere con quella di San Pietro, il (non) rinnegatore. Al di là della fede, avrà subito accostamenti peggiori negli ultimi due anni. 

Chiudiamo con Bargnani e Belinelli, i veterani. Il Mago continua a sciorinare prestazioni interessanti, a testimonianza di un’integrità fisica ritrovata e di una capacità di giocare e di segnare mai perse, tralasciando  le consuete dicerie da bar. Nelle oneste sconfitte con Pacers e Jazz ben 21 e 20 punti, prestazione un po’ deludente nel tracollo con Denver, con 12 punti raggiunti ma anche molti errori dal campo e un riscatto immediato nella sfida di stanotte con i Lakers, con 16 punti a referto utili per vincere la sfida fra le megalopoli deluse. L’andamento del resto della stagione difficilmente si discosterà da questa falsariga: buone prestazioni individuali con qualche passo falso sparso ogni tanto e molte debacle di squadra, condite qua e là da qualche sporadico successo. Con tutto il rispetto per i Knicks e i loro sfortunati supporters, a noi italiani va bene qualsiasi cosa possa regalarcelo in forma e in fiducia per gli appuntamenti con la Nazionale. Appuntamenti ai quali si presenterà anche Marco Belinelli, protagonista di un momento abbastanza lineare della sua stagione, senza grossi picchi o brutte cadute. In settimana sono arrivati per lui i 5 punti contro la sua ex squadra, Chicago, e i 10 in un’altra vittoria contro una big dell’Est, Toronto, peraltro sempre una sua ex.  Cleveland non è stata un suo trascorso, ma la franchigia dell’Ohio lo cercò ben due anni or sono, prima dell’approdo agli Spurs. I Cavaliers si sono “vendicati” così nella notte, battendo i campioni in carica e costringendolo a soli 4 punti. Poco male: il Beli ha già dimostrato di aver fatto la scelta giusta a suo tempo.

 

Bernardo Cianfrocca

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