Kevin Love torna a parlare della depressione: “Se non fosse per un paio di amici forse oggi non sarei qui a raccontarlo”

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Due anni fa, Kevin Love aveva scoperchiato un vaso di pandora: uno dei primi atleti professionisti a parlare apertamente di salute mentale e depressione, malattia della quale ha sofferto in passato e che ancora oggi, nonostante in minor misura, lo tormenta. Dopo che fu il lungo di Cleveland a raccontare la propria esperienza, molti altri seguirono nei mesi successivi.

Ora Love, come la prima volta, è tornato a parlare di depressione su The Players’ Tribune, aggiornando anche sul proprio stato di salute e raccontando altre esperienze precedenti all’attacco di panico del 2018.

Essere depressi è estenuante. È una delle più cruente ironie sulla salute mentale. Quando sei in un posto oscuro, tutti coloro che ti sono intorno – tutti i tuoi amici e familiari – vogliono solo vederti tornare a fare quello che ami, essere felice, essere “il vecchio te”. A volte sembra che il mondo ti guardi e dica qualcosa come: “Dai, amico, la supererai. Non pensarci, vai avanti”. Ma quello che le persone all’esterno non sempre capiscono è che ci vogliono tutta la tua forza e la tua forza di volontà semplicemente per esistere. Soltanto per continuare a vivere. Combattere contro la depressione, contro l’ansia, contro un disturbo della salute mentale… È tutto incredibilmente estenuante.

Più avanti nel suo articolo, Love parla di un periodo molto negativo da questo punto di vista vissuto quando ancora giocava ai Timberwolves, parecchi anni fa:

Arrivai ad un punto, quell’anno, in cui ero semplicemente paralizzato dalla depressione. E ovviamente, non voglio mica mostrare le mie debolezze agli altri, giusto? Stavo rinchiuso nel mio appartamento, nessuno poteva vedermi soffrire. Le uniche volte che uscivo di casa era per andare ad allenarmi, perché era l’unico posto in cui sentivo di stare aggiungendo un qualche valore al mondo. Con chi mi stava vicino facevo una faccia impavida. Ma queste finzioni sono difficili da portare avanti. Il futuro iniziò a sembrare senza scopo. E quando arrivi al punto di perdere la speranza, lì è quando l’unica cosa che riesci a pensare è: “Come posso far andare via questo dolore?”. Non penso ci sia molto altro da dire.

Se non fosse stato per un paio dei miei amici più stretti, non so se sarei qui oggi a raccontare questa storia. Il 99.9% delle persone nella mia vita probabilmente non sanno quanto male sono stato. Ma per quanto sia difficile per loro sentirlo, sento di dover confessare queste cose per le persone che potrebbero essere in una situazione simile alla mia, in questo momento.

Infine il consiglio a tutti coloro che stanno soffrendo di problemi simili a questi:

Tutto quello che posso dirvi è questo: parlate con qualcuno. Rimarrete estasiati da quanto sia liberatorio parlarne con qualcuno, dir loro la verità riguardo quello che state passando. E ascoltate, non sto provando a vendervi una versione da fiaba della salute mentale. Mi ci sono voluti anni e anni – diamine, genuinamente mi ci sono voluti 29 anni per realizzare quello di cui avevo bisogno. Avevo bisogno di medicine. Avevo bisogno di terapia. Mi servono ancora quelle cose anche adesso, e probabilmente sarà sempre così. Ci sono ancora giorni in cui apro i social media o vedo una notizie, e la mia ansia viene sollecitata. Ma a volte viene scatenata da qualcosa che non è davvero nulla di importante. Una semplice negatività è abbastanza per iniziare una spirale di generalizzazione errata. Oh, il mio caffè faceva cag**e stamattina? Anche io faccio cag**e. Sono un essere umano orribile. Ci sono giorni in cui non voglio nemmeno alzarmi dal letto. Questa è la verità. E questo è il motivo per cui ho scritto tutto questo.

Francesco Manzi

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