Poco prima di tuffarci nelle tre intense e spettacolari notti canadesi dell’All Star Game, esaminiamo, come di consueto, il recente rendimento dei nostri tre azzurri impegnati in NBA. Ormai la stagione di Danilo Gallinari, Marco Belinelli e Andrea Bargnani ha preso i rispettivi sentieri e, salvo operazioni di mercato entro la deadline del 18 febbraio, è difficile che se ne possano intraprendere altri.
Abbiamo un top, un flop e un’oscillante via di mezzo. Il vertice è rappresentato da un immenso Danilo Gallinari, protagonista di quella che finora è la sua stagione migliore in America, almeno dal punto di vista personale. In un momento tutto sommato positivo per Denver, con 3 vittorie nelle ultime 4 partite, lui continua a essere il limpido faro della franchigia del Colorado. Con Chicago è stato l’assoluto mattatore di una rimonta e di una vittoria esaltanti. Merito dei suoi 33 punti con 7/12 dal campo e un perfetto 18/18 ai liberi. Altro che Hack-a Shaq: mandate il Gallo in lunetta e lui vi distruggerà. Poi è arrivata New York e con essa un canestro niente male da oltre centrocampo sul finire del primo quarto. Altra serata da top scorer, stavolta a quota 19 punti, nonostante delle percentuali non troppo sfavillanti. E’ bastata la gemma della domenica sera a impreziosire un incontro abbastanza semplice. Con buona pace di quei tifosi che lo hanno visto andar via tanti anni fa. Denver invece lo coccola e ne impedisce l’avvicinamento da parte di altre squadre, Boston su tutte. Per chiudere il cerchio manca il buon mattoncino da 15 punti nel successo su Detroit e i 24 punti, con doppia macchia, contro i derelitti Nets. Non sono infatti bastati a evitare la sconfitta contro Brooklyn, arrivata proprio su un buzzer di Joe Johnson in faccia all’ex Olimpia Milano. Qualche male viene per nuocere. Proseguire il filotto avrebbe permesso di mantenere viva la speranza playoff, ma Utah e Portland sembrano avere una marcia in più.
La stessa marcia che sta penalizzando Belinelli con i suoi Sacramento Kings, mai troppo continui per ambire a raggiungere quell’ottavo posto che, qualche settimana fa, tutto sembrava meno che una chimera. La guardia di San Giovanni in Persiceto è l’emblema perfetto di un gruppo sempre in balia delle onde, benigne o maligne che siano. Alterna partite positive ad altre in cui lascia una traccia a stento. Nelle ultime quattro partite ci sono stati i 16 punti contro Boston, i 13 contro Brooklyn, ma anche i 6 con Philadelphia e gli 8 con Cleveland. Alti e bassi che vanno avanti da ottobre e che, probabilmente, non si placheranno fino ad aprile. E’ questa la stagione che ci aspettavamo da lui? Forse, ma qualcosa di meglio si poteva fare. C’è ancora tempo, ma nel frattempo dopo due anni torna a guardare l’All Star Game da spettatore. Quest’anno nemmeno il tiro da fuori lo ha assistito troppo.
Dall’ultimo All Star Game di Bargnani sono invece passati molti più anni. Ai tempi delle sue sfide tra rookies e sophomores si sperava, giustamente, in un futuro illuminato. Così non è stato, ma nemmeno si pensava di vederlo languire a 30 anni in una delle panchine peggiori della lega. A Brooklyn le cose non migliorano e, nell’ultima settimana, nemmeno le vittorie contro i suoi compagni di Nazionale possono averlo risollevato. Sfide in cui, per la maggior parte del tempo, si è limitato a guardare quelli che torneranno a essere i suoi compagni di avventura da luglio. Se almeno contro i Kings ha avuto la possibilità di segnare 4 punti, contro i Nuggets gli è stata addirittura negata questa possibilità, non essendo entrato nemmeno per un secondo. Stessa sorte subita nella sfida successiva, quella maldestramente persa con Memphis. Nel mezzo, la certezza che non userà l’opzione di rinnovo del contratto per il prossimo anno. Prevedibile, quasi come un suo ritorno in Europa, anche dopo Torino.
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