Il fattore Boston Garden e la maggiore esperienza dei giocatori in maglia bianco-verde era un deciso punto a favore per i Celtics, che infatti non persero tempo e accumularono un ingente vantaggio alla fine del primo quarto: ben diciotto punti sul punteggio di 18-36. I Suns, doppiati nel punteggio e in difficoltà, danno l’impressione di poter crollare. Durante il secondo quarto Boston incrementa leggermente il vantaggio, ma alla fine i Suns accorciano le distanze di un paio di punti. Dopo l’intervallo i ragazzi dell’Arizona, come se in loro avesse iniziato a soffiare lo spirito dei grandi eroi greci, schiacciano Boston. E lo fanno battendola nella sua stessa peculiarità, ovvero la difesa. Appena 34 punti concessi dai Suns ai Celtics negli ultimi due quarti. Il punteggio, verso la fine dei tempi regolamentari(con uno 0/2 per parte rispettivamente da Curtis Perriy e Havlicek), è di 95-95(ed è anche quello con cui si apriranno le danze ai supplementari). E qui abbiamo la prima controversia: Paul Silas, a tempo quasi scaduto, chiede un time-out all’arbitro Richie Powers, nonostante Boston li avesse esauriti. Secondo le regole del tempo Powers avrebbe dovuto chiamare tecnico e assegnare un tiro libero ai Suns: ma l’arbitro sembra non notare la richiesta di Silas(tenete a mente questo particolare, tornerà utile in seguito). Sul campo la tensione comincia a farsi sentire e i giocatori, soprattutto in una NBA meno “signorina” come era quella del tempo, cominciano a farsi sentire i gomiti l’un l’altro. Stanchezza e problemi di falli cominciano a farsi sentire, nulla da fare: 6-6 durante il primo overtime, “double overtime” sul 101-101.
Altra controversia: con appena tre secondi rimasti sul cronometro durante questo primo overtime il cronometro non partì prima che Havlicek avesse finito di palleggiare e fintare il tiro.
Inizia il secondo overtime e qui il sentiero verso la leggenda inizia a farsi più chiaro. A partire dall’ingresso in campo di un giocatore, Glenn McDonald, ai margini della rotazione di Boston(tenete a mente anche il suo nome). Il ragazzo, per la cronaca, segnerà due punti durante questo secondo supplementare.
I Suns, un po’ a corto di benzina, vengono guidati dall’ex di turno: lo strepitoso, è il caso di dirlo, Paul Westphal. Il match continua così, emozionante e combattuto, segnato da un epos degno della miglior poesia epica. Si arriva ai venti secondi finali di questo secondo supplementare. Boston è avanti 109-106- al tempo non vi era ancora il tiro da tre- e Phoenix deve fare l’impossibile per recuperare. Dick Van Ardsale accorcia le distanze. I Celtics rimettono e affidano la palla alle sapienti mani di John Havlicek ma ecco spuntare il nostro Ettore, Paul Westphal, a rubare palla per poi involarsi a canestro rischiando però di uscire fuori dal campo. Il nostro riesce comunque a salvare la palla all’ultimo passandola a Van Ardsale che a suo volta la girerà a Curtis Perry per un tiro sbagliato dall’angolo sinistro. Attenzione! Rispunta il mai domo Westphal che, non riuscendo ad agguantare il pallone, lo scaglia in tep-out verso Perry. Il buon Curtis, un Menelao de noantri, stavolta non sbaglia. Suns davanti 109-110. Solo sei secondi sul cronometro, Golia sembra sul punto di cadere, ma Havlicek- ancora una volta lui, come il grande Achille- non ci sta e con un canestro in traffico riporta i Celtics sopra di un punto(111-110). Il tempo sembra scaduto. Il Garden esplode in tremendo pandemonio…si è conclusa questa guerra? No. Rick Barry, al tempo analista per la CBS, fa notare che il pallone è entrato quando vi erano ancora due secondi sul cronometro. Gli arbitri concordano, i tifosi bianco-verdi meno. Qualcuno prova ad imporsi, ma alla fine si riprende il gioco. Succede l’impensabile: ricordate il tentativo di chiamare il time-out da parte di Silas non visto dai direttori di gara? Bene. Quella testa fine di Westphal tenta il tutto per tutto e, nonostante Phoenix non avesse più time-out, decide di chiamarne uno.
Libero per Boston realizzato da Jo jo White, ma- un grosso ed enorme ma- secondo le regole del tempo, i Suns aveva diritto a rimettere da centrocampo dopo il libero degli avversari. Quindi, 112-110 Celtics. La mezzanotte è ancora lontana per i tifosi dell’Arizona. Infatti non finisce qui. Schema eseguito alla perfezion, passaggio di Perry per Gar Heard che con un turn-around jumper dall’angolo alto dell’area realizza il tiro allo scadere che manda tutti al terzo over time. Chi segue da casa e sugli spalti rischia l’infarto. Gli occhi sono pieni di meraviglia. La sindrome di Stendhal colpisce i più sensibili. Stiamo a vedere come finirà.
Ricordate il ragazzone di cui vi ho parlato prima? Ebbene, Glenn McDonald segna ben sei punti durante il terzo supplementare. Risultando decisivo per Boston che prova a prendere il largo: l’inaspettato, in certi casi, risulta sempre decisivo. Onore a te, Glenn.
Gli animi si scaldano ancora di più. Qualcuno prova a buttarla sulla bagarre. Boston, però, resiste e a due minuti dalla fine si trova sopra 128-122. Chi può salvare Phoenix? Ovviamente Paul Westphal che rimette i riga i suoi in difesa e segna i successivi quattro punti per i Suns.
A questo punto, a pochi secondi dalla fine, Paul è sicuro che ci sarà una rimessa lunga sul lato destro. Proprio verso Havlicek. Il ragazzo ci prova ad intercettare la palla, la tocca pure. Il passaggio risulta però più potente di quanto si aspettasse ed arriva, anche se leggermente deviato, a destinazione. Westphal cade con onore, come fanno i più grandi guerrieri. Verrà ricordato. Ormai è nella leggenda. Boston vince la più bella partita della storia NBA. Vincerà anche Gara-6 e il titolo. Il miglior marcatore sarà Jo Jo White con 33, Havlicek e Westphal- i due grandi contendenti- chiuderanno rispettivamente con 22 e 25.
Momenti storici? Quale meglio di questo per cominciare? Grazie a tutti dell’attenzione.
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