John Starks – the Ninja

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Droga, alcool, furti, carcere e duro lavoro: sono tante le storie dei nostri beniamini caratterizzate da uno (se non di più) di questi eventi. Molte sono le storie che portano un lieto fine, altrettante quelle che purtroppo non lo prevedono: sicuramente il protagonista di questa storia entra di prepotenza in questo lungo elenco di giocatori che in un modo o nell’altro possono dire: “io ce l’ho fatta”.

John starks

John Levell Starks nasce il 10 agosto 1965 a Tulsa, Oklahoma, in uno dei più malfamati ghetti della città. Come per la maggior parte dei suoi coetanei è costretto a crescere senza una figura paterna al suo fianco e con una madre tropo giovane che non riesce ad occuparsi da sola di lui. Quella santa di sua nonna conosce quanto possono essere pericolosi i quartieri americani negli anni 70/80 e decide di mandare il nipotino alla Central High School, trampolino di lancio nella speranza di ottenere una borsa di studio che gli permette di frequentare il college. Ecco, diciamo che non avrà molta fortuna una volta terminato il liceo: è costretto a cambiare quattro college in quattro anni, senza mai riuscire a farsi notare per le sue qualità sul campo da gioco. Forse la parola costretto non è propiamente adeguata: il primo anno viene espulso in seguito all’accusa di furto, nel secondo trascorre 5 giorni in carcere prima ancora che la stagione abbia inizio e nel terzo, dulcis in fundo, viene beccato fumare cannabis con il suo compagno di stanza.

Starks OklahomaChiunque avrebbe mollato. Chiunque. Onestamente datemi una singola motivazione per la quale sarebbe dovuto tornare al college. Bene: diciamo che la cara nonnina sopra citata non la pensava come tutti noi e non si sarebbe data pace fino a quando il nipote non avesse preso questa beata laurea in economia. Il quarto anno, quello da senior, è però l’anno di svolta per la vita di Starks: “studia” a Oklahoma State University e chiude la stagione a 15.4 punti, 4.7 rimbalzi e 4.6 assist di media in 32 minuti sul parquet.

28 giugno 1988 NBA draft: alla voce undrafted compare il nome di John Levell Starks.

Fortunatamente per lui, quanto per noi, entra in gioco il destino: firma un contratto da free agent nel 1990 con i New York Knicks per la pre stagione, ma tutti sanno che la dirigenza non lo rifirmerà per il campionato. Al primo allenamento prova a schiacciare in testa alla star di quella squadra, tale Patrick Ewing (e già questo dovrebbe dirvi qualcosa su che personaggio era Starks), che non si fa sorprendere e spedisce il pallone al mittente, che cadendo si sbriciola il crociato. Gli dei del basket hanno, nuovamente, messo lo zampino in questa storia: all’epoca le squadre non potevano tagliare i giocatori infortunati sotto contratto e una volta guarito era troppo tardi per poterlo fare.

John Starks2

Per un motivo a noi tuttora sconosciuto viene confermato dalla dirigenza e gioca tutte e 82 le partite di stagione regolare: 13.9 punti di media a partita uscendo dalla panchina e qualificazione ai playoff conquistata. Siamo però nel periodo del dominio assoluto sia sua maestà Jordan e la corse per il titolo si ferma al secondo turno.  L’arrivo di un sergente come Pat Riley è l’ennesimo evento che segna la carriera del nostro: Starks è una testa calda, cresciuto nei quartieri più poveri e con già molti precedenti sulla fedina penale: dopo pochi mesi cominciano i primi scazzi, ma i  miglioramenti di un giocatore tanto talentuoso quanto poco tecnico sono immediati: acquisisce un QI cestistico ed una visione di gioco non del tutto indifferenti, aprendo il campo e servendo i compagni con la statistica degli assist in crescita stagione dopo stagione. Inoltre, essendo una guardia, è inaccettabile tirare con il 29% da tre punti: gli allenamenti extra e le sessioni di tiro con uno specialista come Rolando Blackman portano i loro frutti fino a farlo diventare pericoloso anche dall’arco. Resta il fatto che però a Starks piace giocare come faceva da adolescente, con i suoi amici: palla in mano e via fino al ferro.

Nel 1994 i Knicks riescono ad arrivare fino alle Finals: è una squadra costruita per vincere, che vede a roster giocatori del calibro di Patrick Ewing, Derek Harper e Charles Oakley. Si arriva a gara 7 contro gli Houston Rockets dopo una serie avvincente, con i due big men che trascinano le rispettive squadre e nella partita decisiva Starks, dopo aver gestito male alcuni possessi sul finale di gara 3 e gara 6, sembra esserci entrato con il piglio giusto.. salvo poi chiudere con la peggiore prestazione della sua carriera tirando 2/18 dal campo. Da quel giorno in poi, tutti quei tifosi che lo avevano venerato a New York, tutti quei tifosi che si riconoscevano in lui per la forza di volontà che aveva questo ragazzo scomparvero: cominciò ad essere preso dalla malefica critica newyorkese. Nessuno lo supportava più… eccezione fatta per Spike Lee che dirà più tardi:

Ho amato e amo tantissimo John perché era autentico, coraggioso, una guida, dava il 200% ed era pazzo.. questo era John Starks sul campo

La stagione termina con l’impressione che questi Knicks potevano farcela, con il rammarico di non averci creduto fino in fondo. In estate Pat Riley lascia la grande mela per andare a trovare fortuna nella più calda Miami, sponda Heat, e la squadra comincia piano piano a disgregarsi.

StarksPossiamo dire che sostanzialmente la carriera di Starks finisce qui. Okay, non fraintendetemi: se andiamo a guardare insieme le statistiche mi direte il contrario, considerando il fatto che nella stagione 1996-1997 vincerà addirittura il premio di “Sixth Man of the Year”, ma chi lo ha seguito da vicino, a partire dallo staff tecnico e passando per i compagni di squadra, conferma questa teoria. John Starks era un giocatore che quando doveva vincere una partita lo facevo entrandoti nella testa, prima dell’inizio del match, con un trash talking cattivo. In secondo luogo era un difensore maestoso, incaricato sempre di marcare l’attaccante più pericoloso della squadra avversaria (sono storici i duelli con Reggie Miller e Michael Jordan, solamente che con il secondo sono amici, mentre con il primo.. no, direi di no..)

Dopo otto stagioni in maglia blu-arancio viene inserito come contropartita nella trade che porta Latrell Sprewell a New York: a 33 anni compiuti Starks ha perso lo smalto che caratterizzava il suo gioco e negli ultimi quattro anni cambia tre diverse squadra (Warriors, Bulls e Jazz).

Non sempre tutte le storie hanno un lieto fino e non sempre le divinità, quelle che noi appassionati di pallacanestro tanto adoriamo, ascoltano le nostre preghiere. Resta il fatto che John Starks è l’esempio eclatante che nella vita si può sbagliare, sbagliare e sbagliare ancora, ma con la forza di volontà si può essere padroni del proprio destino

Giovanni Aiello

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