Tornano a parlare della free-agency due stelle indiscusse come Kyle Lowry e Chris Bosh; nonostante le numerose pretendenti, alla fine sia l’uno che l’altro hanno deciso di rimanere presso i propri team, riadattando i propri ingaggi.
Kyle Lowry, passato da talento inespresso negli Houston Rockets a giocatore chiave nei Toronto Raptors, era uno dei pezzi più pregiati del mercato dell’estate 2014. Vi erano molte squadre interessate al numero 7 dei Raptors, considerato uno dei giocatori più intensi e competitivi della lega – Miami Heat su tutti. Ciononostante, a spuntarla è stata di nuovo Masai Ujiri, che in pochissimo tempo ha reso la franchigia più snobbata dell’NBA ad una delle destinazioni più gradite: l’ottima stagione ad Est e il supporto mostrato dai tifosi all’Air Canada Center hanno consacrato il lavoro fuori dal campo di uno dei dirigenti più brillanti del panorama NBA. Con un quadriennale da 48 milioni di dollari, Ujiri è riuscito a strappare il proprio giocatore a tutte le franchigie concorrenti, che potevano vantare una tradizione vincente ancora sconosciuta in Canada, rendendo Lowry l‘icona della squadra, assieme all’amico DeRozan.
Ieri il nativo di Philadelphia ha spiegato come sono andate le trattative con la società canadese:
<< I Raptors non sono sempre stati i favoriti [nella trattativa, ndr.], ma Masai voleva fortemente il mio ritorno in Canada, e questo ha reso tutto molto più facile. Ho affrontato la trattativa come un business e i Raptors hanno fatto lo stesso: alla fine, una volta ricevuta l’offerta di Toronto, non ho aspettato le altre squadre. Ho voluto prendere la mia decisione da solo. >>
A risultare decisivo nella scelta di Lowry, oltre all’idea di continuità che offriva la permanenza a Toronto, è stato l’influsso dell’amico-compagno di squadra di cui sopra; DeMar DeRozan:
<< [DeRozan, ndr.] mi ha semplicemente ascoltato come un amico, come un confidente. Era lì per me e non mi ha spinto in alcuna direzione [né verso la permanenza, né verso la partenza, ndr.]. Mi sono trovato davanti un ragazzo a cui non importava altro che la mia felicità… è chiaro che uno voglia restare vicino ad un ragazzo del genere. Ora abbiamo l’opportunità di chiamare i Raptors la “nostra” squadra. >>
Riguardo la prossima stagione, l’ormai “face of the fanchise” spiega che l’asticella per i Raptors si è alzata, e che gli obiettivi sono sempre più ambiziosi:
<< Nella scorsa stagione siamo migliorati molto. [I playoffs, ndr.] hanno aiutato tutti nel nostro team: avremo molta più esperienza e saremo molto più maturi. I giocatori – me incluso – sono migliorati tantissimo durante la serie di playoffs [contro Brooklyn, ndr.]. >>
Anche l’altro free-agent di lusso, Chris Bosh, è tornato a parlare della sua decisione di restare a Miami, ammettendo che la sua permanenza presso la corte di Spoelstra è stata a lungo in dubbio:
<< Sono stato molto vicino [a partire, ndr.]. Non voglio mentire: ci sono stato molto vicino. Si è trattato di una situazione ben strana, perché abbiamo aspettato a lungo e non sapevo cosa sarebbe successo. Credo di essere stato sempre in una situazione dubbia, anche quando non prendevo in considerazione l’idea di lasciare, perché c’erano alcuni team fortemente interessati a me. Quando LeBron ha preso la sua decisione è stato il momento della verità: tutto sarebbe potuto succedere in quelle ore. Però io stavo semplicemente aspettando e non sapevo cosa sarebbe accaduto con Miami. >>
Alla fine Chris Bosh è rimasto, e si dice orgoglioso e felice della sua scelta. Certamente, a causa della partenza di LeBron, i Miami Heat hanno cambiato faccia – e non poco. Il nuovo roster, molto meno competitivo di quello degli anni passati, in cui pesa chiaramente molto l’assenza del King, ha portato ad un ridimensionamento della ambizioni societarie. Anche il numero uno degli Heat ne è consapevole e spiega così quelli che potrebbero essere considerati gli obiettivi della squadra della Florida:
<< Penso che abbiamo una squadra davvero buona; se guardiamo i ragazzi che hanno firmato, abbiamo la possibilità di fare davvero bene. So che non abbiamo i migliori giocatori del mondo, è ovvio, ma credo che se riuscissimo a trovare il giusto feeling – come squadra – potremmo fare cose speciali. Saremo ancora competitivi. Devo dire che questa nuova situazione ha rivitalizzato il mio atteggiamento nei confronti del gioco del basket: sono davvero entusiasta e non vedo l’ora di cominciare. >>
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