Italiani d’America: Belinelli ci porta nella storia, ma gli altri?

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Dopo un lungo digiuno riprende la nostra rubrica “Italiani d’America” intenta ad analizzare le prestazioni e le vicissitudini dei nostri 4 giocatori impegnati in Nba. E possiamo ben dire che si ripresenta col botto. Quale occasione migliore per ricominciare infatti, se non per celebrare lo straordinario Marco Belinelli, primo cestista azzurro in grado di vincere un anello Nba?

Belinelli con il trofeo della vittoria finale.
Belinelli con il trofeo della vittoria finale.

L’evento è ancora fresco e si è consumato poco meno di una settimana fa: i suoi San Antonio Spurs hanno dominato Miami anche in gara 5, aggiudicandosi la serie finale per 4 a 1 con incredibile e disarmante facilità. Texani che si sono presi la rivincita della sconfitta-beffa della scorsa stagione quando si arresero in gara 7 e quando, soprattutto, non potevano disporre della guardia di San Giovanni in Persiceto. Ha avuto ragione su tutto il Beli: ha rinunciato ad ingaggi più pesanti (Cleveland, Chicago) per andare in un progetto vincente e da un allenatore che sapeva gli avrebbe trovato la giusta collocazione e il giusto ruolo in un contesto già collaudato. Si è ambientato in fretta, ha tirato fuori delle grandi prestazioni in stagione regolare, ha giocato dei playoff discreti soffrendo in alcune serie (Dallas), mettendosi in luce in altre (Portland) fino ad arrivare alle Finals. Un po’ di spazio l’ha perso sul parquet, non lo discutiamo, ma è altrettanto indiscutibile il fatto che, una volta entrato in campo, si è sempre fatto trovare pronto per una tripla o un arresto e tiro da mandare a segno. Dopotutto, quando entri nell’Olimpo del basket per la prima volta, porti in mondovisione la bandiera della tua nazione, rendi orgogliosi i tuoi connazionali di essere tali, quanto possono essere importanti statistiche e percentuali? Si dice di solito che per fare strada in Nba bisogna o essere fenomeni o trasformarsi in specialisti. Ecco, Belinelli è consapevole di non poter essere l’uomo da 20 punti a serata perciò ha sfruttato la sua migliore abilità per ritagliarsi un proprio spazio, diventare un’arma in più. Che ci sia riuscito in pieno è perfino superfluo farlo notare. A suggello di ciò, la vittoria a febbraio nella gara del tiro da 3 punti all’All Star Game; il suo nome nell’albo d’oro che comprende anche Bird, Allen, Nowitzki e Stojakovic. Anche lì, il primo italiano a rendersi un vero protagonista nei 3 giorni più spettacolari del basket mondiale. Il nostro Beli è diventato l’uomo delle prime volte, belle e da non dimenticare, della pallacanestro italiana.

Ti ricorderemo con le lacrime agli occhi nell’intervista post partita di Mamoli quando, ringraziando i pochi che mai hanno dubitato su di te, avrai pensato a tutti quelli che nelle tre stagioni passate in panchina a Golden State e a Toronto ridevano di te, che dopo l’ultimo Europeo ti accusavano di non essere un giocatore all’altezza, scordandosi di quanto avevi fatto vedere a New Orleans e Chicago. Ricorderemo quelle lacrime come il simbolo di chi non molla mai, crede in sé stesso, realizza i suoi sogni e si permette di guardare tutti dall’alto in basso.

Magie del genere quest'anno non abbiamo potuto ammirarle da Datome
Magie del genere quest’anno non abbiamo potuto ammirarle da Datome

L’Italia è rappresentata anche, come ben sappiamo, da altri tre giocatori: Bargnani, Gallinari e Datome. Per diversi motivi questa non è stata la loro stagione; infortuni, situazioni difficili, scelte tecniche, c’è di tutto fra i motivi che hanno impedito anche a loro di poter essere protagonisti in questa annata.

Partiamo da Bargnani, un po’ perché è quello che fra i tre si è messo più in evidenza, un po’ perché è stato il pioniere e da lui, designato con la scelta numero 1 al draft del 2006, ci si attende sempre tanto. Lui sì che sarebbe uomo su cui costruire una squadra o almeno, così era nelle previsioni, ma a Toronto si erano stufati ad attendere e un anno fa hanno deciso di mandarlo a New York. Una grande occasione per il “Mago” che giungeva in una squadra molto competitiva, una piazza di grande appeal mediatico e con grandi obiettivi da voler raggiungere. Peccato che di obiettivi, personali e di squadra, non ne siano stati raggiunti. Il pivot azzurro era uno dei pochi che si stava salvando nel disastro diretto da Woodson. Stava succedendo la stessa cosa delle ultime stagioni di Toronto: segnava anche tanto ma la squadra perdeva, con tutti gli aspetti favorevoli e non della cosa: rispetto alla franchigia canadese, dove era il primo violino, i numeri sullo score erano un po’ più bassi anche se sempre di tutto rispetto, ma in compenso, anche le responsabilità: con gente come Anthony, Smith e Stoudemire nel roster era francamente impossibile che i tifosi della Grande Mela arrivassero ad odiarlo come all’Air Canada Centre. Dopotutto lui il suo lo stava facendo, fin quando non arriva il 19 dicembre con la sfida di New York contro Milwaukee. NY sembrava finalmente in grado di portare un match a casa visto il vantaggio di due punti a 11 secondi dalla fine e possesso; Bargnani con un’ idea folle decise di sprecare il possesso andando a cercare una tripla e concedendo ai Bucks un’insperata possibilità di rinsavire. Alla fine NY si portò la partita a casa ugualmente, ma quella data è stata uno spartiacque per la stagione del Mago: criticato e sbeffeggiato per quella scelta, ha iniziato il suo naufragio personale assieme a quello della squadra. Situazione poco sostenibile per un giocatore che mai ha brillato in termini di leadership e forza caratteriale. In soccorso gli sono arrivati i malanni fisici con un brutto infortunio al gomito che gli ha fatto finire prima la stagione. Ora ? L’arrivo di Jackson può essere un toccasana anche per lui. Un uomo di spessore per una piazza e giocatori difficili da gestire. A noi italiani di nuovo la speranza di poterlo vedere finalmente ai livelli per i quali fu chiamato quel 28 giugno di 8 anni fa.

Andrea Bargnani in fase di tiro
Andrea Bargnani in fase di tiro

Ed eccoci a Gigi Datome ed il suo anno da rookie con la canotta dei Detroit Pistons. Forse da salvare solamente il fatto di aver potuto assaporare l’atmosfera e la realtà della più grande lega del mondo. Sul campo infatti si è visto poco o nulla . Le sue sono state fugaci apparizioni, comparsate da garbage time. Ci aspettavamo tanto (forse troppo?) dopo una stagione da Mvp a Roma e un Europeo di grande spessore, ma siamo stati traditi. Sicuramente a tradirci sono stati prima Cheeks e poi Loyer, i due head coach che gli hanno negato qualsiasi tipo di possibilità di mettersi in mostra. Insistere su gente come Villanueva e Singler è parsa un’eresia a noi italiani e probabilmente lo è davvero. Se il Gigione non ha avuto però il benché minimo di fiducia da parte di 2 diversi allenatori, qualche responsabilità sarà stata anche sua. L’obiettivo ora è non abbattersi e rimboccarsi le maniche e siamo certi che lo farà. Belinelli insegna cosa può nascere dal letame ed una carriera Nba nata in panchina non è detto debba rimanere tale. Difficile possa cambiare piazza dal momento che si è messo poco in mostra. La speranza è che a Detroit ci sia un coach che lo valorizzi, che dopo un anno passato ad arrugginirsi a qualcuno venga in mente che anche lui può dare qualcosa.  A lui il dovere di farsi trovare pronto. Un grosso in bocca al lupo da parte dell’Italia intera !

Danilo Gallinari, ormai molto più di un anno fa
Danilo Gallinari, ormai molto più di un anno fa

Chiudiamo con Danilo Gallinari, l’unico che ha dimostrato di poter essere un uomo franchigia in un team ambizioso. Peccato che non abbia ancora recuperato appieno dall’infortunio al ginocchio dell’Aprile 2013. I programmi di recupero non sono andati come previsto così, è stata necessaria una nuova operazione ed altri lunghi mesi di stop. Lo vedremo di nuovo in azione al training camp dei suoi Denver Nuggets ad ottobre con la speranza che la lunga pausa lo abbia tirato a lucido e ce lo riconsegni presto in forma. La squadra del Colorado crede in lui e ci mancherebbe altro, noi italiani anche di più. Non ci resta che aspettarlo e di augurarci che la prossima stagione veda i nostri 4 italiani tutti quanti protagonisti.

State però attenti: questa rubrica potrebbe arricchirsi di un nuovo nome. Alessandro Gentile sarà il nuovo che avanza ? Il draft ci darà la sua risposta a riguardo.

Bernardo Cianfrocca

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