Negli ultimi giorni in NBA si è parlato molto del caso Kyrie Irving. L’ennesimo caso Kyrie Irving. Il giocatore dei Brooklyn Nets ha condiviso sul proprio profilo Twitter, che conta 4.6 milioni di followers, “Hebrews to Negroes: Wake Up Black America”. Già dal titolo si può capire come si tratti di un “documentario” dai tratti complottisti, che al suo interno contiene delle parti anti-semite, come quando affianca agli ebrei il satanismo. L’indignazione si è levata quasi subito in NBA, la Lega ha commentato il tutto con un comunicato in cui, comunque, il nome di Irving non è mai stato fatto. Mentre Joe Tsai ha condannato il tweet di Kyrie pubblicamente, sempre su Twitter.
La difesa, confusa e contraddittoria, di Kyrie
Dopo l’ultima gara contro Indiana, l’ennesima sconfitta di questo inizio di stagione che vede i Nets sull’1-5, a Irving è stato chiesto in conferenza stampa di rendere conto del suo tweet. In quel momento, il link del “documentario”, disponibile su Amazon Prime, era ancora presente sul profilo del giocatore. Nel momento in cui scriviamo è stato, fortunatamente, rimosso, anche se probabilmente per evitare ulteriori polemiche più che per una reale comprensione dell’errore da parte del protagonista di questa vicenda. Davanti ai giornalisti infatti Irving ha difeso la sua “libertà di postare quello che vuole”, ponendosi con una certa arroganza e contraddicendosi di continuo. Potete leggere qui le sue parole. Solo per fare un esempio, Kyrie in un primo momento sostiene di avere un grande impatto sulla vita dei suoi followers, salvo poi un minuto dopo dire che i giornalisti si inventano che lui abbia un’influenza sulla sua community.
Non che sia una novità che Kyrie, negli ultimi mesi travestitosi quasi da santone anche sui social, dove rende omaggio (legittimamente) ai suoi antenati africani come fosse un antico saggio, abbia opinioni stravaganti. Tutti ricordiamo bene quando sostenne che la Terra fosse piatta. Insomma, Irving è parecchio sensibile ai complotti e percepisce il mondo come una perenne finzione in cui “i potenti” controllano la vita delle persone normali. Il che è probabilmente vero, ma sicuramente non come lo intende lui. Questo si evince anche dal fatto che, sempre nella stessa conferenza stampa, Irving critichi l’istruzione americana, ma non su fatti concreti. Il giocatore sostiene infatti di aver passato 7 anni della sua vita a “farsi fare il lavaggio del cervello”.
Nota a margine, solo per dare un po’ di colore. Nelle scorse ore Irving ha ricevuto il sostegno a distanzia, via Instagram, di Kanye West. Il rapper, che ora si fa chiamare semplicemente Ye, è stato travolto proprio in queste settimane da uno scandalo per delle dichiarazioni anti-semite che paragonavano l’aborto all’olocausto, dicendo che il primo è nettamente più terribile perché ha fatto più vittime.
I precedenti
Non di Irving, quelli li abbiamo già citati brevemente, anche se potremmo probabilmente aggiungerne. Intendiamo qui i precedenti in NBA per casi di questo tipo. Ce ne viene in mente uno in particolare, perché si parlava sempre di ebrei. Meyers Leonard, ormai ex giocatore dei Miami Heat, quasi due anni fa fu “cancellato” dal mondo NBA perché, in preda alla rabbia durante una sessione di gaming su Twitch, pronunciò un insulto anti-semita. Leonard di scusò, ma non ci fu nulla da fare: da allora è rimasto free agent.
Di sicuro non ci si aspetta qualcosa di simile con Irving, anzi. È notizia di poco fa che i Nets non sospenderanno il giocatore nemmeno per una partita. Fa ancora più riflettere, dal momento che Brooklyn nei mesi scorsi non ha mai esitato a bacchettare Irving per le sue posizioni sul Covid e i relativi vaccini. Eppure in questo caso non farà nulla. Un trattamento diametralmente opposto rispetto a quello riservato dalla NBA a Leonard, che con Kyrie condivide la professione ma di sicuro non l’impatto sulla Lega e sulla sua squadra. In una NBA che si fa sempre paladina dei diritti e della lotta a ogni forma di discriminazione, fa storcere il naso che venga scritto un comunicato chiaramente diretto ad Irving senza tuttavia mai pronunciare il suo nome. Quasi come se fosse una difesa della stessa organizzazione, un “guardate che noi non siamo cattivi”, piuttosto che una condanna di quanto promosso dal giocatore.
La NBA dovrebbe sospendere Kyrie Irving
Kyrie Irving meriterebbe una sospensione. Se non altro per un senso di coerenza che alla NBA, in questi casi, sembra spesso mancare. Leonard per un errore simile, forse addirittura commesso con meno malafede viste quali sono state poi le spiegazioni di Irving, ha subito una punizione ben peggiore di qualche partita di squalifica. Adam Silver dovrebbe dare un segnale sia alla Lega stessa, che al giocatore in questione. Non importa quale sia il tuo nome, il tuo ruolo in squadra, il tuo stipendio. La lotta alle discriminazioni e alle fake news, di cui Irving va ghiotto, deve essere una costante.
Lo sappiamo, non succederà. Ormai il “ferro” non è nemmeno più così caldo. Ma sa tanto di una grande occasione persa.
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